Zaha Hadid. Le “Visioni” di un’opera lasciata a metà

La conferma che Zaha Hadid non possa essere considerata una “star dell’architettura”, nel senso “capriccioso” del termine, si può cogliere oggi a distanza di quasi quattro anni dalla sua prematura scomparsa (31 Marzo 2016). Le produzioni architettoniche di Zaha Hadid hanno assunto, infatti, la connotazione di vere e proprie opere d’arte, da visitare, contemplare e nelle quali “immergersi” per far proprie le sue “visioni” di fluttuanti forme, giochi di luce e incontri di materiali che si fondano come se fossero stati plasmati da qualcosa di “divino”, così da conferirle quell’universalità appartenente a pochi geni dell’arte e dell’architettura, rarissimi tra i contemporanei, unici tra quelli che hanno lasciato la loro opera a metà. Certamente di “visioni” Zaha ne ha generate tante, fin da piccolissima, stimolata dall’ambiente che la circondava, dai contesti sociali e culturali che hanno alimentato la sua esistenza e che l’hanno fatta diventare, velocemente, una delle massime esponenti dell’architettura contemporanea. Nata a Bagdad, Zaha è cresciuta in uno dei primi edifici ispirati al Bauhaus, negli anni in cui in Medio Oriente le avanguardie europee si ponevano in modo eccessivamente progressista. Inoltre essere donna, una donna irakena e musulmana, nell’Europa degli anni settanta/ottanta rendeva il tutto ancora più faticoso, un percorso in salita, tortuoso e disarticolato, come le forme che caratterizzano tutte le sue produzioni artistiche e architettoniche. Malgrado tutto l’autorevolezza del padre, ricco industriale e importante politico, le permette di condurre una vita cosmopolita che la porta a viaggiare, emanciparsi e quindi aprirsi e confrontarsi con culture diverse. Dopo aver frequentato le scuole più prestigiose si laurea in Matematica, presso l’American University di Beirut e, nel 1972, si trasferisce a Londra dove inizia gli studi presso l’Architectural Association di Bedford Square, scuola di tradizione anticonformista. In quegli anni entra in contatto con i più grandi esponenti nello scenario internazionale della progettazione architettonica (R. Koolhaas, S. Holl, L. Krier, E. Zenghelis e B.Tschumi), e con Koolhaas e Zenghelis inizia la sua carriera accademica e professionale, diventando socia dell’Office for Metropolitan Architecture (OMA) a Rotterdam. Il suo incontro con lo strutturista Peter Rice, in un momento di crisi e incertezza, rappresenta lo stimolo che la spinge a andare oltre i confini della conoscenza e oltrepassare limiti e barriere che da sempre affascinato l’uomo. Negli anni ottanta a Londra fonda il suo studio di progettazione Zaha Hadid Architects (ZHA) e si colloca sulla scena dell’architettura contemporanea come una delle maggiori personalità creative del mondo contemporaneo, nota per il suo stile eclettico e suggestivo. Zaha Hadid, ispirandosi al Movimento Moderno, in particolar modo alle opere degli architetti tedeschi Mies van der Rohe e Gropius, e alle forme espresse dal Costruttivismo Russo di di El Lissistsky e Kasimir Malevich, cerca di conferire dinamismo alle sue strutture, attraverso la fusione dell’architettura con le altre arti, liberandosi dal concetto di gravità e sperimentando nuove regole. In questa sua “visione”, la pittura, il disegno e la scultura giocano un ruolo importante nella ricerca delle forme concepite come geometrie sovrapposte in uno spazio senza confini materiali. A partire dai primi anni novanta, il suo linguaggio si affaccia alla corrente Decostruttivista che diventerà lo stile dominante dell’intera sua produzione architettonica, artistica, dell’interior desig (Moon System di B&B Italia, Alessi, Serralunga, Citco, ecc…) e anche nelle sue collaborazioni con le fashion brand internazionali (La Coste, Chanel, Viutton, Swarosky, ecc…). Una tendenza progettuale nella quale un po’ alla volta tutti gli elementi tradizionali si dissolvono in unica superficie fluida, in una pelle che si esibisce con continue distorsioni, fratture e si sfrangia in un linguaggio unico di tipo organico. Questo approccio diventa il marchio di fabbrica di Zaha Hadid nei decenni successivi fino a modificare la generale “visione” del futuro, con nuove idee di spazio e forma coraggiose e lungimiranti, pronte a sfidare il tempo anche dopo la sua morte.

