Prodotti “food” DOP e IGP: Italia al 1° posto per registrazioni. Solo una decina quelli che contano economicamente

L’Italia è il primo paese dell’Unione Europea per numero di prodotti agroalimentari riconosciuti a “Denominazione d’origine protetta” (DOP) e ad “Indicazione geografica protetta” (IGP) ai sensi del Regolamento UE n. 1151/2012 che sostituisce precedenti Regolamenti comunitari in materia di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. Nel 2003 l’Italia era preceduta, sia pure di una sola unità, dalla Francia; nel 2016 conta, rispetto alla stessa Francia, 52 registrazioni in più. Il ritmo medio di crescita delle nuove registrazioni italiane  è stato, fra il 2003 e il 2016, di circa 12 l’anno con il minimo nel 2006 (3) e il massimo nel 2010.Guardando distintamente alle due categorie di riconoscimento (DOP e IGP), il nostro Paese è largamente al primo posto per i prodotti DOP e al secondo posto, dopo la Francia, per i prodotti IGP. Fra il 2010 e il 2016, l’Italia ha registrato, in media, ogni anno 5 nuove DOP e 7 nuove IGP. I riconoscimenti DOP e IGP sono stati istituiti dall’Unione Europea, ma possono essere attribuiti anche a prodotti provenienti da Paesi extra UE. Oggi i prodotti di Paesi extra UE riconosciuti DOP e IGP sono 23, di cui 10 della Cina

2. Le registrazioni di DOP e IGP in Italia
Rispetto al 2003, nel 2016 i prodotti italiani che si fregiano dei marchi DOP e IGP sono più che raddoppiati (da 130 a 289). La categoria produttiva per la quale il nostro Paese ha ottenuto il maggior numero di riconoscimenti (tabella 5) è quella degli ortofrutticoli e dei cereali (110), seguita dai formaggi (51), dagli oli extravergini di oliva (45) e dalle preparazioni a base di carne (41). I prodotti DOP prevalgono numericamente sugli IGP; tuttavia questi ultimi, nel periodo 2005-2016 hanno registrato un incremento maggiore, con 73 nuovi riconoscimenti (+142%) rispetto ai nuovi 60 (+56%) dei DOP. La regione italiana nella quale ricade il maggior numero di zone di produzione di prodotti DOP e IGP è l’Emilia Romagna (44) seguita da Veneto (36) e Lombardia (34). Il maggior numero di zone  di produzione di DOP ricade in Lombardia (20), seguita da Emilia Romagna (19) e Veneto (18). Per zone di produzione di IGP, prevale l’Emilia Romagna (25), seguita da Veneto (18) e Toscana (15). I prodotti DOP e IGP la cui zona di produzione ricade in due o più regioni sono 30.

3. Produttori e trasformatori
Le aziende agricole italiane che producono DOP e IGP sono state, nel 2015, circa 75.500, in crescita rispetto all’anno precedente dopo una costante flessione dal 2010 (tabella 8). Rispetto al 2010, sono aumentate, soprattutto le aziende che producono carni fresche e ortaggi-cereali; sono diminuite le aziende che partecipano alla filiera dei formaggi e delle preparazioni a base di carne. La superficie agricola destinata a produzioni DOP e IGP, nel periodo 2005-2015, è stata in costante crescita, sia in valori assoluti, sia come quota percentuale della SAU nazionale (tabella 9) ), anche se tale quota percentuale rimane decisamente contenuta. Nel 2005 le coltivazioni per prodotti DOP/IGP coprivano poco più dello 0,8% della SAU complessiva; nel 2015 tale incidenza è salita a circa l’1,4% . Per quanto riguarda gli allevamenti destinati a produzioni DOP e IGP (tabella 10), dopo il 2010 sono diminuiti costantemente. Guardando i singoli settori produttivi, alla crescita costante degli allevamenti per produzione di carne fresca, fa riscontro l’andamento negativo degli allevamenti per la produzione di formaggi e preparazioni a base di carne. Gli allevamenti di bovini, bufalini, suini e ovini da cui provengono carne e latte destinati ad ottenere prodotti DOP e IGP sono circa il 21% del totale. Nel 2015 sono tornate a crescere le aziende che effettuano la trasformazione dei prodotti (tabella 11), dopo un precedente andamento altalenante. Anche in questo caso si registra una flessione significativa nella filiera dei formaggi, già a partire dal 2010, e un incremento rilevante nel settore degli ortofrutticoli
e cereali. Presenta andamento contrastato, in tutto il periodo, il settore dell’olio d’oliva che rimane in ogni caso, con quasi duemila aziende, il settore con il numero maggiore di operatori dediti alla trasformazione di DOP e IGP.

4. Il valore alla produzione
Il valore complessivo alla produzione dei DOP e IGP italiani è in costante crescita dal 2002. Tuttavia, guardando ai singoli comparti, si registra l’andamento contrastato dei prodotti a base di carne e la flessione, nel 2013 e 2014 dell’olio d’oliva. Stabile, negli ultimi due anni osservati, il valore della produzione di formaggi che è il comparto di maggior rilevanza in termini di valore della produzione Al valore complessivo alla produzione dei DOP/IGP contribuiscono prevalentemente dieci prodotti, che nel 2002 (quando i DOP e IGP erano 120) rappresentavano il 91%, e nel 2014 (quando i DOP e IGP erano 267) l’81%. Ciò significa che i 110 prodotti oltre i primi 10 rappresentavano nel 2002 appena il 10% del valore alla produzione (media per prodotto 0,09%), e che i 167 prodotti oltre i primi 10, nel 2014, rappresentavano il 19% del valore alla produzione (media per prodotto 0,11%).

