Alitalia – Etihad: la storia infinita

di Sonia Polimeni – Sembra non arrivare mai la chiusura definitiva dell’accordo tra Alitalia ed Etihad.  Nodo della questione, gli esuberi, Alitalia-Etihadi 2251 esuberi. La prima giornata di trattative è terminata con una smentita di Aeroporti di Roma, che ha negato le ipotesi di ricollocamento portate avanti dall’amministratore delegato di Alitalia, Gabriele del Torchio. «Nessuna opzione simile è stata mai presa in considerazione», ha dichiarato la società che gestisce gli scali romani e che fa capo alla famiglia Benetton, socia, tra l’altro, dell’ex compagnia di bandiera. No secco anche per Poste o Adr. Resta in piedi la possibilità, sposata dal ministro dei trasporti Maurizio Lupi, «di riportare in Italia la manutenzione attualmente fatta in Israele – dice – impiegando 200-250 dipendenti». «Nessuno scelga il baratro» ha dichiarato il ministro. E’ dunque assolutamente necessario giungere ad una conclusione della trattativa, che sta andando avanti ad oltranza e soprattutto prima di venerdì, giorno in cui l’amministratore delegato di Etihad, James Hogan, sbarcherà in Italia. Il nuovo progetto industriale trasformerà la compagnia italiana in una compagnia da 3 a 5 stelle, come ha annunciato Del Torchio. Saranno 660, i milioni che verranno investiti dal 2015 per tre anni, in aereomobili e per far crescere la qualità del vettore, e ci saranno nuovi voli da Fiumicino, Malpensa e Venezia. Dunque per far si che si celebri una volta per tutte il “matrimonio” tra le due compagnie, si dovrà risolvere assolutamente il problema dei 2251 esuberi. Una cifra importante, su cui è indispensabile trovare un accordo con i sindacati perché, «non c’è alternativa credibile al piano della compagnia del Golfo», come i rappresentanti di piloti e assistenti di volo, hanno scritto in una lettera indirizzata a James Hogan. Una missiva, in cui hanno dichiarato la loro disponibilità «a sottoscrivere immediatamente un blocco di tre anni di tutte le dinamiche contrattuali, impegnandosi alla pace sociale e rinunciando ad azioni di rivendicazione».

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