Reggio Calabria, operazione Malefix: 21 arresti per associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, detenzione e porto di armi da fuoco

Procuratore Giovanni Bombardieri – @GNS

Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di complesse e articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni BOMBARDIERI, la Squadra Mobile reggina e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato – con il supporto delle Squadre Mobili di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino, Roma e degli equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine della Calabria – nel corso di una vasta operazione di polizia convenzionalmente denominata Malefix – hanno dato esecuzione all’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere n. 4902/19 R.G.N.R. D.D.A. – 4005/19 R.G.G.I.P D.D.A. e 12/20 R.O.C.C. D.D.A. emessa in data 15.06.2020 – su richiesta della D.D.A. – dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti dei seguenti 21 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione e detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa:

  1. D.S.G., nato a Milano l’8.03.1981, residente a Reggio Calabria, di fatto domiciliato a Milano [indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata];

  2. D.S.C., nato a Reggio Calabria in data 01.03.1968, ivi residente [indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata];

  3. D.S.O. M.C., nato a Reggio Calabria in data 11.02.1959, ivi residnete, detenuto per altra causa [indagato per associazione mafiosa ];

  4. M.A., nato a Reggio Calabria il 21.10.1957, detenuto in semilibertà, per altra causa, presso la Casa Circondariale di Napoli [indagato per associazione mafiosa];

  5. M.S.G., [figlio di A.], nato a Reggio Calabria il 30.03.1982, residente a Milano, domiciliato a Giugliano di Napoli, attualmente dimorante a Reggio Calabria [indagato per associazione mafiosa];

  6. M.L., detto “Gino”, nato a Reggio Calabria il 10.02.1964, ivi residente [indagato per associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo aggravati];

  7. M.S.G. [figlio di Gino], nato a Reggio Calabria in data 23.04.1989, ivi residente [indagato per associazione mafiosa, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo aggravati];

  8. M.A. [figlio di Gino], nato a Reggio Calabria in data 09.04.1995, ivi residente, [indagato per associazione mafiosa];

  9. R.A., nato a Reggio Calabria il 23.01.1989, ivi residnete [indagato per associazione mafiosa];

  10. D.C.M.P., nato a Reggio Calabria in data 25.07.1976, residente a Roma, di fatto domiciliato a Reggio Calabria [indagato per associazione mafiosa];

  11. L.S., nato a Reggio Calabria in data 03.03.1979, ivi residente [indagato per associazione mafiosa];

  12. S.A., alias “Totuccio”, nato a Reggio Calabria il 22.04.1958, residente a Fano [indagato per associazione mafiosa];

  13. A.A. [detto Ashi], nato l’11.07.1996 a Scilla [RC], [indagato per detenzione e porto illegale di arma comune da sparo aggravati];

  14. L.A., nato a Reggio Calabria il 27.12.1983, ivi residente [indagato per associazione mafiosa, estorsione aggravata ed tentata estorsione aggravata];

  15. M.E., nato a Reggio Calabria il 28.02.1980, ivi residente, [indagato per associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata ed estorsione aggravata];

  16. B.D., nato a Reggio Calabria il 27.06.1961, ivi residente [indagato per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata];

  17. P.C., nato a Reggio Calabria in data 11.03.1980, ivi residente [indagato per associazione mafiosa ed estorsione aggravata];

  18. C.D., nato a Reggio Calabria in data 09.05.1975, detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Livorno [indagato per associazione mafiosa];

  19. P.L., nato a Reggio Calabria in data 04.10.1977, ivi residente, detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Catanzaro [indagato per associazione mafiosa];

  20. B.C. [detto “Pappagallo”], nato a Reggio Calabria il 9.03.1969, ivi residente, [indagato per associazione mafiosa];

  21. P.A.A., nato a Reggio Calabria il 18.08.1993, ivi residente [indagato per associazione mafiosa].

Contestualmente agli arresti, sono state eseguite perquisizioni personali e domiciliari e un decreto di sequestro preventivo emesso dai magistrati titolari dell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia a carico della seguente società:

  • S. S.r.l. con sede a Roma, attiva dal 2016 nel settore edile per la progettazione e costruzione su aree proprie e di terzi di edifici residenziali e non residenziali, di cui è amministratore unico, nonché socio unico, D. C. M. P.

Le indagini svolte dalla Polizia di Stato – sotto le direttive dei Sostituti Procuratori della D.D.A. di Reggio Calabria Stefano MUSOLINO, Walter IGNAZITTO e Roberto Placido DI PALMA – documentano l’esistenza e l’operatività delle cosche DE STEFANO – TEGANO e LIBRI, in posizione di preminenza nella città di Reggio Calabria e forniscono un importante spaccato sulle frizioni registratesi in seno al sodalizio criminale DE STEFANO – TEGANO e tra detta consorteria e quella dei LIBRI rispetto alla spartizione degli ingenti proventi delle attività estorsive poste in essere in danno di operatori economici e commerciali del centro cittadino di Reggio Calabria.

