‘Ndrangheta: la geografia delle famiglie di Reggio Calabria e del reggino

La ‘Ndrangheta, come si evince dalla Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA nel secondo semestre del 2016,  continua a ” mantenere la fisionomia di un’organizzazione fortemente strutturata su base territoriale” .Essa appare articolata su più livelli, provvista di organismi di vertice e allo stesso tempo ramificata nella società calabrese e non solo, perché presente ed operante sul territorio di Reggio Calabria,  della provincia, sul territorio nazionale ed  all’ estero, caratterizzata da strutture distaccate a carattere intermedio, articolata in tre mandamenti e dotata di un organo collegiale di vertice denominato Provincia”. Le indagini confermano la significativa dinamicità della ‘Ndrangheta, “interessata non solo a proiettarsi nel territorio nazionale, ma capace di perseguire, anche fuori dai confini nazionali, obiettivi imprenditoriali di ampio respiro, cooptando qualificati professionisti in quella che può definirsi una gestione manageriale del malaffare”. Contestualmente al consolidamento nel sistema imprenditoriale e finanziario, perseguito anche grazie alla disponibilità di ingenti capitali da reimpiegare nei circuiti dell’economia legale, la ‘ndrangheta, come evidenziato da recenti inchieste, “ha mantenuto inalterata la capacità di interferire nelle pubbliche Amministrazioni, specie in ambito locale”. Secondo gli analisti della Dia le nuove generazioni criminali “hanno maturato capacità manageriali che, favorite dalla elevata scolarizzazione, stanno consentendo e consentiranno sempre più operazioni finanziarie ed economiche  complesse, anche in settori innovativi”. Si tratta di un’evoluzione delle tradizionali attività criminali in direzione di una imprenditoria mafiosa moderna, “caratterizzata da modalità operative agili e funzionali a penetrare la realtà socio-economica, anche attraverso sistemi corruttivi e collusivi”. Un fenomeno complesso, la ‘ndrangheta, strettamente correlato alla corruzione. In un recente, interessante, studio sono stati analizzati i fattori che caratterizzano la corruzione in Calabria: “La corruzione si compone di diversi aspetti, come la concussione, il favoritismo, etc., a cui si aggiungono le minacce e le intimidazioni indirizzate a politici, amministratori ed al personale della Pubblica Amministrazione che possono costituire un reato-spia della diffusione delle pratiche di alterazione e distorsione della spesa pubblica.” E, proprio nel corso del semestre in esame, sono state diverse le inchieste che hanno confermato quest’analisi. Emblematico il caso dell’operazione “Reghion”, diretta dalla DDA di Reggio Calabria, che ha fatto luce su come le pratiche corruttive abbiano inciso significativamente sui servizi essenziali per la collettività. L’inchiesta, oltre a descrivere le dinamiche criminali della provincia di Reggio Calabria, ha infatti dimostrato l’esistenza di un “comitato d’affari”, composto da dirigenti, funzionari pubblici e imprenditori, capace di gestire la “macchina amministrativa comunale” nell’interesse della ‘ndrangheta, che è riuscito ad orientare, aggirando ed eludendo la normativa antimafia, la concessione di appalti multimilionari, tra i quali il servizio di depurazione e di gestione delle risorse idriche. Tra le persone coinvolte, un dirigente dei Servizi tecnici del Comune di Reggio Calabria. Quella delle criticità connesse al funzionamento delle strutture tecnico-amministrative degli enti locali è una circostanza sottolineata, a più riprese, anche nel corso delle audizioni che la “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere” ha tenuto dalle quali emerge come “ la struttura burocratica” sia appunto uno dei gangli vitali a cui mirano le organizzazioni mafiose, la cui compromissione diventa la leva per infiltrarsi  nella Pubblica Amministrazione. In questo senso, sono state diverse le investigazioni concluse nel detto semestre che hanno fatto emergere la portata strategica che assumono le commesse pubbliche per la ‘Ndrangheta. Si pensi all’operazione “Reale 6” conclusa nell’agosto 2016 dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza con l’arresto di diversi esponenti delle cosche PESCE e STRANGIO le quali, grazie al sostegno elettorale promesso ad alcuni amministratori locali, avrebbero garantito alle imprese di riferimento delle cosche una corsia preferenziale per l’aggiudicazione degli appalti. O ancora le operazioni “Underground” e “Rent” del successivo mese di ottobre: la prima ha coinvolto imprenditori bergamaschi e calabresi che si erano adoperati per l’acquisizione illecita di subappalti di opere pubbliche, tra le quali la linea ferroviaria che collega i terminal 1 e 2 dell’aeroporto Malpensa; la seconda -correlata alla prima in ragione di una comunanza di indagati – ha coinvolto imprenditori contigui alle cosche COLUCCIO-AQUINO e PIROMALLI-BELLOCCO che si erano inseriti nei lavori per EXPO’ 2015. È della fine dell’anno, invece, l’indagine “Ecosistema”, che ha fatto luce su come imprenditori sostenuti dalla criminalità organizzata e supportati da funzionari e amministratori pubblici corrotti, avessero condizionato il regolare svolgimento di gare d’appalto in ben tre Comuni del melitese, nel delicato settore della raccolta dei rifiuti urbani. E ancora, sempre nel semestre, nuovi enti locali della Calabria sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose: si tratta del Consiglio Comunale di Tropea (D.P.R. 12.08.2016) e Nicotera (D.P.R. 24.11.2016) della Provincia di Vibo Valentia e Rizziconi (D.P.R. 28.10.2016) della Provincia di Reggio Calabria. Dunque un’organizzazione mafiosa versatile, opportunista, affarista, oggi proiettata all’accumulazione rapida della ricchezza con operatività diversificate, che, conscia di poter manovrare ingenti capitali ed influenzare le scelte amministrative ha molto attenuato, soprattutto fuori dai territori d’elezione, le tradizionali manifestazioni violente di potere per acquisire il predominio  del territorio. Qui di seguito la mappatura della criminalità organizzata presente sul territorio reggino e della provincia.

