Clinicamente morta da alla luce un bambino

incubatrice-carpediemIl bambino è nato e sta bene. Una frase in questo caso doppiamente felice, uno perchè il bambino sta bene e due perchè è come se la madre, attraverso il figlio, continuasse a vivere. Si perchè il bambino è nato da una donna clinicamente morta. Un caso straordinario, anche se ci sono dei precedenti, accaduto in un ospedale di Milano. La donna, 36enne, era stata colpita da un’emorragia cerebrale fulminante. Ricoverata in codice rosso erano stati inutili i tentativi di rianimazione, ma all’accertamento della morte cerebrale si era presentato subito un altro problema molto più “delicato”. La donna era incinta alla ventitreesima settimana. Impossibile il parto cesareo, le possibilità di sopravvivenza di un feto così poco formato erano quasi nulle e nessuna macchina incubatrice sarebbe riuscita a portare a termine la gravidanza. Così, sulle insistenze da parte dei parenti della donna, che hanno fortemente voluto che si andasse avanti, i sanitari dell’ospedale si sono attrezzati per riuscire nell’impresa. La donna è stata tenuta in vita artificialmente nel reparto di Terapia intensiva, attaccata alle macchine e sottoposta a ventilazione, mentre altre equipe del reparto di Ginecologia hanno tenuto idratato e alimentato il feto per nove settimane, grazie a una sonda inserita nell’intestino materno, come una specie di incubatrice umana. E adesso, con un parto cesareo, dopo il raggiungimento della trentaduesima settimana di gestazione – il limite minimo stabilito dai protocolli medici per evitare che il feto possa subire danni irreparabili – hanno fatto nascere un piccolo di 8 mesi dal peso di un chilogrammo, in buone condizioni di salute, al momento ricoverato in Neonatologia. Subito dopo l’intervento, i parenti della donna hanno dato il loro consenso al prelievo degli organi della madre a scopo di trapianto.

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About the Author: Katia Germanò