Autismo, ecco come si sviluppa la sindrome che muta il comportamento

Foto di Alexandra ❤️A life without animals is not worth living❤️ da Pixabay

Dimenticate le versioni romanzate o le “americanate”. L’autismo è qualcosa di molto diverso, o meglio, è diverso in massima parte rispetto a quello che i mezzi di informazione di massa, la televisione ed il cinema, ci vogliono fare vedere. Non esistono personaggi come Jack, il bambino autistico protagonista in “Touch”, che non parla ma che, con le sue doti prodigiose, è pronto a salvare il mondo. Né personaggi simpatici e commoventi come Dustin Hoffman, protagonista del film pluripremiato “Rain man”. L’attenzione verso questo genere di disturbo è aumentata a partire dagli anni Novanta e, certamente nei prossimi anni, sarà possibile capire se la capacità di giungere alla diagnosi più precocemente rispetto al passato e gli interventi abilitativi saranno stati in grado di modificare il grave out come invalidante. Sull’autismo, negli ultimi anni, è cresciuta la sensibilità delle istituzioni e dell’opinione pubblica, senza tuttavia, che sia stato raggiunto un grado di consapevolezza adeguato a favorire e promuovere lo sviluppo di un intervento sistematico ed ordinato a favore dei soggetti affetti da questo disturbo e dalle loro famiglie. Oggi, 2 aprile, si celebra il “Blu day”, la Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo istituita dalle Nazioni Unite nel 2007. Tante le iniziative per la giornata della consapevolazza sulla sindrome che, in Calabria, secondo dati recenti, conta circa 2000 casi. Per definizione l’autismo è “una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato, che fa il suo esordio, solitamente, nei primi tre anni di vita”. Le aree interessate prevalentemente da uno sviluppo alterato sono quelle relative alla comunicazione sociale, alla interazione sociale reciproca ed al gioco funzionale e simbolico. Dunque, i bambini con autismo hanno compromissioni qualitative del linguaggio anche molto gravi, fino ad una totale assenza dello stesso; manifestano incapacità o importanti difficoltà a sviluppare una reciprocità emotiva, sia con gli adulti sia con i coetanei, che si evidenzia attraverso comportamenti, atteggiamenti e modalità comunicative anche non verbali, non adeguate all’età, al contesto o allo sviluppo mentale raggiunto. Statisticamente, l’autismo non sembra presentare prevalenze geografiche o etniche, poiché è stato riscontrato in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza e di ogni ambiente sociale. Presenta invece una prevalenza di sesso: colpisce i maschi in misura tre o quattro volte superiore rispetto alle femmine. La forbice si fa ancora più ampia se si analizza la sindrome di Asperger, una delle forme dei disturbi dello spettro autistico. La complessità del disturbo autistico, la presenza di un quadro fenomenologico molto diversificato, non solo sul piano delle competenze funzionali e sociali (che fa ipotizzare la presenza di possibili sottotipi) rendono particolarmente complessa l’adozione di adeguate modalità d’intervento. Conseguenza comune è comunque la disabilità che ne deriva e che si manifesta durante tutto l’arco della vita, anche se con una gravità che muta da soggetto a soggetto. Ad oggi, sono sconosciute le cause dell’autismo. La natura del disturbo, coinvolgendo i complessi rapporti mente- cervello, non rende possibile il riferimento al modello adottato nelle discipline mediche. Certo è che si tratta di una patologia psichiatrica con alto tasso di ereditarietà. Sulle cause, la ricerca si è orientata ad indagare il ruolo dei fattori genetici, mentre una relativamente minore attenzione è data a fattori ambientali o all’interazione gene- ambiente.

Gabriella Lax

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