Emergenza tirocinanti della giustizia

UPG, una parola che può sembrare priva di significato ma che invece raggruppa tre parole importanti, tanto importanti che da dateci un voltoqueste ne deriva l’andamento economico e psicologico di parecchie famiglie italiane coinvolte, famiglie di tirocinanti da anni impegnati e sfruttati negli uffici giudiziari italiani. Unione Precari Giustizia, sono queste le tre parole e di fatto la seconda è un aggettivo che abbiamo voluto fortemente adottare vista la triste realtà lavorativa che stiamo purtroppo vivendo e portando avanti ormai da anni. Siamo infatti “precari” solo per il lavoro che svolgiamo a nero nelle cancellerie dei tribunali ma a quanto pare non per la Costituzione Italiana in quanto oggi esserlo giuridicamente è un privilegio di pochi. Se queste realtà poi si vivono all’interno di uffici come quelli giudiziari allora la cosa prende pieghe ancora più complesse e preoccupanti. Siamo un gruppo coalizzato in tutta la nazione e siamo collegati tra noi con un organigramma preciso e partecipanti ad ogni tipo di iniziativa che riteniamo opportuna alla nostra vertenza. La nostra esperienza lavorativa negli uffici giudiziari ha inizio per la maggior parte nel 2012 in Calabria (a Roma già dal 2010) quando la Regione tramite manifestazione d’interesse ci ha fatto svolgere un tirocinio formativo di 6 mesi negli uffici giudiziari usufruendo di fondi europei. Con la legge di stabilità 2012 (L.228/2012) poi siamo stati richiamati negli uffici per 230 ore con un altro tirocinio per il solo 2013 chiamato “Completamento” ma stavolta la titolarità spettava al Ministero della Giustizia direttamente. Con il “tirocinio di completamento” dunque siamo passati di fatto da Regione a Ministero cominciando un percorso nuovo e per tutti noi importante. La legge di stabilità del 2013 poi a conferma del nostro utile operato ci ha permesso nuovamente di rientrare per la terza volta negli uffici giudiziari con la relativa L. 147/2013 prevedendo un ulteriore tirocinio di formazione ma chiamato stavolta “Perfezionamento” con 460 ore, raddoppiando dunque sia le ore da svolgere che i fondi rispetto all’anno prima. Di quest’ultimo abbiamo completato subito le prime 230 ore e nel mese di dicembre 2014 altre 70 della seconda tranche che avremmo dovuto comunque svolgere entro il 31/12/14. Slittando poi magicamente la data di termine tirocinio dal 31/12/14 al 28/02/2015 abbiamo da poco svolto altre 50 ore. Ancora dunque ad oggi mancano all’appello ulteriori 110 ore da espletare ma come stabilito da decreto Milleproroghe poi convertito in legge e quindi avendo spostato ulteriormente la data di espletamento dal 28/02/2015 al 30/04/2015 dovremmo rientrare a breve poiché il tempo a disposizione potrebbe non rientrare con i termini utili. Chiaramente sarà dopo l’espletamento delle predette ore che si presenterà per noi l’angoscia totale poiché è proprio da quel momento che si avrà il nostro primo vero “blocco”. Serve pertanto una soluzione efficace per avere un futuro proseguo nel nostro decantato lavoro altrimenti onesti lavoratori rimarranno a casa. Il nostro apporto lavorativo in questi anni è stato più volte palesato da tutti i Presidenti delle varie corti d’Appello d’Italia fin anche dal Primo Presidente di Cassazione Giorgio Santacroce che hanno scritto e continuano a farlo ormai frequentemente al Ministero della Giustizia lettere di encomio chiedendo in maniera chiara di non disperdere le nostre professionalità acquisite poiché sono ormai un prezioso aiuto nelle cancellerie e tra l’altro non più spendibili in altre realtà lavorative. Ci serve aiuto affinché si riconosca in noi un giusto merito dato dal nostro zelo lavorativo e dai molteplici sacrifici fatti fino ad oggi per poter inseguire un dignitoso futuro. Chiediamo dunque, (una volta espletate le ore mancanti dalle 460 come da legge 147/13), contratti di qualsiasi tipo purché a partire dal 1 maggio che è la festa dei lavoratori si crei una luce nel cielo di noi tirocinanti facendo leva anche sull’art. 35 del Dl. gs. 165/01 come già sta succedendo per altre realtà. Devono darci a noi lavoratori “a nero” non solo una boccata di ossigeno economicamente parlando ma anche la possibilità di avvalerci dei diritti previdenziali che fin ora non ci sono mai stati riconosciuti (malattia, ferie, maternità ecc.).

