Se la campagna elettorale si ricorda delle condizioni in cui versa la scuola calabrese…

Siamo verso la fase finale della campagna elettorale e finora non si è sentito parlare quasi per niente di scuola nella stragrande maggioranza dei dibattiti politici, come se il mondo dei ragazzi e dei giovani non esistesse e come se l’istruzione e la cultura, con la promessa di cittadinanza alle nuove generazioni, sia di un mondo alieno. Mai come in questa tornata elettorale la politica sembra- anzi è- distante dalla vita vera. Quella che incontri al mercato, davanti alla scuola, tra la gente di strada insomma. Vai a sapere che cosa pensano i candidati allo scranno dell’assise regionale della scuola, al di là delle parole d’ordine, della scuola viva, che sta in trincea nei paesi collinari e montani, nelle perierie urbane della Calabria, dei risultati che hanno prodotto venti anni anni di politiche scolastiche nefaste condotte in modo bipartisan dai vari ministri.

La scuola di Reggio e della Calabria, intesa come strumento strategico di crescita del capitale umano in funzione dello sviluppo del territorio,, non ha mai avuto complessivamente su di sé l’attenzione della rappresentanza politica.

Mentre i vari indicatori sulla qualità del nostro sistema scolastico ci restituiscono severi aspetti di criticità riassumibili in:

– una crisi nei risultati scolastici che si manifesta già nella scuola dell’obbligo e che sembra prefigurare successivi scacchi formativi;

– una stratificazione sociale nelle scelte tra i diversi indirizzi della scuola secondaria superiore, che si ripercuote nei livelli di apprendimento;

– l’emergere di un disagio sottile, di una difficoltà a coinvolgere fino in fondo gli allievi nella loro esperienza scolastica,testimoniato dal fenomeno dei debiti scolastici, che, comunque, indica un rapporto non positivo con gli apprendimenti scolastici(matematica, italiano, lingua straniera,ecc.);

– tendenza alla licealizzazione del sistema scolastico.

La nostra regione, poi, esibisce i dati più sconfortanti in materia di sicurezza e di adeguamento degli edifici scolastici. A ciò si aggiunge la permanenza di squilibri territoriali: è stato più volte rimarcato che molti comprensori delle aree interne della Calabria sono tagliati fuori da una offerta formativa extra-curricolare per la mancanza dei servizi, trasporti in particolare, che penalizzano la partecipazione degli studenti alle attività pomeridiane che le istituzioni scolastiche pongono in essere per il completamento del percorso educativo. Questo stato di cose non assicura equità e qualità. Non garantisce il diritto allo studio per tutti.

Discutibili i processi di dimensionamento che in questi anni non hanno tenuto conto delle peculiarità territoriali, dei bisogni formativo/educativi di determinate aree a rischio della regione, che non hanno razionalizzato i processi di accorpamento delle singole scuole in termini di moderna consortilità intercomunale,come avviene per altro genere indispensabile di servizi alla comunità;

E’ sul territorio che si misura la capacità della politica ad affrontare i nodi strutturali di un sistema scolastico come il nostro che manifesta delle criticità ormai consolidate che vanno dal gap nei livelli di apprendimento tra i nostri studenti e il resto del Paese alla qualità dei nostri edifici scolastici.

Ma non ci si sofferma mai però a fare una attenta analisi sul perché di tali risultati per poi avviare una seria ricostruzione della scuola con investimenti seri e reali, anche in termini di risorse umane, ancorchè necessari in un territorio che denuncia alti tassi di dispersione, di analfabetismo primario e di ritorno e dove la cultura della illegalità è peraltro molto diffusa.

Ritengo che sia indispensabile riscrivere una nuova legge quadro per un sistema regionale di istruzione e formazione professionale che preveda l’istituzione: di una Autorità regionale per l’orientamento continuo, a garanzia del diritto all’orientamento; una Scuola regionale per l’Orientamento, che si occupi di fornire percorsi di aggiornamento e formazione sulle tematiche specifiche destinati al personale della pubblica amministrazione impegnato in funzioni di orientamento; un Osservatorio Regionale delle professioni, finalizzato a promuovere la costituzione di una banca dati delle figure professionali; la Conferenza annuale dei servizi sull’educazione, di concerto con l’Ufficio Scolastico Regionale, partecipata da tutti i soggetti che in Calabria concorrono al sistema educativo, e finalizzata al confronto sulle strategie formative funzionali allo sviluppo sociale, culturale ed economico della nostra regione(esperienza mai realizzata finora); attuazione periodica degli Stati Generali per la Scuola, finalizzati ad assicurare un raccordo efficace tra la Scuola ed il mondo del lavoro.

