Ascoli Piceno, la città amata follemente da André Gide

Nella Valle del Tronto sorge Ascoli, fondata dal ribelle popolo dei Piceni da cui ha preso anche il nome. Il mare Adriatico è a una trentina di chilometri e l’Abruzzo anche a meno. Si arriva dall’antica via romana della Salaria e le Marche, venendo dal basso, partono proprio da questa provincia. Giornata fredda in questa zona recentemente colpita dal terremoto, così come tutta l’area in mezzo a Umbria e Lazio;  percorrendo le strade provinciali interne, i segni si vedono eccome. I marchigiani, però, non sono certo tipi da abbattersi e si sono rimboccati le maniche, senza fare conto più di tanto sulle provvidenze dello stato centrale. Insomma, non come in Campania dopo il 1980 per intenderci. La città del travertino, la chiamano Ascoli, questo particolare tipo di roccia sedimentaria calcarea, con il quale è stato costruita gran parte del suo centro storico. Guido Piovene, senza tante forzature, la descrisse nel suo libro dedicato all’intera Penisola come “una tra le più belle piccole città d’Italia”. aveva ragione…

Il ponte di Cecco, è il più antico ponte della città, visto da una finestra del forte Malatesta.

A ZONZO PER LA CITTA’

La visita della città parte da Forte Malatesta, fino a trent’anni fa adibito a carcere, per poi giungere nella rinascimentale Piazza del Popolo che è considerata, non a torto, una delle più belle piazze d’Italia. André Gide, ad esempio, se ne era innamorato follemente. Ornata da vari porticati, la piazza è il vero salotto della città. Alla nostra sinistra ecco il Palazzo dei Capitani del Popolo, in pratica l’edificio più noto; con il suo bel stile rinascimentale e la torre merlata, rappresenta in modo iconico la città di Ascoli. Esso fu eretto fra il ‘200 e ‘300, ovvero nel periodo in cui il centro raggiunse il suo massimo sviluppo commerciale. In seguito divenne la sede dei Governatori Pontifici, perchè fino al 1860 qui vi regnò il Papa Re. Durante il ventennio mussoliniano, fu sede del Pnf e fu chiamato “Casa del Littorio”.

Alla sinistra del celebre palazzo, lo storico Caffè Meletti. In chiaro stile liberty, il locale fu inaugurato ad inizio ‘900 ed il colore rosa antico della sua facciata lo contraddistiungue fra tutti i palazzi storici presenti sulla piazza. Fra i suoi più illustri frequentatori, Guttuso, Hemingway, Sartre, Soldati, Pertini e Saragat. La piazza è chiusa poi dalla stupenda abside della chiesa di San Francesco. Questo splendido e antico luogo di culto, grande esempio stilistico di transizione dal romanico al gotico, nacque per ricordare la visita di san Francesco ad Ascoli, avvenuta nell’anno 1215 e del santo ne conserva il nome, pur essendo stata consacrata a san Giovanni Battista.

Doveroso, una volta raggiunta Piazza del Popolo, uno spuntino con le celeberrime olive ascolane

Ci portiamo quindi verso l’altro fulcro di Ascoli Piceno, ossia Piazza Arringo, con le sue grandi e artistiche fontane, sulle quali affacciano il Palazzo dell’Arengo, il Battistero di San Giovanni e il Duomo, la Cattedrale dedicata al patrono della città, Sant’Emidio. Al santo, è dedicata ogni anno in estate una grande festa, con il culmine che giunge ogni 5 agosto, quando si svolge la Giostra della Quintana, una sorta di palio cittadino dove si fronteggiano i vari rioni (Porta Maggiore, Porta Romana, Porta Tufilla, Piazzarola, Sant’Emidio e Porta Solestà). La cripta colonnata all’interno della Cattedrale è uno spettacolo da non perdere, essendo ben conservata e piena di mosaici.

Sul corso principale, noto la targa dell’Ascoli Calcio, la mitica squadra del presidente Costantino Rozzi e dello stadio qui vicino intitolato a Cino e Lillo Del Duca (famosi editori), con i suoi 34.110 spettatori di capienza, come sanciva, ineluttabile, l’almanacco Panini negli anni ’80, anni che qui furono ruggenti con quella squadra che teneva con tenacia la massima serie a dispetto delle grandi di ieri e di oggi. Il calcio di provincia ebbe qui uno dei suoi massimi attori, ma oggi la squadra del “Picchio” non se la passa bene.

A chiudere la nostra breve visita, una breve passeggiata nella Via delle stelle, dove il tempo sembra essersi fermato: non un suono, non un rumore, tutto silente e placido, con il fiume Tronto giù nella valle a scorrere sinuoso, prima di giungere dalle parti della marinaia San Benedetto, fiera “nemica” degli ascolani.

LE COLONNINE CHE SUONANO

Gli antichi ascolani erano soliti utilizzare le grosse chiavi pesanti di un tempo, ma un debole suono si avverte anche con le semplici mani.

“Questo travertino poroso suona al tocco, e scorrendo una chiave sopra il portale scolpito di San Francesco se ne trae una specie di arpeggio”. Così scriveva negli anni ’50 Guido Piovene in Viaggio in Italia. Siamo sempre nei pressi di Piazza del Popolo e questa è l’entrata principale della chiesa di san Francesco. In effetti, facilmente si notano i vari turisti soffermarsi per passarvi le mani, sopra la prima porzione in basso delle colonnine che incorniciano il portale principale. Queste colonnine sono scavate da una curiosa erosione che le fa assomigliare a delle colonne d’organo. Ciò è stato sicuramente provocato nel tempo dalle persone che volevano ascoltare i suoni prodotti dal percotimento delle colonnine. In pratica, così come accade a Milano quando si passa dalla Galleria Vittorio Emanuele e non ci si può esimere dal fare una passeggiatina sopra le parti “delicate” del toro, così in terra picena una bella suonata è d’obbligo e beneaugurante.

LE OLIVE ASCOLANE

Se capiti ad Ascoli non puoi fare a meno di assaggiare le vere olive ascolane, in pratica il piatto tradizionale più rappresentativo della gastronomia marchigiana. Sia in Piazza del Popolo che Arringo, vari sono i chioschetti pronti a servirteli al cartoccio, caldi caldi. E così, il nostro aperitivo in città si consuma all’insegna della tradizione e del buon gusto, perché da ricetta nobile, l’oliva ascolana è divenuto ormai uno stuzzicante piatto da street food. Imperativo categorico: diffidare dalle imitazioni, considerato che per le vere olive ascolane il segreto è l’oliva stessa, che deve necessariamente essere quella denominata oliva tenera ascolana, diffusa in questa zona sin dai tempi degli antichi romani. E’ detta anche “liva concia“, dal retrogusto leggermente amarognolo, tenera e croccante allo stesso tempo. Si fregia della Denominazione di Origine Protetta (DOP). Capo saldo della cucina picena, associate alle costolette di agnello fritte, cremini, carciofi e zucchine, forma il cosidetto “fritto all’ascolana“, ma va bene anche come antipasto. Le varianti di ripieno? Varie, dal pesce, al baccalà, tartufo e vegetariano. Insomma, le olive ascolane sono per tutti i gusti.

Antonio Virduci

fonte: http://ilviaggioinitalia.altervista.org/ascoli-piceno-la-citta-amata-follemente-da-andre-gide/

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