Del Pozzo: spiega la “Manovra “

Parliamo con il prof. Antonio Del Pozzo, reggino, ordinario di Economia Aziendale presso l’Università di Messina, della bocciatura della manovra finanziaria dell’Italia da parte della Commissione Europea.

Professore, per la prima volta la Commissione Europea boccia la manovra economica di una nazione. Questo governo ha fatto così male i suoi conti? Che succederà?

La manovra non è piaciuta né in Europa né alle agenzie di rating. Avremo tre mesi per modificarla, ma al momento non sembra ci sia alcuna intenzione di correggere il tiro, né da una parte né dall’altra, almeno nella sostanza.

Professore Del Pozzo Quali sono i cardini della manovra e cosa non piace ai mercati?

Le misure più importanti riguardano il c.d. reddito di cittadinanza, la pace fiscale, un inizio di flat tax per le partite Iva di piccola dimensione e la riforma della legge Fornero. Le misure più contestate sono due in ordine di importanza. Abbassare i limiti per andare in pensione alla quota 100 (62 anni di età + 38 di contributi) e il reddito di cittadinanza. La prima e la seconda per una questione di costi, la seconda anche perché incoraggerebbe l’assistenzialismo.

Ma le motivazioni della bocciatura sono più politiche o tecniche secondo lei, professore Del Pozzo?

Mi sembra prevalentemente politiche. Si vota tra poco per le Europee e ognuno dei commissari parla al suo elettorato. Le posizioni rigide contro l’Italia sono certamente gradite a buona parte dell’elettorato francese o tedesco. Poi c’è qualche motivazione tecnica sulla quale riflettere.

Il suo giudizio in sintesi su queste due misure …

Sul reddito di cittadinanza sicuramente positivo, anche se ci vorrà una gestione attenta e molto complessa anche in collaborazione con gli imprenditori e le università. Sulla quota 100 ritengo che andrebbe limitata nel tempo o riservata ai c.d. lavori usuranti, perché costa troppo estenderla a tutti con la crescita dell’età media della popolazione. Una cosa è lavorare a 65 anni dietro una scrivania, che è quasi piacevole, altra cosa è fare l’hostess o l’autista di Tir. Dobbiamo sapere distinguere.

È possibile che l’Italia sia costretta a uscire dall’euro? Che succederà?

In questi giorni, tante persone sono preoccupate dello scontro tra l’Europa e l’Italia. Alcuni pensano che addirittura l’Italia possa uscire dall’euro. Niente di tutto questo. L’euro non è un progetto reversibile da parte di un singolo stato, casomai andrebbe rottamato contemporaneamente da tutte le nazioni aderenti, fatto scomparire. Non è probabile. C’è invece da aspettarsi un irrigidimento da parte dell’Europa, e persino delle sanzioni. Spero che tutti questi scenari siano stati valutati attentamente. Certamente è come se siamo al centro di un attacco: siamo in mano alle banche e delle agenzie di rating. Questi problemi però vengono da lontano, e sono anche causati da banali desideri di speculazione. Aggiungo che tutti i mercati borsistici mondiali hanno perso mediamente negli ultimi mesi il 15%.

Quindi, va bene una manovra espansiva come quella che sembra profilarsi?

Da anni l’Italia ha assunto una gestione molto prudente del bilancio pubblico. Certo la corruzione c’è ancora e in questa direzione ci sono rilevanti margini di riduzione della spesa pubblica. Ma nella sostanza si risparmia su tutto, dalla scuola, all’università, alla sanità, ai trasporti, alle infrastrutture. Solo che questi risparmi hanno anche compromesso le capacità di crescita, e quindi paradossalmente l’effetto è stato di fare aumentare il debito pubblico. Oggi si vuole invertire la rotta. Se torna la crescita, il cambiamento sarà positivo. Certo gli investimenti che si faranno, compreso il reddito di cittadinanza, dovranno essere proficui, avere (come si dice tecnicamente) un moltiplicatore elevato, altrimenti non ci sarà la crescita e il debito peggiorerà.

