Nuova tragedia in mare: 20 morti e 200 dispersi

00:45 – Il primo bilancio dato dall’ufficiale della Guardia costiera di Tripoli, Abdellatif Mohammed Ibrahim, sul naufragio avvenuto davanti al litorale di al-Qarbouli, a 50 km (30 miglia) a est della capitale Tripoli, è di venti cadaveri recuperati, in maggioranza somali ed eritrei. Tra i corpi ritrovati ci sono anche quello di un bambino con indosso un giubbotto salvagente e quello di un neonato di 18 mesi. L’affondamento del barcone è avvenuto ieri sera ma solo in queste ore si sta delineando la portata della disgrazia. A bordo c’erano circa 250 immigrati dai paesi dell’Africa sub sahariana. Le tracce si sono perse quasi subito al largo di Tripoli. Fino ad ora sono solo 16 le persone che sono state salvate mentre oltre 200 risulterebbero ancora disperse. Barcone immigrati clandestiniNel frattempo, nel Canale di Sicilia, sono stati 1.373 in totale gli immigrati recuperati nelle ultime ore dalla Marina militare, in diverse operazioni di soccorso portate a termine nel quadro dell’iniziativa “Mare nostrum”. Sono tutti a bordo della fregata “Fasan”, in attesa di essere sbarcati in un porto che dovrà essere indicato dal Ministero dell’Interno. Nel giro di 24 ore a Pozzallo sono sbarcate 200 persone di prevalente nazionalità siriana e 355 immigrati, fra cui 65 donne e 107 minori. La macchina organizzativa è già al lavoro per l’accoglienza dei nuovi arrivati e in queste ore molti immigrati arrivati ieri stanno per essere trasferiti da Pozzallo in altri centri di accoglienza. Intanto la nave militare “Fenice” ha salvato altri 512 immigrati nel Canale di Sicilia e ha poi raggiunto la nave “Fasan” per il trasferimento dei tratti in salvo. Secondo don Mussie Zerai, sacerdote di origine eritrea che presiede in Italia l’agenzia Habeshia, sarebbero 2.000 gli immigrati che dall’inizio dell’anno potrebbero essere scomparsi in mare, 250 delle quali su un barcone di cui non si hanno più notizie da due mesi. Don Mussie Zerai raccoglie e diffonde segnalazioni sulla sorte di migliaia di profughi e immigrati finiti nella rete dei trafficanti di esseri umani. Il suo calcolo si basa proprio sulle segnalazioni che vengono fatte da parte di compagni di viaggio e di familiari di immigrati che hanno preso il mare e non si trovano più, nè nei centri di accoglienza in Italia o in Tunisia, nè in quelli di detenzione in Libia.

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About the Author: Katia Germanò