Aeroporto dello Stretto: se la società diventa regionale anche Reggio partecipi alla governance

Riceviamo e PUbblichiamo

La crisi dell’Aeroporto Tito Minniti sta provocando un imponente moto di opinione: molti reggini vedono nella preannunciata chiusura dello scalo una perdita irrimediabile di opportunità per una città già allo stremo a causa di una crisi economica lunghissima. In realtà, la gravità della situazione dello scalo è conclamata da tempo perché la Sogas, che gestiva i servizi a terra, è stata dichiarata fallita a fine ottobre 2016 e il Tribunale di Reggio Calabria ha concesso tre mesi di esercizio provvisorio dalla pubblicazione della sentenza (che stanno per scadere). Occorre considerare che il fallimento è in Italia una procedura molto rigida che impone la vendita dell’azienda; e durante la fase transitoria, i curatori non possono aggravarne il dissesto. Di conseguenza, l’esercizio provvisorio è stato possibile solo con la disponibilità della Provincia, che si è fatta carico di probabili perdite per ca. 700.000 euro. Ma non c’è alcuna certezza che possa ripetere il sacrificio alla sua imminente scadenza. Una situazione di emergenza assoluta che potrebbe essere tamponata a breve solo da un intervento estremo: la disponibilità della Regione o del Comune o di altro ente pubblico di finanziare ancora l’esercizio provvisorio. Oppure dovrebbero esprimersi favorevolmente i curatori fallimentari, assicurando che l’esercizio provvisorio non produce perdite. Ciò per evitare che si sospenda il servizio, con tutte le ripercussioni anche psicologiche che un evento del genere produrrebbe. Pur rimediando per qualche mese alla grave situazione, occorre però trovare una soluzione stabile che passa inevitabilmente per la ricerca di un gestore in grado di fare un piano industriale credibile. Si deve precisare che la burocrazia ha fatto inevitabilmente il suo corso: Enac, ente ministeriale che controlla gli aeroporti, pur avallando l’esercizio provvisorio, ha revocato la concessione alla Sogas e ha pubblicato altra gara di affidamento trentennale del servizio. Sulla gara, cui ha partecipato la Sacal di Lamezia Terme, con l’ambizione di diventare il gestore di tutti gli scali calabresi, pende un ricorso della società di gestione del Sant’Anna di Crotone. In sintesi, la società crotonese lamenta che i parametri scelti per la gara possano agevolare l’aggiudicazione da parte di un unico soggetto gestore per tutta la Calabria, avvantaggiando di fatto la Sacal. Il TAR si dovrà pronunciare. Se non annulla la gara, con ogni probabilità la gestione dello scalo reggino andrà alla Sacal. D’altra parte anche i sindacati spingono per la società a dimensione regionale.  L’altra alternativa sarebbe quella di creare una nuova società “reggina”. Si dovrebbe sperare che il TAR annulli la gara, trovare una decina di milioni di euro per finanziarla, fare un piano industriale adeguato e aggiudicarsi la nuova gara. Occorrerebbe poi una legge regionale o nazionale di cui neppure si parla. Questa ipotesi alternativa è dunque realmente remota, potremmo dire “scaduta”: troppo tardi.  Insomma si profila la società regionale. Lamezia e Reggio confluirebbero in un unico soggetto proponendosi l’obiettivo di coordinare investimenti e strategie e ambire a un indispensabile rango internazionale. Ciò potrebbe consentire il riassorbimento degli attuali lavoratori, oltre che nuova occupazione anche a Reggio. Da questo punto di vista (crescita, investimenti, occupazione) occorre osservare che l’attuale consiglio di amministrazione della Sacal è interamente a “trazione” Catanzaro. Se la società diventa regionale, occorre che anche Reggio abbia voce in capitolo, ad esempio nominando gli amministratori. Oppure negoziando i livelli occupazionali. Porteremmo nella nuova società ca. 500.000 passeggeri annui. Ma il Tito Minniti potrebbe attrarre l’intera area dello Stretto (con una migliore politica del trasporti) generando un bacino di utenza stimabile prudentemente in 1,5 milioni di utenti. Ogni milione di passeggeri genera, secondo parametri internazionali, ca. 750 addetti. Anche se Messina in questo momento vede la possibilità di sganciarsi da Reggio, e riprendere il vecchio progetto dell’aeroporto a Milazzo. Insomma, la situazione è fluida. L’unica cosa plausibile è che non si possono ipotizzare nuove versioni di vecchi carrozzoni della politica: le coperture di perdite con intervento pubblico, senza piani industriali credibili, non sono più possibili per vincoli europei e costituzionali. Occorre, più sagacemente, trovare soluzioni compatibili con lo scenario competitivo globale, che inizia anche da noi ad affacciarsi prepotentemente influenzando la vita dei cittadini, delle imprese e dei territori.

Prof. Antonio Del Pozzo – Ordinario di Economia Aziendale Università di Messina – Dottore commercialista

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