Il bonus di 80 euro non ha avuto alcuna influenza sul fronte dei consumi che non tornano a salire e, di conseguenza, bloccano inevitabilmente anche la crescita economica. In molti lo avevano predetto, anche e soprattutto a fronte dell’ottimismo dell’esecutivo, che ha sempre rivendicato l’opportunità della misura come presupposto per determinare un aumento della capacità di spesa delle famiglie italiane da connettere ad un aumento conseguenziale e concreto dei consumi. L’Istat, tuttavia, ci riporta con i piedi per terra e sottolinea come ad essere aumentata sia, invece, la propensione al risparmio. E questo, oltre a rappresentare un fattore di rallentamento, mette anche in evidenza la scarsa fiducia dei cittadini nei confronti degli annunci di misure e riforme da parte del Governo. Gli italiani, insomma, non si fidano e, sebbene il reddito disponibile dei nuclei familiari sia tornato a salire nell’ultimo trimestre del 2014, aumentando dell’1,8% rispetto al trimestre precedente e dell’1,4% su base annua, preferiscono risparmiare piuttosto che acquistare, in ragione della grave incertezza che ancora aleggia intorno al nostro futuro.
Nel terzo trimestre del 2014, infatti, la propensione al risparmio è risultata pari al 10,8%, segnando una aumento dell’1,6% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% su base annua. A ciò si aggiunga che, sempre l’Istituto Nazionale di Ricerca ha reso noto che, nel periodo considerato (luglio-settembre), è salita anche la pressione fiscale, registrando un aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al medesimo periodo del 2013, toccando quota 40,9%. Illusi, quindi, i cittadini italiani che, a fronte di una prima lievissima (quasi impercettibile) diminuzione delle tasse registra nei primi due trimestri e di talune misure governative, come lo stesso bonus di 80 euro, hanno dovuto fare i conti con un aumento del carico fiscale, servito probabilmente a “coprire” quanto fatto in precedenza. A fare le spese, oltre ai cittadini, sono anche le aziende, i cui profitti sono scesi ulteriormente (2,1% su base annua). La carrellata di dati negativi si chiude, infine, anche con l’aumento del rapporto deficit/pil (3,5%) sempre in rapporto allo stesso periodo del 2013 (+ 0,2%).