Abbagli Giudiziari: ogni anno 1000 persone risarcite per essere finite in carcere da innocenti

di Peppe Giannetto –  Una iniziativa necessaria per la commemorazione di tutte le vittime di errori giudiziari, questa bozza di legge che giace nelle aule di Palazzo Madama: a 37 anni dall’arresto di Enzo Tortora. “Gli incolpevoli non finiscono in carcere”. La frase ribadita il 24 Gennaio scorso dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede non si capisce bene se l’ha detta per esprimere un concetto o per autoconvincersi. Perché riproporre una delle uscite più incaute del ministro Bonafede? Il 17 Giugno scorso – scrupolosamente a 37 anni dall’arresto di Enzo Tortora – a Palazzo Madama è ricominciato l’iter per l’istituzione della giornata dei “martiri” degli errori giudiziari. Un disegno di legge che parte da un’allora memorabile campagna del Partito Radicale di Marco Panella, oggi scaturita da due mozioni, avanzate dai senatori Ostellari (Lega) e Faraone (Iv). Una coincidenza ben augurante in vista di una veloce e unanime approvazione, in modo tale che magari il 17 Giugno del 2021 si possano commemorare tutte le vittime di errori giudiziari.

L’articolo 27 della Costituzione così recita: “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Questo significa che, prima che la pena possa essere stabilita, bisogna accertare la colpa con prove reali e non confutabili. Per questo prima che sia terminato il processo la persona è definita semplicemente “imputato” e diventa colpevole solo dopo la condanna – “la presunzione d’innocenza” per alcuni magistrati sembra ormai un principio obliterato. Esaminando un po’ di numeri constatiamo: che sui circa 60mila reclusi nelle affollatissime carceri della penisola, approssimativamente 10mila sono in attesa di primo giudizio e poco più di novemila non hanno ricevuto un giudizio definitivo; nel 2018 sono state emesse 257 sentenze di assoluzione nei confronti di imputati per cui era stata ordinata la misura cautelare in galera; solo nel 2018 si sono registrati circa 1000 casi di risarcimenti per illegittima detenzione.  Dal 1992 al 2018 lo Stato ha dovuto risarcire ben 27.000 innocenti e senza omettere di scrivere sul peggioramento delle condizioni psicofisiche di chi ha dovuto subire la privazione e quindi la limitazione della libertà. A questi vanno inseriti i casi di persone per le quali la revisione del processo ha dimostrato e portato all’annullamento della sentenza conclusiva di condanna. Cifre sconcertanti che meritano una giornata di riflessione, come ha citato l’avvocato Franco Coppi, un impegno a cassare dal linguaggio della politica termini come “marcire in carcere” o “buttare via la chiave”. Ma non basta: servono innanzitutto risolutivi e definitivi interventi precettistici. Le forze politiche che sorreggono il Governo Conte stanno farfugliando sulla riforma del processo penale e civile, sulla riforma del CSM, sulle separazioni delle carriere, sulla revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, ecc. Tutto legittimo, ma per iniziare, necessiterebbe mettere fine alla riforma della prescrizione, in vigore da gennaio 2020 che cosi costruita conferisce una delega in bianco al potere giudiziario che fa precipitare l’imputato nell’abisso delle impugnazioni. Né quest’ultimo né gli altri provvedimenti saranno con ogni probabilità concretizzati da un governo e da una maggioranza in cui la “golden share” è del Movimento 5 Stelle che fa della demagogia giustizialista e dal delirio normativo il suo mantra.

Ma sarebbe necessario anche una totalità di visione nel centrodestra per proseguire la battaglia sulla giustizia con logicità. Il vero problema ma intricato è lo stato giuridico della Magistratura da trent’anni a questa parte: non un ordine, come annuncia l’articolo 104 della Costituzione, ma un reale e forte strapotere anzi un dominio incontrastato nelle aule di giustizia e non. Ha sfruttato e assai bene la irrisolutezza della politica sin dall’epoca di Tangentopoli: ricordate la conferenza stampa del pool di Mani Pulite a sfavore del decreto legge “Conso”, poi non ratificato dal presidente della Repubblica Scalfaro, la presentazione di una proposta di legge stilata e composta dal pool medesimo, le agguerrite dichiarazioni dei giudici come quello di «rivoltare l’Italia come un calzino» sono lì a ricordarcelo. Le cronache giornalmente nei media ci ripetono che a distanza di quasi trent’anni niente è cambiato anzi lo scandalo delle intercettazioni di Palamara, sulle elezioni dei membri togati del Consiglio superiore della Magistratura stanno diventando fronzoli, inutili infiorettamenti che non vanno a limitare il problema delle carcerazioni dei “martiri” degli errori giudiziari.

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