Mondo della scuola e pianeta del governo regionale,nelle sue varie declinazioni,non hanno mai realizzato un dialogo in questi termini. Eppure, è assodato che maggiori possibilità occupazionali vengono garantite da quelle scuole che sono inserite in una filiera formativa che metta insieme distretti industriali, ricerca delle imprese e buoni istituti tecnici e professionali. Mare, montagna, turismo, agricoltura, nuove fonti di energia, solo per citare alcuni dei settori strategici di sviluppo della nostra regione. La strategia d’intervento che qui si vuole evidenziare è basata in primo luogo su una attenta conoscenza del contesto territoriale e socio culturale e l’adozione di strumenti differenziati a seconda degli ambiti e dei destinatari.

Non abbiamo visto per esempio, particolari politiche incentivanti per gli istituti professionali alberghieri e turistici o per gli istituti artistici. Intendo sottolineare che c’è una vocazione specifica di determinati ambiti del territorio regionale che va individuata e stimolata. Cioè se un territorio è naturalmente vocato per uno sviluppo turistico o agricolo la strategia politico-amministrativa deve agevolare tale crescita lungo tutta la filiera che parte dalla formazione e fino all’inserimento nel locale mercato del lavoro.

Politiche scolastiche, politiche culturali, politiche sociali e del lavoro devono essere assolutamente integrate. Non possono essere scollegate come è stato fino ad oggi.

Penso che la nuova Amministrazione regionale calabrese che verrà fuori dalla prossime elezioni debba interpretare questa fase in termini di grande responsabilità e grande lungimiranza ed assumere questo tema non per le implicazioni di potere, per i posi­zionamenti o per le interferenze possibili, ma come fattore fonda­mentale per conseguire risultati importanti sul piano dello sviluppo e della civiltà.

Allora, la Regione Calabria ha oggi sicuramente l’obiettivo di recuperare un protagonismo forte in questo campo, di esprimere una politica per l’istruzione nel ri­spetto delle autonomie e produrre una politica significa innanzi tutto portare un dibattito che è utile e fondamenta­le che si sviluppi sul piano politico, culturale e sociale. I tempi sono maturi per un serio nuovo confronto politico – istituzionale, atteso che in questo ultimo decennio non si è nemmeno realizzata una conferenza interistituzionale sui temi della scuola e dell’istruzione e delle linee di sviluppo socio-economico della regione verso cui orientare magari nuovi profili formativi in uscita dal sistema scolastico e universitario degli studenti calabresi. Certo l’Ufficio scolastico regionale per la Calabria ci ha messo anche del suo con la scarsità delle iniziative sul territorio calabrese. Il nostro pianeta scuola è sfilacciato da un bel po’, ogni scuola va a ruota libera e di direttive oltre che di presenze istituzionali strategiche sul territorio se ne vedono ben poche e finalizzate ad atti prevalentemente burocratici. Abbiamo avuto tempi migliori!

Reggio Calabria 20/1/2020 prof. Guido Leone

già Dirigente tecnico U.S.R. Calabria

Mi auguro che con l’avvio della prossima consiliatura regionale, gli indispensabili tavoli interistituzionali che dovranno essere attivati unitamente all’ Ufficio scolastico Regionale operino con una visione innovativa. Innovazione significa ripensare la scuola non più come singolo edificio ma come il nodo di una rete di formazione che si estende non solo alla singola comunità, ma ad aree intercomunali al cui bacino d’utenza vanno

“E’ indispensabile un progetto integrato d’area del territorio per realizzare azioni comuni tra le diverse istituzioni sulla base di una regia organica rivolta a sostenere l’innovazione nei processi formativi e nelle strategie d’accoglienza agli studenti.