L’inchiesta ha portato alla luce alcuni gravi contrasti sorti tra C.D.S., attuale vertice dell’omonimo casato di ‘Ndrangheta e M.L., elemento di elevato spessore criminale del clan D.S., storicamente egemone nel quartiere Archi ed in tutto il centro della città di Reggio Calabria, per dirimere i quali è stato richiesto l’intervento di A.M., esponente storico e carismatico della cosca DE STEFANO, cui i maggiorenti del sodalizio criminale hanno fatto riferimento ed affidamento con l’obiettivo di riportare a miti consigli il fratello L. e ottenere la garanzia dell’assoluta fedeltà dei M. alla clan di appartenenza. La ricostruzione delle dinamiche interne al clan DE STEFANO ha consentito agli investigatori di comprendere come gli attriti fossero sorti a causa:

  • di opinioni divergenti tra L.M. e C.D.S. in relazione alla gestione degli affari illeciti ed in particolare delle estorsioni agli operatori economici e commerciali;
  • della scarsa considerazione che L.M. aveva di C.D.S. come soggetto apicale della cosca;
  • del disappunto di M.L. nei confronti di C.D.S. il quale non aveva espresso “solidarietà” quando gli era stato notificato un provvedimento giudiziario, in qualità di indagato, nell’ambito del procedimento penale relativo all’omicidio del giudice A.S.;
  • del risentimento di M.L. derivante dall’atteggiamento punitivo di C.D.S. nei confronti di D.C.M., imprenditore di riferimento della cosca e cognato dello stesso M.. Nel censurare alcuni errori del D.C., C.D.S. aveva deciso, in forza del proprio status di vertice della cosca, di estrometterlo dalla gestione della sua azienda, rimessa esclusivamente nelle mani del geometra L.S., suo collaboratore. L.M. si era pertanto schierato dalla parte del cognato, facendosi garante della sua protezione contro le intemperanze di C.D.S., paventando addirittura il rischio di dare inizio ad una guerra qualora i D.S. avessero in qualche modo agito contro il D.C..
conferenza stampa Operazione contro la ‘Ndrangheta Malefix  – @GNS

Il timore che i dissidi con L.M. potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, induceva i fratelli D.S.C. e G. [già C.S.] e ad investire della delicata questione M.A., fratello di L., ritenuto uno dei loro alleati più fedeli. Prima di M.A., C.D.S. aveva interessato della vicenda lo storico e affidabile sodale S.A. che venne mandato in avanscoperta ad incontrare G.M. con l’obiettivo di ricomporre i dissidi interni. La missione, tuttavia, era fallita, atteso che, per il tramite di S., G.M. aveva mandato a dire a C.D.S. che egli aveva intenzione di agire in autonomia, senza dare conto del suo operato ai D.S.. Fallita la missione di S., per C. e G.D.S. non rimaneva altro da fare, per risanare le divergenze con L.M., che rivolgersi al fratello A.. In realtà, stando alle risultanze delle intercettazioni, l’obiettivo di M.L. non era tanto quello di affrancarsi dalla cosca madre dei DE STEFANO – come auspicato invece dai figli A. [classe 1995] e S.G. [classe 1989] con l’avallo della madre – quanto quello di avere uno spazio di autonomia operativa e decisionale rispetto alle ingerenze di C.D.S.

Le dinamiche afferenti alle indicate controversie emergevano sostanzialmente nel corso di due incontri. Il primo, avvenuto a Napoli, il 25 agosto 2019, tra M.A. o e G.D.S. Il secondo, sempre a Napoli, nelle date del 30 e 31 agosto 2019 – tra i fratelli A. e L.M.

Nell’incontro del 25 agosto i DE STEFANO lamentavano:

  • le mire espansionistiche del M.L. sul locale di Gallico;
  • nell’ottica della spinta autonomista, la mancanza di rispetto di M.L. nei confronti di L.F. in occasione dell’apertura di una pescheria nel quartiere Gebbione, avendo avvertito in ritardo i LABATE dell’inizio di tale attività nella loro zona di influenza criminale;
  • alcune divergenze tra il M.L. e “Totuccio” SERIO sull’assegnazione di alcune “cariche” di ‘ndrangheta;
  • l’episodio che aveva visto al centro di un cruento pestaggio un noto ristoratore reggino, la cui effettiva finalità, secondo i DE STEFANO, era da attribuire alla volontà di L.M. di porre in cattiva luce C.D.S. e conseguentemente di sminuire il prestigio criminale della cosca.

