Siria, Assad è cauto: “si passi dalle parole ai fatti”

Kerry usaDinanzi alle parole inaspettate del segretario di Stato americano, kerry, il presidente siriano Bashar al-Assad non si è scomposto in modo eccessivo. Evidentemente è consapevole del fatto che deve valutare attentamente l’annunciato cambio di strategia degli Stati Uniti rispetto alla drammatica crisi che è scoppiata nel 2011 nel proprio Paese, provocando, in 4 anni di scontri sanguinosi, oltre 200.000 vittime, tra militari e civili. Nel giro di un giorno, pertanto, il Governo siriano da illegittimo diventa legittimato a negoziare anche con gli Stati Uniti.

assadAnzi, secondo una parte degli esperti di geopolitica, la strada dei negoziati avrebbe dovuto essere percorsa sin dall’inizio, anche perché in gioco non c’è soltanto il futuro della Siria, ma anche ben altri equilibri, la cui eventuale ed ulteriore compromissione rischierebbe di destabilizzare l’intera regione e di regalarla alle frange più estreme dell’integralismo islamico. Gli Stati Uniti, che evidentemente hanno preso coscienza di questa pericolosa eventualità, in passato erano probabilmente mossi dalla convinzione che le proteste in Siria si sarebbero concluse in breve tempo e che Assad sarebbe stato deposto. Il nuovo Governo, ovviamente filo-occidentale ed aperto, avrebbe fatto il resto. Le cose (s)fortunatamente non sono andate così e il leader siriano ha mantenuto la propria posizione, a differenza di quanto avvenuto il Libia.

gheddafiE proprio questo parallelismo potrebbe essere importante per cercare di capire il mutamento – per il momento, è bene ricordarlo ancora, soltanto annunciato – dell’amministrazione statunitense, che non poche polemiche è destinato a sollevare, anche rispetto a quella parte politica interna, non minoritaria, che ha sempre caldeggiato la soluzione dell’intervento armato in territorio siriano. La caduta di Gheddafi in Libia, su spinta delle democratiche potenze occidentali, non ha prodotto gli esiti sperati, avvantaggiato, invece, proprio quel fondamentalismo che sia il leader libico che il suo omologo siriano hanno sempre cercato di tenere a bada. In Libia la situazione è completamente sfuggita di mano, vi sono due Governi contrapposti che provano a dialogare e le milizie dell’Isis avanzano stringendo alleanza con altri gruppi estremisti, come Boko Haram.

Medio OrienteL’eventualità che, in caso di caduta di Assad, la stessa situazione si possa replicare anche alle porte di Israele non piace né a Tel Aviv (o Gerusalemme) né agli storici alleati americani. Non è un mistero che quelle stesse potenze democratiche di cui sopra hanno “aiutato” gli oppositori di Assad in questi ultimi anni, come non è un mistero che una parte di questi oppositori stia dialogano con lo Stato islamico, continuando a beneficiare di quegli aiuti finanziari e bellici. Gli Usa adesso, però, fanno dietrofront, almeno così sembra, ammettendo, seppur indirettamente, il totale fallimento della loro strategia degli ultimi anni. Per la guerra civile siriana, definita “una delle peggiori tragedie a cui assistiamo”, quindi, si potrebbe aprire una nuova fase perché – ha sottolineato Kerry – “tutto il mondo è determinato a cercare una soluzione politica”.

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About the Author: Luigi Iacopino