La destra che non c’è…

Destra05\10\2015 – Non vince nessuno, perde la destra. Quella con la fiamma nel cuore e non solo nel simbolo: quella destra di tradizione, identità e cameratismo. L’esito dell’assemblea della Fondazione An lascia solo i cocci, i frammenti di una destra che da sei anni ormai non riesce a ritrovarsi e si divide in gruppi e fazioni, lontana copia di quella squadra chiamata Alleanza Nazionale. La mozione dei quarantenni si ferma a 222 delegati, la spunta invece Giorgia Meloni con gli uomini di Fratelli d’Italia, con l’aiuto determinante di Maurizio Gasparri, esponente di Forza Italia che comunque ha pensato bene di entrare nel merito di una decisione che poco rientra nelle logiche del suo partito. La Meloni e Fratelli d’Italia si terranno il simbolo ma, probabilmente, se ne faranno ben poco conservando il proprio orticello ma “bruciando” un campo più grande, seminato dalla speranza di rivedere tutti uniti sotto lo stesso nome i rappresentanti della destra italiana. Che futuro può avere, infatti, un partito monco, che disgrega e non aggrega. Un partito di destra al quale mancheranno pezzi di destra storica, da Alemanno a Italo bocchino, fino ai militanti calabresi (da sempre fieri e compatti), alla ricerca di un nuovo orizzonte destroide, allargato e aggregante. Non vi è oggi la torcia accesa nella fiamma di FDI, i dati restano eloquenti, le percentuali troppo basse per pensare ad un contenitore identitario che possa permettere alla destra “almirantiana” di tornare ad essere punto di riferimento per quei tre milioni di italiani che si riconoscevano sotto il simbolo di An. Il futuro oggi è più buio che mai, e le dichiarazioni post assemblea della corrente vincitrice, appaiono come una dichiarazione di guerra che, bene che vada, mette una pietra tombale sulla ricostruzione, almeno momentanea, di una vera destra sociale. L’estremo tentativo di rimettere insieme pezzi, uomini e sentimenti di un mondo che non c’è più è andato a farsi benedire: sul campo, come detto, restano vincitori (una vittoria di Pirro, permettetecelo) e sconfitti e con quest’ultimi non si intendono i sottoscrittori della mozione dei quarantenni ma tutti quei vecchi e giovani militanti desiderosi di riappropriarsi di una destra unita, impegnata a costruire un’alternativa valida al dilagante renzismo, pronta a discutere su tesi e progetti politici, ormai sempre più assenti dall’agenda quotidiana dei partiti. Sono vince tornate le correnti e, come scrive qualcuno, “i colonnelli”, residui del passato e di quelle vecchie logiche politiche che stanno allontanando sempre di più le nuove generazioni dal mondo dei movimenti e dei partiti, con all’ombra i grandi manovratori ai quali sta bene che non si ricompatti il fronte passionale e “infuocato” della vecchia An. Su scala regionale, poi, quanto avvenuto nello scorso weekend spezza ancor di più la speranza di vedere una rinascita del centrodestra, ormai allo sbando, senza guida e senza leader, incapace di fronteggiare l’immobilismo e l’incapacità amministrativa della Giunta Regionale a guida Oliverio che, nonostante stia collezionando solo errori, non trova un’opposizione adeguata nella destra calabrese. Forse perché questa non c’è più.

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