Nel corso di quella riunione, G.D.S. rappresentava che le condizioni di stabilità e di equilibrio della criminalità organizzata reggina erano garantite dalle strategie dirigenziali e decisionali della cosca cui essi appartenevano e riteneva pretestuoso e assurdo che M.L. potesse essersi risentito perché C.D.S. non gli aveva espresso solidarietà quando gli fu notificato l’avviso di garanzia per l’omicidio del giudice SCOPELLITI, dato che lo stesso provvedimento era stato notificato anche al fratello G.D.S.. Disapprovava che L.M. non vedesse di buon occhio la vicinanza del figlio di A. – S.G.M. classe 1982 – con il fratello C.D.S. e criticasse l’allontanamento del sodale R.A. da Archi e dalla sfera dei suoi interessi [di L.M.] a favore della famiglia DE STEFANO. Auspicava una maggiore coesione dei M. con la cosca di appartenenza, prospettando la possibilità di farsi coadiuvare anche dai figli di L.M. nella gestione degli affari del clan a Milano e all’estero e sperava che le controversie potessero chiudersi anche senza l’autorevole intervento di M.A., dal momento che pure il fratello C. era pronto, se del caso, a riconoscere di aver potuto commettere qualche involontario errore. Dal canto suo, A.M., riconfermava il vincolo di fedeltà alla famiglia DE STEFANO.

Emergeva dunque dalle attività investigative come G.D.S. – nonostante si fosse da tempo trasferito a Milano – non avesse mai interrotto i legami con la famiglia di appartenenza, né con gli affari della cosca. Nel corso delle conversazioni intercettate sosteneva che per lui era sufficiente tornare talvolta in Calabria per risolvere questioni problematiche, mentre per il disbrigo delle incombenze ordinarie delegava persone di fiducia del luogo.

Il secondo incontro avvenuto a Napoli, nelle date del 30 e 31 agosto 2019, tra A. e L.M., era finalizzato a chiarire le frizioni di cui G.D.S. aveva parlato al primo nella riunione del 25 agosto.

Nel corso di alcune conversazioni intercettate con il fratello A. nei suindicati giorni della fine di agosto 2019, L.M., lamentava il fatto che C.D.S. non lo aveva sostenuto economicamente, nonostante disponesse di ingenti risorse finanziarie che sperperava con il fratello G., ma anzi era solito lamentarsi delle sue precarie condizioni economiche. A.M. riferiva che i capitali dei DE STEFANO potevano derivare dai cospicui lasciti del padre e che le ristrettezze finanziarie rappresentate da C.D.S. potevano dipendere dal fatto che egli doveva provvedere al sostentamento economico dei familiari e degli affini detenuti in carcere. Aggiungeva di aver ricevuto 700 euro da C.D.S. attraverso il figlio S.G. [classe 82], ma L.M. non cambiava opinione e recriminava il fatto i DE STEFANO non avevano neanche riconosciuto i meriti da loro acquisiti durante la sanguinosa guerra di ‘ndrangheta che li aveva visti schierati al loro fianco. A.M. cautamente suggeriva al fratello L. di riconoscere la propria subordinazione rispetto ai DE STEFANO e di sostenere, dinanzi a chiunque, che il locale di Gallico – caratterizzato da molteplici controversie – faceva capo alla suddetta famiglia di ‘ndrangheta.

L.M. asseriva che anche O.D.S. [zio di C. e G.D.S.], con ruolo apicale all’interno della cosca, aveva poca considerazione del loro operato criminale. Allora A.M. esortava il fratello a partecipare all’incontro chiarificatore che C.D.S. aveva chiesto attraverso il figlio S.G.. Dal canto suo egli [A.M.] si augurava di poter diventare un giorno, libero da vincoli giudiziari, “consigliori” di C.D.S., anche per riequilibrare i rapporti tra questi e lo zio e quindi potenziare la cosca di appartenenza. Sebbene L.M. invitasse il fratello a non esporsi più del dovuto rispetto alle dinamiche intrinseche alla famiglia DE STEFANO, quest’ultimo ribadiva con fermezza l’assoluta fedeltà della sua famiglia ai DE STEFANO.