Il Sud può approfittare di questo cambiamento?

Si, il Sud è spesso privo di infrastrutture, di un progetto. Beni culturali, ambientali, turistici, risorse locali, languono. Quando dico agli studenti che questi beni andrebbero valorizzati con la ricerca scientifica mi guardano increduli, e li capisco. Non hanno mai visto uno Stato che si preoccupa per loro, e per assurdo se percepiscono un cambiamento rimangono spiazzati, sembrano non avere la parola futuro nel loro vocabolario.

Professore, lei è anche un analista di bilanci. Qual è la voce di spesa sulla quale si dovrebbe agire secondo lei con incisività per cambiare la situazione?

Il bilancio italiano, malgrado le polemiche dello “zero virgola” (il deficit al 1,8% o al 2,4% del Pil), è sostanzialmente sano, perché con le imposte e le tasse si riescono a pagare le spese di funzionamento e gli investimenti. Quello che resta fuori è il carico degli interessi passivi, 65 miliardi ca. (conseguenza del debito contratto nel passato, prima dell’introduzione dell’euro), che rappresentano con l’attuale condizione dell’economia un fardello troppo pesante. Questi interessi vanno a favore di banche e fondi di investimento. I risparmiatori non vedono quasi nulla di questi interessi. Sarebbe opportuno allettare i risparmiatori italiani a sottoscrivere direttamente il debito pubblico, con tassi di interesse bassi, riducendo almeno della metà il costo degli interessi passivi. Oppure dovrà essere l’Europa ad aiutarci a ridurre il costo del debito. Ci salveremmo noi e si salverebbe l’Europa.

Quindi non è preoccupato per nulla dallo spread?

Foto di Mediamodifier da Pixabay

Diciamo subito che è triste constatare come economisti e opinionisti sostengano che lo spread sia un tasso di interesse. Non lo è, è un differenziale tra due tassi d’interesse. Laddove il tasso d’interesse è il rendimento che si otterrebbe comprando un Titolo di Stato, tenendolo sino alla scadenza (e reinvestendo le cedole) È chiaro che se i prezzi dei titoli scendono perché si diffonde il panico, il rendimento aumenta. Ma ciò non esclude, come dicevo, che lo Stato possa continuare a collocare i suoi titoli presso i risparmiatori a tassi di interesse contenuti. Altrimenti si rischia di diventare ostaggio delle banche anche straniere che vendono titoli per esigenze di tipo speculativo.

Alcuni dicono che l’aumento dello spread di questi giorni può avere effetti deleteri sulle banche …

Dall’inizio della crisi del 2008 ci sono banche italiane che hanno perso due/tre volte il loro capitale, certamente non per colpa dello spread di questi giorni. Vanno male perché l’economia va male. Al Sud Italia gli impieghi bancari sono crollati a causa delle sofferenze e le piccole imprese non riescono ad accedere al credito bancario. Bisogna fare ripartire la crescita, ma questo richiede interventi nella direzione dello sviluppo.

Quindi questa manovra, se si superano alcuni scogli, può fare ripartire la fiducia e l’economia? Insomma, professore Del Pozzo va bene la politica espansiva?

La fiducia la fanno gli stessi italiani. Tutta la borsa italiana capitalizza 500 miliardi, meno della metà della sola Apple, siamo da tempo in forte declino. I marchi delle aziende italiane vengono acquistati a prezzi di saldo. Dobbiamo ritornare in partita, non sarà facile. Penso che senza cambiamenti saremmo in ogni caso destinati alla desertificazione. Meglio giocarsi le carte, difendiamo l’Italia, non accettiamo supinamente il declino.

Fabrizio Pace

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About the Author: Fabrizio Pace

Fabrizio Pace è giornalista e direttore del quotidiano d’Approfondimento on line www.IlMetropolitano.it e dell’allegato magazine di tecnologia e scienza www.Youfuture.it.