Caduta sul tombino scoperto: è sufficiente la disponibilità di fatto dell’area perché l’ente risponda dei danni

La proprietà del suolo non dev’essere provata dalla vittima. La responsabilità della pubblica amministrazione discende anche da altri titoli da cui deriva la possibilità di controllo

Il pedone caduto su un tombino scoperto dev’essere risarcito anche nel caso in cui non è proprietario del suolo su cui è accaduto l’evento. Tale principio deriva dal fatto che la responsabilità per cose in custodia può essere originata anche da titoli diversi dal diritto dominicale, anche di mero fatto, che tuttavia denotano l’effettiva disponibilità secondo il fondamentale articolo 2051 del codice civile. A ribadire tali concetti è stata la terza sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 7005/19, pubblicata il 12 marzo che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è degna di nota, in quanto chiarisce ulteriormente i limiti della responsabilità da “cose in custodia” come le strade aperte al pubblico transito. Nella fattispecie, è stato accolto il ricorso di una donna caduta a causa in conseguenza della caduta in un tombino della profondità di un metro lasciato privo di chiusino e pertanto scoperto, ubicato in una frazione di un comune della provincia di Cosenza. In primo grado il Tribunale di Cosenza aveva condannato il Consorzio industriale al risarcimento del danno. Decisione ribaltata dalla Corte d’appello a seguito dell’affermazione del difetto di legittimazione dell’ente. Per la Suprema Corte, ha errato il giudice di secondo grado a escludere la responsabilità da custodia accogliendo l’eccezione dell’ente che lamenta la carenza di legittimazione passiva. E ciò sul rilievo che il convenuto che contesta la titolarità passiva del rapporto esercita una mera difesa senza essere onerato di dimostrare quanto afferma. Stando alla danneggiata il consorzio Asi ha mostrato il semplice intento di trasferire i suoli alla Regione. Ma il verdetto favorevole al pedone non cambia anche a voler riconoscere valore probatorio ai documenti secondo i quali l’ente ha avviato in modo tempestivo le procedure amministrative previste dalla legge per trasferire all’ente territoriale le opere che ha realizzato. Al contrario, è di fondamentale importanza la circostanza che la qualità di proprietario non risulta necessaria né esaustiva ai fini della responsabilità da custodia, la quale può configurarsi in base anche alla disponibilità di fatto che però denota un sostanziale potere di controllo sulla cosa. Il rapporto di proprietà con quest’ultima, dunque, non costituisce elemento costitutivo della domanda di risarcimento né l’attore deve dimostrare il diritto dominicale del convenuto. (Foto di repertorio)

C.S. Giovanni d’Agata – Sportello dei diritti

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