M5S, sempre più diviso tra l’area dei puristi e quella dei governativi. Aria di scissione?

di Peppe Giannetto – Prima erano solo dei mormorii, ora sono “urla” possenti dove il clima della crisi interna sono così forti da provocare mal di testa e mal di pancia e che fanno barcollare scranni e posizioni. Al fondatore, Beppe Grillo, la parola corrente provoca un vaffa di vomito, ma il rampollo irriducibile e rivoluzionario, il duro e puro Alessandro Di Battista, gli ha controbattuto con un democristiano Amen. Detto questo, la sorte dei movimenti politici o liste civiche, o perlomeno quelli che si sorreggono specchiandosi e vivendo della rabbia sociale, sono tutti segnati da una sorta di timer strutturale interno. Consumata la fase della polemica, della protesta alla “Casta” e alla presunta aristocrazia, questi divengono a loro volta centri di potere e si dividono in due: la «nostalghia» di una autenticità primaria di fatto smarrita da una parte, dall’altra la propensione pragmatica di nuove trasformazioni e di nuove coalizioni. Dopo il boom alle politiche del 2018 e dopo aver immesso nel parlamento, non in quello utopistico di Roberto Casaleggio, la milizia più robusta di deputati e senatori, era certo lo scontro tra i puristi e i filogovernativi e quindi al poltronificio.

In questo paio anni poi è successo di tutto: prima l’alleanza con Matteo Salvini, una ratio che ci poteva stare perché anche la Lega nel 2018 tesaurizzava la campagna elettorale contro il sistema, poi l’abbraccio quasi letale con il PD, LeU, Matteo Renzi, in un coacervo di partiti che in questo momento fanno parte del governo Conte per formalismo costituzionale ma principalmente per negare le urne a Salvini e alla Meloni. Ora c’è il “fenomeno” Giuseppe Conte, entrato in punta di piedi e ora dominatore di Villa Pamphili-Versailles. I sondaggi gli danno un discreto gradimento popolare e se dovesse guidare i grillini li porterebbe al 23%. Siccome i Cinque stelle sono ora sotto al 16%, Giuseppe Conte da solo varrebbe 7 punti circa.

I sondaggisti sono in polemica tra di loro e io come giornalista udendo le proteste e le rimostranze quotidiane della gente dico rispettosamente che più cose non vanno. O gli italiani sono autolesionisti e gli è piaciuto essere segregati in casa, rimetterci il lavoro, farsi spesso sbattere la porta in faccia da Inps e banche, ricevere con ritardo i denari della Cassa Integrazione, o “qualcuno” dirige l’informazione politica a senso unico. Per ora l’attuale primo ministro ha detto no, ma se dovesse farsi coinvolgere con i grillini la scissione nei M5S sarebbe certa e Di Battista apparirebbe come il pilota alla guida dei non governativi.

Il balletto delle accuse e delle controaccuse è già iniziato, è il debunking dei servizi segreti, tante autenticità, nessuna autenticità. Un fatto però c’è ed è negli registri del governo giallo-verde: tutto il mondo nel 2019 ci guardò male perché l’Italia non si schierò prendendo una posizione formale su Maduro nei giorni degli scontri con Guaidò. Giusto che si indaghi» sul caso M5S-Venezuela «come si è indagato sulla Lega per la vicenda russa”. Si spera che siano delle fake news come stanno ribadendo i vari supporter grillini. Il leader di Italia Viva, Renzi non si è sfuggito l’occasione e attacca sulle rivelazioni del quotidiano spagnolo ABC, che due giorni fa ha svelato in prima pagina la notizia.

Oggi Gianluigi Paragone, senatore del Gruppo Misto, transfuga dal M5S , esce allo scoperto e dice: “Non credo più nell’Unione Europea, è il più grande inganno e la più grande truffa che ci sia. Ho deciso che voglio dare vita ad un nuovo partito politico per l’uscita dell’Italia dall’Unione europea sulla falsariga di quanto avvenuto in Gran Bretagna con la Brexit». “MALA TEMPORA CURRUNT SED PEIORA PARANTUR”

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