Dipendenza da videogiochi: in Francia 15enne uccide sorella; in USA bambino spara alla nonna.

Un piccolo paese non lontano da Strasburgo è stato sconvolto da una vicenda che pone l’attenzione sulla pervasività dei videogiochi negli adolescenti, infatti un 15enne francese ha confessato di aver ucciso la sorella di 11 anni e gravemente ferito il fratello di 8, che gli erano stati affidati dai genitori per la serata di martedì. Gli inquirenti affermano di avere “a tratti dubbi sulla sua sanità mentale” ed evocano in particolare una “dipendenza da videogiochi” che avrebbe potuto degenerare in patologia.

A dare l’allarme era stata una vicina, da cui l’adolescente era andato a bussare a torso nudo e coperto di sangue, raccontandole che un vagabondo era entrato in casa e aveva aggredito lui e i fratelli. Giunti sul posto, i soccorsi hanno trovato il corpo della sorella in una pozza di sangue, uccisa con diversi colpi di arma da taglio, invece il fratellino gravemente ferito ma ancora in vita. Il piccolo è stato così subito trasportato in elicottero all’ospedale di Strasburgo, dove resta ricoverato in condizioni disperate. Il racconto del 15enne, che secondo fonti vicine all’inchiesta “faceva affermazioni incoerenti e inverosimili”, è subito sembrato sospetto alla polizia, che lo ha messo in stato di fermo già nella tarda serata di martedì e dopo quasi due giorni di dichiarazioni confuse, il ragazzo ha confessato e verrà sottoposto a una perizia psichiatrica.

 Un caso analogo di dipendenza da videogiochi è accaduto negli Stati Uniti dove un bambino di otto anni ha ucciso la nonna 90enne in Louisiana dopo aver utilizzato sulla Playstation un videogame violento. Inizialmente il ragazzino aveva parlato di un incidente, di un colpo partito accidentalmente mentre giocava con l’arma, ma gli investigatori hanno invece appurato che il bambino ha sparato deliberatamente alla nonna che stava guardando la tv.

Avendo meno di 10 anni, il ragazzino non è comunque punibile, ma chi dovrebbe davvero pagare allora per queste atrocità? Si dovrebbe imputare forse la colpa ai genitori poco attenti che non hanno il tempo di seguire abbastanza i loro figli, parcheggiandoli dinnanzi alle consolle di videogiochi inadatti alla loro età oppure alle case produttrici di questi software che stanno snaturando il senso del gioco inteso come divertimento e svago?

Il videogioco  sta diventando infatti sempre più una realtà virtuale parallella ‘più reale del reale’, una sorta di ‘iperrealtà’, come viene definita da diversi sociologi, all’interno della quale i giovani si rifugiano, vivendo ed agendo anche nel mondo reale proprio secondo le regole vigenti in quello virtuale che spesso appare loro come un prolungamento del primo, senza dunque percepire alcuna vera discriminante tra i due mondi.

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About the Author: Giulio Borbotti