Reggio centro: A Reggio Calabria – si legge nella relazione della Dia – è confermata la primazia dei casati di ‘Ndrangheta storicamente egemoni, quali De Stefano, Condello, Libri e Tegano, così come emerso già nel passato con l’operazione “Meta”, che aveva fatto luce sull’esistenza di un direttorio mafioso, costituito dalle figure apicali di tali famiglie, sovraordinate alle altre”. Non una fusione tra cosche, ma un’azione sinergica posta in essere da famiglie per anni notoriamente contrapposte ed ora federate. Una sorta di pax mafiosa che segna un cambiamento di strategia utilizzata dalla ‘Ndrangheta,  che appare sempre più proiettata nella gestione imprenditoriale delle attività economiche-. “È nel solco di questa importante ricostruzione investigativa – annotano gli investigatori della Dia – che si colloca l’ inchiesta “Mamma Santissima”,  che pur confermando l’esistenza della “Santa”, prima struttura direttiva “segreta” della ‘ndrangheta, ha svelato una rete “riservatissima” di rapporti. “ Quando si parla di componente riservata, si parla semplicemente di soggetti non aventi estrazione propriamente criminale i cd “massoni o nobili”che, per il ruolo che rivestono, per l’apporto che danno, per il versante su cui operano devono essere mantenuti coperti. Sono quei soggetti che operano a livelli altissimi, che hanno rapporti con la politica e con i soggetti esponenziali delle amministrazioni locali.”Oltre ai clan menzionati si continua a registrare l’operato della ‘ndrina SERRAINO, attiva nel comune di Cardeto, nel quartiere San Sperato e nelle frazioni di Cataforio, Mosorrofa e Sala di Mosorrofa. Il gruppo CONDELLO, è  egemone invece su Villa San Giovanni (RC), insieme, ai GARONFALO (attivi su Campo Calabro) e alle famiglie ZITO-BERTUCA e BUDA-IMERTI (operanti a Villa San Giovanni e Fiumara di Muro). Altre consorterie di rilievo presenti nel territorio sono la cosca FICARA-LATELLA, che controlla la zona sud del capoluogo e della famiglia LO GIUDICE, che rimane attiva nel quartiere di Santa Caterina, notevolmente ridimensionata anche a seguito del pentimento dell’omonimo capo. I Rioni Modena e Ciccarello registrano la presenza dei gruppi ROSMINI e BORGHETTO-CARIDI-ZINDATO. Nella frazione cittadina di Trunca è attivo il gruppo degli ALAMPI, collegato ai LIBRI. Nel quartiere Pellaro viene segnalata la ‘ndrina FRANCO, mentre nei quartieri di Condera-Pietrastorta sono presenti i CRUCITTI e a Gebbione la ‘ndrina LABATE. Proseguendo, nella frazione Calanna si continua a registrare l’operatività della famiglia GRECO, interessata da un conflitto interno tra le fazioni GRECO e PRINCI. Nel Comune di Scilla risulta attiva la cosca NASONE-GAIETTI, a Villa San Giovanni la cosca ZITO-BERTUCA-IMERTI, mentre più a nord, a Bagnara Calabra, è operativo il due delle famiglie ALVARO-LAURENDI. Nel territorio di Condofuri, insiste l’articolazione territoriale denominata “locale di Gallicianò”. Il gruppo PAVIGLIANITI, opera invece a S. Lorenzo, Bagaladi e Condofuri, l ’area di Melito Porto Salvo, a est del capoluogo, ricade invece sotto l’influenza della famiglia IAMONTE, egemone nel melitese. Infine, nei comuni di Roghudi e Roccaforte del Greco risultano attive, rispettivamente, le storiche consorterie dei PANGALLO-MAESANO-FAVASULI e ZAVETTIERI, federate dopo gli anni della sanguinosa faida di Roghudi.

