Italia fanalino di coda dell’Ue su produttività lavoro

Istat: giù produttività Italia 2016, pesa ribasso lavoro

“In Italia la produttività intesa nel suo complesso, come misura della crescita del valore aggiunto dovuta al progresso tecnico e ai miglioramenti nella conoscenza e nell’efficienza, è diminuita dello 0,4 nel 2016%, dopo gli aumenti registrati sia nel periodo 2009-2014 sia nel 2015″. Lo rileva l’Istat nel report dedicato alla cosiddetta “Contabilità della crescita”. “Nel 2016 in Italia – dice l’Istituto – il valore aggiunto dell’intera economia ha registrato una crescita dello 0,9%,. Nel dettaglio, prosegue il report, la produttività del lavoro, calcolata come valore aggiunto per ora lavorata, è diminuita dell’1%, mentre è aumentata dell’1% quella del capitale, misurata come rapporto tra il valore aggiunto e l’input di capitale (fabbricati, attrezzature,macchinari anche informatici, incluso ciò che attiene alla ricerca e allo sviluppo). Complessivamente, nel periodo 1995-2016 la produttività del lavoro è aumentata ad un tasso medio annuo dello 0,3%. Tale incremento è la risultante di una crescita media dello 0,6% del valore aggiunto e dello 0,3% delle ore lavorate. La produttività totale dei fattori è diminuita dello 0,1% medio annuo”. L’Istat analizza l’andamento della produttività del lavoro nelle diverse fasi. “Tra il 2003-2009, epoca pre-crisi, la produttività del lavoro è diminuita in media dello 0,3% annuo, in conseguenza di una diminuzione del valore aggiunto associata a un incremento delle ore lavorate. Nel 2009-2014, fa invece notare l’Istituto, il valore aggiunto ha registrato una dinamica lievemente più negativa (-0,3% in media d’anno), accompagnata a un calo accentuato dell’input di lavoro (-1,3%), non dimenticando che si è tratta di una fase di contrazione dell’occupazione. Di conseguenza la produttività del lavoro è cresciuta in media dell’1% all’anno. Nel 2015 la produttività del lavoro è aumentata, seppure solo 0,1%. Nel 2016, invece, l’indice è di nuovo tornato a diminuire (-1,0%), per effetto di una crescita del valore aggiunto (+0,9%) inferiore a quella dell’input di lavoro (+1,9%)”. “Passando alla produttività del capitale, tra il 1995 e il 2016, ha registrato una “significativa” diminuzione: un calo medio annuo dello 0,8%. Nel 2015 e nel 2016 al contrario la produttività del capitale è cresciuta (+1,4% e +1,0%)”. In generale per l’Istat l’aumento del valore aggiunto registrato tra il 1995 e il 2016 è imputabile quasi esclusivamente all’accumulazione di capitale e in “minima parte” all’impiego del fattore lavoro. Il contributo della produttività totale dei fattori è stato invece lievemente negativo. A sua volta, il contributo del capitale è dovuto principalmente alla componente materiale non-Ict, mentre è stato lieve l’apporto della componente Ict e di quella immateriale non-Ict. “Negli ultimi due decenni, tra il 1995 e il 2016, la crescita media annua della produttività del lavoro in Italia (+0,3%) è risultata decisamente inferiore alla media Ue (1,6%)”, rileva ancora l’Istituto. “Invece, fa notare, tassi di crescita in linea con la media europea sono stati registrati dalla Germania (1,5%), dalla Francia (1,4%) e dal Regno Unito (1,5%). La Spagna ha registrato un tasso di crescita più basso (0,5%) rispetto alla media europea ma più alto di quello dell’Italia”. “Il divario dell’Italia rispetto alle altre economie europee – spiega l’Istat – è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto, il quale è cresciuto a ritmi meno sostenuti che negli altri paesi europei. La dinamica delle ore lavorate è stata invece più simile, presentando una crescita molto contenuta in Italia come in altre economie europee; solo in Spagna si è registrata una forte crescita delle ore di lavoro”. Il confronto con il resto dell’Ue è possibile, viene sottolineato, per la sola produttività del lavoro, sfruttando il database di Eurostat. “C’è anche da considerare, precisa l’Istat, che il “capo di osservazione” utilizzato dall’Italia non coincide perfettamente con quello degli altri Paesi. Tuttavia, segnala l’Istituto in una nota ad hoc, la differenza tra le stime riportate e quelle ottenute applicando lo stesso ‘range’ è assai ridotta: in termini dei tassi di crescita medi annui per i periodi commentati in questo report, non supera mai 0,1 punti”. Il dossier annuale dell’Istat, dedicato alle misurazione alla cosiddetta “Contabilità della crescita”, ha l’obiettivo di mettere in luce l’apporto che arriva dai diversi “fattori produttivi primari” (lavoro e capitale) e da una componente non spiegata da quegli stessi fattori, definita “produttività totale dei fattori”. “La produttività complessiva, precisa l’Istituto, misura gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori propulsivi della crescita, tra cui le innovazioni nel processo produttivo, i miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i miglioramenti nell’esperienza e nel livello di istruzione raggiunto dalla forza lavoro” .

 

fonte  —  http://www.confesercenti.it/

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