Quanto detto significa che il sistema educativo deve essere costruito a livello culturale-educativo ,ma anche a livello politico e organizzativo.

Colpisce in questa campagna elettorale la superficialità con cui i partiti parlano della scuola quando capita se non per puntare alla contestazione dell’esistente, senza prospettive se non quella di smantellare il pregresso ma senza uno straccio di idea di scuola, di una proposta seria e concreta , di una visione organica.

Si spara solo alla legge 107,cosiddetta “buona scuola”, che pur ha messo in campo un piano di assunzioni decisamente corposo(oltre 100mila posti di lavoro), che non si vedeva da decenni nella scuola italiana. La buona scuola si è occupata di molte questioni ma non ha affrontato ritardi strutturali che in termini di priorità di intervento vede la prima sicuramente nello stato dell’edilizia. La seconda è l’azione sugli insegnanti:vera valvola di accensione del cambiamento. I sistemi scolastici di alto livello devono prestare attenzione grande al modo in cui si seleziona,si forma e si aggiorna il personale docente. Quando si parla di valorizzazione in Italia degli insegnanti si parla solo di orari, stipendi,riconoscimento del merito. In una indagine decennale dell’Istituto Iard si evidenzia come la maggior parte dei docenti faccia lezione come si faceva venti anni fa, replicando il modello degli insegnanti che loro stessi hanno avuto. Si deve agire sulla qualità della formazione,sul rigore e sulla certezza nella selezione e sulla continuità dell’aggiornamento in servizio. Abbiamo,invece, un sistema di selezione della classe docente che definire folle è un eufemismo.

Ma calandoci nel nostro territorio quello che ci interessa sapere di più è cosa intendono fare i candidati al Parlamento dei vari partiti per i prossimi cinque anni. Gradiremmo sapere cosa ne pensano del sistema scolastico e universitario ai fini dello sviluppo della nostra regione. E siccome abbiamo detto che su questo versante tutto tace suggeriamo noi alcune domande:

1)quale scuola vogliamo per le nuove generazioni?

2)come tornare a investire sulla scuola per renderla al passo con le sfide dei prossimi anni e per il raggiungimento degli obiettivi comuni dell’UE per i sistemi di istruzione e formazione da raggiungere entro il 2020?

3)Quale docente?quali competenze, percorso di formazione, percorso di carriera?quale stato giuridico?Quale riconoscimento economico?quale rivalutazione sociale?quali proposte per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche?

4)Esiste una questione meridionale sulla formazione?esiste un ritardo nello sviluppo della nostra regione alimentato anche da inadeguate e lacunose politiche educative?

La scuola è evidente che non è mai stata una priorità per la classe politica. Questo è il risultato di una pluriennale consolidata incapacità delle scuole a reagire. Lo fanno gli operatori delle scuole,lo abbiamo visto in alcune circostanze,ma non le scuole.

La debolezza dipende dalla mancanza di rappresentanza,dal fatto che le scuole non fanno rete e non hanno chi le rappresenta tutte assieme. E quindi dal fatto che non ci sono i luoghi nei quali svolgere ruoli decisivi con la propria rappresentanza. Non mancano le associazioni di scuole,per la verità un po’ velleitarie,poco rappresentative,troppo orientate. Ma manca un organismo istituzionale di rappresentanza che abbia titolo a rappresentare le scuole nelle conferenze con lo Stato,con le Regioni,le province,i comuni.

Questo ridarebbe dignità alle scuole,alla loro autonomia,alle loro proposte. Perfino il dirigente uscirebbe da una sorta di ambiguità,da una zona di confine tra scuola e amministrazione,ancorando saldamente la sua dirigenza alla scuola che guida. L’autonomia della scuola,tra l’altro ancora incompleta in diversi punti,rimarrà sempre aleatoria senza una rete che le veda alleate,capaci di incidere sulle politiche scolastiche dei governi locali. E qualche volta di opporsi con determinazione a scelte solo economiche. Insomma, le scuole,anziché essere un’appendice dell’amministrazione,diventerebbero le scuole della Repubblica. Una raffinatezza?Forse no.

Reggio Calabria 24 febbraio 2018 Guido Leone

già Dirigente Tecnico USR Calabria

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