Riflessioni: tra “gender” ed emergenza educativa, io, giovane, voglio una famiglia vera

(riceviamo e pubblichiamo)

famigliaVenerdì 30 gennaio c’ero anche io tra le centinaia di persone che hanno affollato l’Auditorium don Orione per partecipare all’incontro sulla Teoria Gender organizzato da La Manif Pour Tous. Personalmente l’ho trovato interessantissimo e di altissimo livello. In più di due ore di convegno, i temi trattati, tutti ricadenti nell’orbita dell’argomento principale, sono stati tanti perché, come è stato spiegato dai due relatori, tante e diverse sono le ricadute che la diffusione dell’ideologia gender sta già avendo sulla nostra società.

Ultimamente sento spesso parlare in più accezioni di “diversità”, valore al cui rispetto ogni genitore intende educare i propri figli – anche io lo farei se fossi mamma – per “la ricchezza e la bellezza” che intrinsecamente in sé racchiude. Proprio queste due parole mi ricordano quel passaggio nella relazione del dottor Torri che, dal punto di vista scientifico, ha spiegato come la Teoria Gender si ponga invece come obiettivo quello di affermare un’uguaglianza che in natura non esiste perché non tiene in alcun modo conto del dato oggettivo, cioè il sesso biologico determinato sin dalla nascita. Ciò, con evidenti conseguenze non solo e semplicemente sulla vita sessuale della persona ma, ancora prima, sul processo di costruzione della sua identità.

Sinceramente sono del parere che i relatori siano stati chiarissimi nel far comprendere bene quale sia il contenuto di questa teoria e quali siano le problematiche serie e urgenti che essa comporta, sia dal punto di vista sociale che educativo che giuridico. Piuttosto, mi preme riportare all’attenzione un altro dato: se il contenuto di tale teoria è oggi noto, diffuso e propagandato non solo attraverso i mass media ma anche mediante strumenti di dubbia, o meglio, infondata rilevanza scientifica, è invece il concetto di omofobia che resta a tutt’oggi indefinito sia sul profilo medico-scientifico, sia sul profilo giuridico, come sottolineato dall’avv. Amato. È questo dunque l’interrogativo che resta ancora pericolosamente senza risposta: che cos’è l’omofobia? Qual è il presupposto sulla base del quale si vuole introdurre questo reato nel nostro ordinamento?  Per che cosa esattamente un cittadino italiano rischia di essere incriminato? Forse nel maldestro tentativo di imbavagliare un’opinione liberamente espressa?

E poi ancora si è parlato di utero in affitto, una pratica che sta progressivamente attentando alla sacralità della vita facendo della procreazione un vero mercimonio e svilendo la dignità, la libertà e la femminilità di molte giovani donne nei paesi in via di sviluppo e non solo…

Eravamo in tanti quella sera. Ho visto intorno a me gente di ogni tipo ed età: genitori preoccupati dall’emergenza educativa che la diffusione della Teoria Gender nelle scuole rappresenta e prevaricati nell’esercizio del loro diritto di educare i figli; insegnanti ed educatori che dovrebbero avvalersi di discutibili opuscoli quali strumenti per diffondere un’ideologia che probabilmente essi stessi non condividono; nonni spaventati all’idea che i loro nipotini alla scuola materna debbano imparare “giochi” che non si addicono all’età dell’innocenza; e poi i ragazzi, già alle prese con quelle criticità che di per sé l’adolescenza comporta. Alla fine abbiamo sentito il dovere di ringraziare con un applauso scrosciante e prolungato quanti si sono prodigati per l’organizzazione dell’incontro e i due relatori, senza alcuna recriminazione sul fatto che i tempi non abbiano consentito di trattenersi ancora per avviare un dibattito.

E poi c’ero io, una giovane adulta che ha nel cuore, come tanti suoi coetanei, il desiderio di metter su famiglia. Ma non semplicemente “un gruppo di persone in cui tutti si vogliono bene”. No. Perché questo succede già in altre situazioni e gruppi sociali: a scuola, in palestra, tra amici… Io voglio una famiglia vera, fatta di sangue, di legami forti, di una mamma e un papà che si riconoscono nei figli che nell’amore hanno procreato, di figli che, guardando indietro alle loro radici, possano soddisfare il loro bisogno innato di capire chi sono. Voglio una famiglia che abbia un passato ed un futuro. Per questo ero lì al convegno, per informarmi, per cercare di saperne di più di una teoria e dei suoi corollari che io avverto come pericolosi, perché voglio poter sostenere lo sguardo di un qualsiasi bimbo per strada che, nella sua ingenuità, potrebbe chiedere a me, che sono adulta: “Ma tu che cosa stai facendo per evitare che mi succeda tutto questo?”.

Qualcuno sarà pure tornato a casa dal convegno col desiderio irrealizzabile di vestire i panni di qualcun altro per compenetrarsi in chissà quale altrui esperienza. Io sono uscita da lì felice di essere chi sono e con una certezza ancor più consolidata: per me e per gli altri non voglio un mondo che insinui in ciascuno la convinzione, quasi da delirio di onnipotenza, di poter essere ciò che vuole ma un mondo che metta ognuno nelle condizioni di essere e di sviluppare quello che già per natura è.

 

Germana Nava

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