5. Il valore delle esportazioni
Dal 2002 al 2014 il valore delle esportazioni italiane di prodotti DOP/IGP, è più che raddoppiato (+116%) rispetto al 2002. Si rilevano tuttavia, rispetto all’andamento generale, alcune flessioni, di breve o più lungo periodo, per i prodotti a base di carne e per gli oli di oliva che ricalcano l’andamento del valore della produzione. Nel complesso l’export di prodotti DOP e IGP rappresenta il 9,4% per cento del totale dell’export agroalimentare escluso il vino. Nei diversi settori produttivi le quote di prodotto destinato all’esportazione vedono al primo posto gli aceti balsamici (92% nel 2013 e 2014), seguiti dai formaggi (55% nel 2014, in lieve crescita rispetto al 2013) e dagli ortofrutticoli (46% nel 2014, in sensibile crescita rispetto agli anni precedenti). I prodotti a base di carne hanno segnato un decremento della quota di export nel 2013 rispetto al 2010, e una lieve ripresa nel 2014. Al valore complessivo delle esportazioni di prodotti DOP/IGP contribuiscono, come già rilevato per il valore alla produzione, soprattutto dieci prodotti (tabella 16). Nel caso delle esportazioni, la quota rappresentata da tale gruppo di prodotti è addirittura superiore, sia pure in lieve diminuzione: dal 95% del 2002, si è ridotta al 91% nel periodo 2010-2014. Nel 2010, rispetto al 2002, si rilevano, per alcuni prodotti, flessioni dei valori esportati anche molto significative (prosciutti di Parma e San Daniele, formaggio Gorgonzola), tali da non essere state ancora recuperate negli anni seguenti.

6. Conclusioni
I prodotti agroalimentari per i quali l’Italia ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione d’origine protetta (DOP) e della Indicazione geografica protetta (IGP) costituiscono una premessa molto importante per la valorizzazione del patrimonio agricolo e alimentare nazionale. Il primato di riconoscimenti raggiunto e consolidato dall’Italia rispetto agli altri Paesi dell’UE testimonia, non solo la ricchezza di tradizioni agricole e gastronomiche nazionali, ma anche l’eccellente lavoro delle istituzioni e dei produttori. Più attive nella valorizzazione dei prodotti DOP e IGP sono le regioni del Nord (soprattutto Emilia
Romagna, Veneto e Lombardia); fra le regioni del Centro, la Toscana; fra le regioni del Sud, la Sicilia. La dimensione del sistema produttivo (produzione primaria di coltivazioni e allevamenti, trasformazione) presenta, nel periodo 2005-2015, un andamento generalmente di crescita fino al 2010, seguito da una generale flessione con alcune tendenze contrastanti, pur a fronte
dell’acquisizione media annuale di nuovi riconoscimenti di prodotti DOP e IGP sostanzialmente costante nei periodi esaminati. Va tuttavia considerato che la gran parte dei riconoscimenti più recenti riguarda prodotti che coinvolgono quantitativi e valori limitati nonché, conseguentemente, un ridotto numero di operatori (produttori e trasformatori). L’evoluzione temporale (periodo 2002-2014) del valore complessivo alla produzione dei DOP e IGP presenta incrementi medi annuali generalmente decrescenti e, per alcune categorie di prodotti, anche temporanee flessioni. Nel 2014, i dieci prodotti con i valori alla produzione più elevati,
quasi tutti riconosciuti prima del 2000, hanno rappresentato l’81% del totale (5.160 milioni di euro su un totale di 6.368). Meritano evidenza due eccezioni: l’Aceto Balsamico di Modena IGP, al quarto posto della graduatoria dei valori alla produzione (292 milioni di euro nel 2014), riconosciuto nel 2009; e la Mela Alto Adige IGP, al decimo posto nella graduatoria (247 milioni di euro nel 2014), riconosciuta nel 2005. Il valore complessivo della esportazione dei DOP e IGP (tabelle da 13 a 15) evidenzia invece (periodo 2002-2014) incrementi medi annuali crescenti – in linea con la crescita dell’agroalimentare complessivo – pur determinati, come nel caso del valore alla produzione, soprattutto dai primi dieci prodotti maggiormente commercializzati all’estero, riconosciuti in gran parte prima del 2000. Il “peso” sull’export dei “top 10” è, in questo caso, superiore al 90%, con l’Aceto Balsamico di Modena IGP al terzo posto della graduatoria (493 milioni di euro nel 2014 col 92% di produzione esportata) e la Mela Alto Adige IGP al quinto posto (204 milioni di euro nel 2014). In prospettiva, si evidenzia…
1) la necessità di una valutazione sui processi di riconoscimento di DOP e IGP per prodotti disponibili in quantità limitate, commercializzati quasi esclusivamente a livello locale, per la promozione dei quali forse sarebbero sufficienti altre qualifiche di valorizzazione (come, ad esempio, quella di “prodotto tradizionale”). La diminuzione delle aziende produttrici di DOP e IGP può evidenziare o un processo di concentrazione produttiva e quindi di rafforzamento strutturale, anche in concomitanza di una situazione di maggiore competitività, oppure una progressiva riduzione dei vantaggi della certificazione di questo genere di prodotti per gli operatori della produzione primaria.
2) La necessità di consolidare, fra i riconoscimenti già acquisiti, quelli suscettibili, in ragione delle quantità prodotte, di una migliore possibilità di promozione e commercializzazione all’estero o sul mercato nazionale a livello non solo locale.

fonte  —  http://www.confagricoltura.it

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