Chi “gestisce” l’accattonaggio dei migranti a Reggio Calabria?

A Reggio Calabria, fuori da ogni supermarket, alla porta di quasi tutti i bar, in giro per le strade più affollate e ad ogni semaforo c’è un elemosinante. Ai giorni nostri si tratta di un migrante, un ragazzo che con un bicchiere di plastica in mano chiede qualche monetina per mangiare. Ma prima da chi erano occupati questi “posti di lavoro”? Che si tramandavano quasi di famiglia in famiglia?  La domanda ha una sua esauriente ed intuitiva risposta, basterebbe tornare indietro di qualche anno con la memoria e ricordare chi elemosinava magari in terra allattando un neonato o facendo lo slalom tra le macchine in fila con un passeggino. Perchè quelle persone hanno deciso di abbandonare la propria “fonte di reddito”? Non ne hanno più bisogno? Sono state scalzate da sprovveduti migranti africani? Niente di tutto ciò. In realtà è facilmente comprensibile che quei luoghi siano stati sub-appaltati ai “rais” locali dei migranti che a loro volta li gestiscono mandandovi questo o quel ragazzo a  chiedere l’elemosina. Il fenomeno è diffuso in molte altre città d’Italia, Catania ne è un esempio, oggi se ne scrive su La Repubblica. A chiedere l’elemosina sono sempre uomini, le donne vengono impiegate in altre “mansioni”. Unico dato incontrovertibile è che questo buonismo di accoglienza di facciata sta solo creando nuove sacche di sfruttati e sfruttabili. E’ facile anche immaginare presto che la fame e la necessità, di una comunità sempre più numerosa, li spingerà allo step successivo: dall’elemosina e prostituzione, agrediranno, sempre rigorosamente sotto “sub-appalto”, la gestione delle piccole piazze della droga come avviene già in molte altre città. Sarà quindi la sicurezza cittadina ad essere messa a serio rischio. Purtroppo spesso chi solleva queste problematiche è tacciato di insensibilità o più stupidamente di sommario razzismo, a mio modesto avvisto è più insensibile chi finge di accogliere ed in realtà riceve e smista sul territorio, con l’unico scopo di lavarsi la coscienza, sapendo ma fingendo di non sapere la “fine” a cui vanno incontro queste persone.

 

FmP

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