 Mandamento tirrenico: Il porto di Gioia Tauro continua ad affermarsi tra le rotte preferite dai trafficanti internazionali di stupefacenti, così come confermato dai numerosi sequestri di cocaina proveniente dal Sud America operati nel semestre preso in considerazione dalla Dia. Sul piano degli assetti criminali dell’area, a Gioia Tauro permane, in posizione di rilievo, la cosca Piromalli, che – unitamente ad altre storiche famiglie sarebbe parte integrante del vertice strategico della ‘Ndrangheta. In particolare, i Piromalli controllerebbero innanzitutto la “Piana”, coesistendo con i Molè, loro vecchi alleati. “Emblematico – sottolineano gli uomini della Dia – della capacità della cosca di proiettare anche oltre i confini regionali i propri interessi economici è stato il sequestro, eseguito dalla Polizia di Stato nel mese di novembre – tra le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia, Roma e Bologna – nei confronti di un imprenditore originario di Nicotera, ma espressione dei Piromalli, attivo nei settori turistico-alberghiero, immobiliare, edile e della ristorazione. Lo stesso aveva accumulato un patrimonio del valore stimato di 50 milioni di euro, creato anche grazie ai legami con i clan De Stefano di Reggio Calabria, Mancuso di Vibo Valentia e Coco di Milano”. Nel comprensorio di Rosarno e San Ferdinando, a gestire gli affari illeciti sarebbero sempre i clan Pesce e Bellocco. Nel comune di Palmi si segnalano le cosche GALLICO e PARRELLO-BRUZZESE. Nel comune di Seminara risultano attive le cosche SANTAITI, GIOFFRE’ (noti “Ndoli, Siberia e Geniazzi”) e CAIALAGANA’-GIOFFRE’ (noti “ngrisi”) Nel vicino territorio di Castellace di Oppido Mamertina opera, invece, la consorteria RUGOLO-MAMMOLITI. Nel territorio di Oppido Mamertina, oltre ai citati FERRARO-RACCOSTA, sono attivi i POLIMENI-MAZZAGATTI-BONARRIGO. ll comprensorio tra Sinopoli, Sant’Eufemia e Cosoleto, rimane sotto l’influenza della menzionata, storica famiglia degli ALVARO. A Taurianova il territorio è segnato dalla presenza degli Avignone e dei Fazzalari, mentre mentre a Cinquefrondi permangono i gruppi Petullà-Ierace-Auddino-Ladini e Foriglio-Tigani. A Cittanova si segnalano le storiche famiglie Albanese-Raso-Gullace e Facchineri. A Polistena sarebbe attiva la famiglia Longo-Versace mentre nel Comune di Laureana di Borrello, è presente una locale di ‘ndrangheta che annovera, tra l’altro, articolazioni nel Milanese delle famiglie Ferrentino-Chindamo e Lamari, colpite dalla cosiddetta operazione Lex. 

Mandamento jonico: Nel versante jonico è confermata la leadership delle “locali” di Platì, San Luca, Africo, Siderno e Marina di Gioiosa Ionica. Si legge nella relazione della Dia: “Scendendo ad un’ analisi di dettaglio delle aree a maggior concentrazione criminale, va innanzitutto rimarcata, a Platì, la forte presenza dei Barbaro-Trimboli-Marando e a San Luca dei Nirta-Strangio e Pelle-Vottari”. Ad Africo si registra la primazia della cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti che annovera significative propaggini in Lombardia, Campania, Abruzzo ed Emilia Romagna, mentre a Siderno è operativo il clan Commisso, contrapposto ai Costa. A Marina di Gioiosa Ionica viene segnalata l’operatività delle cosche Aquino-Coluccio e Mazzaferro, i cui interessi spaziano dal traffico di stupefacenti – esercitato attraverso significative saldature criminali tra il centro-nord dell’Italia e Paesi del nord Europa, del Sud America e dell’Australia – al controllo di importanti iniziative economiche. Nel comune di Monasterace ed in quelli limitrofi di Stilo, Riace, Stignano, Caulonia e Camini, opera la cosca Ruga-Matastasio-Leuzzi, alleata della ‘ndrina Gallace, attiva a Guardavalle (nel basso catanzarese ionico). Il Comune di Caulonia si caratterizza, invece, per l’operatività della cosca Vallellonga. Il comprensorio di Locri resta suddiviso tra le cosche dei Cordì e dei Cataldo. Nel comune di Sant’Ilario dello Jonio è attiva la famiglia BELCASTRO-ROMEO; nel comune di Careri sono operative le famiglie CUA-RIZIERO, IETTO e PIPICELLA, legate alle vicine e più potenti cosche di San Luca e Platì, mentre nel comune di Bruzzano Zeffirio è attiva la famiglia TALIA-RODA’. Nei comuni di Ardore, Antonimina, Canolo, Ciminà e Cirella di Platì sono presenti rispettivamente i VARACALLI, RASO, NESCI, FABIANO e ROMANO.

(le notizie sono tratte dalla relazione della DIA del secondo semestre 2016, visibile sul sito)

M.S.

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