VOGLIAMO UN VOLTO…

Esiste scarsa volontà del governo che pur conoscendo bene la nostra disperata situazione, la nostra serietà lavorativa, le croniche carenze di organico (ad oggi circa 10000 ed in continua crescita), le sanzioni Europee per le lungaggini dei processi e le nostre fedine penali, permette ancora uno scetticismo generale su una eventuale forma giuridica della nostra contrattualizzazione e pure non sarebbe il primo caso ne crediamo l’ultimo di possibili forme contrattuali di collaborazione ancora possibili. Aspettiamo quindi che il Ministero con una nota ci faccia rientrare negli uffici, come ormai da anni, a sostegno delle cancellerie. L’ansia oramai rappresenta per noi tirocinanti della giustizia l’unico reale sostentamento che ci fa andare avanti. Tutti i media, i principali network, organi di stampa e quant’altro ogni giorno denunciano problemi surreali negli uffici giudiziari d’Italia spaziando dagli oberanti carichi di lavoro alla mancanza cronica dei dipendenti che cresce in maniera smisurata. Cause che hanno lungaggini perenni e uffici sempre più vuoti fanno si che divaghi a macchia d’olio un allarme nazionale eppure ancora non si muove nulla. Il nostro è un contingente fatto di gente perbene e selezionata che quasi forzatamente è stato inserito nell’ingranaggio della giustizia pena l’esclusione dagli ammortizzatori sociali e proprio per tappare carenze di personale. Siamo stati indottrinati e formati con cura ed attenzione nei quasi 5 anni della nostra permanenza nelle cancellerie grazie ai dipendenti di ruolo sempre attenti ed esigenti. Il risultato ha da subito riscosso un ottimo prestigio quale validissimo supporto nelle cancellerie di tutta Italia. Adesso quasi vorrebbero lasciarci a casa buttando così via quasi 5 anni di formazione professionale. Ma noi i così chiamati dallo stesso Ministro Orlando, precari della Giustizia non vogliamo andare a casa e cancellare il lungo percorso formativo ma speriamo invece che sbocchi in un dignitoso lavoro. I sacrifici fatti dai colleghi come dal sottoscritto sono proprio tanti e sofferti a partire dalle spese che abbiamo sostenuto tra carburante e altro che ogni giorno in questi anni hanno soltanto gravato corposamente nei bilanci familiari e sono stati fatti e continueremo a farli pur di inseguire questo sogno chiamato “lavoro”. Parliamo poi del danno recatoci a livello occupazionale? In questi anni difatti avremmo potuto trovare un altro lavoro per portare il pane nelle nostre case e chissà che non avrebbe potuto essere il lavoro della nostra vecchiaia. Dove potremmo mai spendere ora la nostra acquisita professionalità se non negli uffici che c’è l’hanno insegnata o in altri similari? Pur essendo la maggior parte laureati, non vogliamo assolutamente penalizzare o superare nessuno, vorremmo semplicemente essere di supporto ai carissimi e preziosi colleghi dipendenti anche facendo le pulizie se questo potrebbe rappresentare per tutti una equa ed appagante diversificazione di ruolo purché però ci venissero riconosciuti i nostri sacrosanti diritti previdenziali e questo può avverarsi solo stipulandoci un qualsivoglia contratto. Sin dall’inizio, di fatto, siamo stati servili e riconoscenti con tutti accettando con grande tranquillità di fare i più disparati lavori che in quel preciso momento servivano a tutti fino a cose degne di ditte esterne se non addirittura da facchinaggio; lavori non facenti parte del nostro contratto ne tantomeno assicurati. Ora noi, non per sentirci ringraziati (sarebbe la prima volta), chiediamo una soluzione per avere un proseguo del nostro “guadagnato” lavoro altrimenti si rischia seriamente che persone oneste e bisognose nonché padri e madri di famiglia rimangono “ingiustamente” a casa. Chiediamo aiuto a tutti coloro possono darcene affinché si riconosca in noi un giusto merito già sicuramente confermato nel tempo anche dai sacrifici fatti fino ad oggi per un dignitoso futuro per noi ma ancora di più per i nostri figli. Aspettiamo speranzosi una apertura definitiva da parte del Governo che ci ridia quel sorriso ormai quasi da 5 anni scomparso poiché le incertezze lavorative e le rinunce sociali sono diventati nostri compagni quotidiani. Confidiamo in chi si impegna nei nostri confronti per aiutare i circa 2600 lavoratori sparsi in tutta Italia (700 dei quali solo in Calabria). Grazie dai “vostri” tirocinanti/precari della Giustizia e dalle loro rispettive famiglie, oltre 10000 persone calcolando i familiari, che in molti casi dipendono integralmente dallo stipendio a noi riservato dal Ministero della Giustizia e quindi 2300 (duemila trecento) euro annui! Vi auguriamo coscienziosamente un buon lavoro a tutti.

Per l’UPG Calabria – Coord. Nino Calabrese

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