Riconoscimenti

Zaha Hadid è considerata la più importante rappresentante femminile dell’architettura, in età contemporanea. Il primo importante riconoscimento internazionale arriva del 1983, quando si aggiudica il concorso per The Peak Leisure Club di Hong Kong. Numerosissimi i riconoscimenti internazionali, tra cui spicca il premio Pritzker (2004), per la prima volta assegnato a una donna.

Ha vinto il Premio Stirling per due anni consecutivi: nel 2010, per una delle sue opere più celebri, il MAXXI, il nuovo centro per le arti contemporanee a Roma, nel 2011 per la Evelyn Grace Academy, una scuola con forme a Z a Brixton, Londra.

Entra in numerosissime classifiche internazionali, nella rivista Forbes, nel Time nella rivista britannica New Statesman, in The Guardian.

Nominata “Artista per la pace” dall’UNESCO, ha ricevuto dalla Repubblica Francese il titolo di “Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres”, nel 2012 la Regina Elisabetta II l’ha nominata Dame Commander dell’Ordine dell’Impero Britannico. Medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects per il suo lavoro

Architetture italiane

– Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) (1999–2010), Roma.

– Stazione di Napoli Afragola (2003–2017), Afragola

– CityLife Milano Residential Complex (2004–2014), Milano.

– Citylife Shopping District (2004–2017), Milano.

– Stazione marittima di Salerno (2005–2016), Salerno.

– Museo Betile (2006), Cagliari.

– Rhegium Waterfront (2007), Reggio Calabria.

– Jesolo Magica (2011-2012), Jesolo

– Messner Mountain Museum (2014), Plan de Corones, Alto Adige.

– Torre Hadid (2014–2017), Milano.

Alcune delle Architetture nel mondo

Tra le più conosciute opere si segnalano: il Bergisel Ski Jump a Innsbruck; il Rosenthal Center for Contemporary Art a Cincinnati; l’Ordrupgaard Museum Extension a Copenhagen; l’Heydar Aliyev Center a Baku; Il Centro Acquatico di Londra; la Guangzhou Opera House in Cina; la stazione dei vigili del fuoco Vitra in Geramia; il terminal della rete tranviaria a Strasburgo; la sede centrale della BMW a Lipsia; gli interni dell’hotel Puerta America a Madrid; l’ampliamento dell’Ordrupgaard Museum a Copenaghen; il museo della scienza Phaeno a Wolfsburg; il Galaxi Soho di Pechino; il ponte Sheikh Zayed ad Abu Dhabi e quello di Saragozza Bridge Pavillon; il Riverside Museum di Glasgow.

Le immagini in galleria sono a cura di Giuseppe Bellavia, Paolo Galletta e Antonella Postorino e riguardano:

– Mostra “Zaha Hadid – Exhibition”, Venezia, Palazzo Franchetti, Fondazione Berengo, 27 Maggio-27 Novembre 2016

– Mostra “L’Italia di Zaha Hadid”, Roma, MAXXI, 23 giugno 2017 – 14 gennaio 2018

– Stazione Marittima di Salerno

– MAXXI di Roma (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma)

– Progetto del Reghium Waterfront di Reggio Calabria

Antonella Postorino

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About the Author: Antonella Postorino

Antonella Postorino è una Giornalista Pubblicista specializzata in architettura e beni culturali che collabora con il Metropolitano.it. Antonella Postorino è anche un architetto, designer e scenografa.