L’attività di indagine ha anche evidenziato l’esistenza di importati attriti tra le cosche DE STEFANO – TEGANO e LIBRI. Da alcune conversazioni captate ad A.L. è emerso che ciascuna consorteria continuava a raccogliere le estorsioni secondo prassi consolidate che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. A.L. si lamentava con un esponente della cosca DE STEFANO-TEGANO che non venivano rispettate le regole di condivisione tra le famiglie dei proventi estorsivi. Era infatti accaduto che alcuni introiti estorsivi non erano stati ripartiti come convenuto. Il LIBRI aveva saputo che – in occasione delle festività natalizie del 2017 – era stata raccolta da C. e G.D.S. una consistente somma di denaro [nell’ordine di alcune migliaia di euro], senza che nulla venisse corrisposto ai LIBRI ai quali – a suo dire – arrivavano le briciole [noccioline], tanto da non riuscire a garantire il mantenimento in carcere dei capi cosca. L’episodio estorsivo [non denunciato] riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Nel corso di un colloquio tra il LIBRI e D.C. [storico esponente dei DE STEFANO TEGANO] emergeva che G.D.S., ostentando il suo ruolo apicale all’interno della consorteria di famiglia e minacciando gravi ripercussioni alla vittima, aveva costretto il citato imprenditore a consegnare la somma di denaro che poi era stata trattenuta da C.D.S.. G.D.S., aveva invece assicurato all’imprenditore che il denaro era destinato alle quattro famiglie di ‘ndrangheta egemoni sul centro cittadino [DE STEFANO, TEGANO, LIBRI e CONDELLO], salvo poi – come detto – non procedere alla spartizione. Il fatto che i LIBRI fossero stati esclusi dai proventi di questa estorsione aveva creato la frizione, di cui lo stesso L.A. aveva parlato con M.T. e G.S.M. [classe 1989]. Del fatto, L.A. – tramite P.L. – aveva portato a conoscenza anche D.S.O., esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta, nonché C.D., autorevole mediatore criminale sia tra i DE STEFANO e i LIBRI in occasione delle fibrillazioni sorte perché C.D.S. aveva trattenuto i proventi di quella estorsione, sia tra le diverse fazioni delle cosche di Archi [in particolare all’interno dei DE STEFANO, laddove – come visto – palese era il contrasto tra C.D.S. e G.M.].

Le divergenze e le incomprensioni avevano indotto esponenti di rilievo delle due cosche DE STEFANO-TEGANO e LIBRI ad organizzare un incontro al vertice tra A.L., E.M. e C.P. [genero del boss Giovanni TEGANO]. Il dialogo tra A.L., E.M. e C.P. veniva captato attraverso l’intercettazione dello smartphone in uso al primo. Il P. mostrava di condividere le preoccupazioni del L. e del M. e questa dichiarata unità di intenti induceva i dialoganti a pensare a nuove e congiunte prospettive di profitto, rafforzando così, reciprocamente, il comune convincimento in ordine alla necessità di innovare le modalità operative criminali che avevano finora caratterizzato le estorsioni ai danni degli operatori economici del centro della città di Reggio Calabria. M. e L. avevano pertanto intenzione di indire una riunione che coinvolgesse anche T.D. e D.S.O., soggetto quest’ultimo con cui i LIBRI ritenevano di doversi necessariamente confrontare per la riprogrammazione della cogestione degli affari illeciti da parte di entrambe le cosche. L.A. suggeriva di formare un gruppo misto, composto da appartenenti alle due distinte consorterie; una sorta di commissione tecnica, in modo da evitare sovrapposizioni e fraintendimenti. Sempre nell’ottica della rinnovazione di un piano estorsivo generale, il trio ipotizzava l’avvio di una più efficiente raccolta estorsiva lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria, che garantisse una sorta di rastrellamento delle attività economiche, al fine di compensare i proventi illeciti ridotti dalla crisi economica e si proponeva di incrementare i profitti delittuosi, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività. LIBRI e MANGIOLA facevano presente che in caso di mancato accordo avrebbero proceduto autonomamente a riscuotere le estorsioni.

In relazione a tali frizioni, l’indagato POLIMENI Augusto Antonino, che aveva piena contezza degli affari criminali comuni al TEGANO ed al LIBRI, si è prestato [come emerge nel corso dei dialoghi intercettati con LIBRI Antonio] a fungere anch’egli da mediatore ed ambasciatore, al fine di rendere più agevoli e fluide le comunicazioni tra le cosche, finalizzate al governo delle dinamiche criminali. Era lo stesso A.A.P. a confessare il suo ruolo e la sua solida e risalente partecipazione alla ‘ndrangheta, quando L.A. si lamentava degli esiti insoddisfacenti della vicenda estorsiva posta in essere da C. e G.D.S. in danno dell’imprenditore della ristorazione.

In tale contesto veniva in rilievo la figura di P.L., fedele sodale del D.S.O., con il fondamentale compito di ambasciatore fidatissimo del predetto. Nel ricoprire tale mansione, il P. veniva comunque reso edotto di tutte le questioni, anche quelle più segrete, delle consorterie mafiose.

Le indagini hanno altresì messo in luce il ruolo di piena intraneità al sodalizio DE STEFANO di D.C.M.P. e, con lui, del geometra L.S.. E’ attraverso il D.C. e le sue attività economiche formalmente lecite, che di fatto vengono anche perseguiti gli interessi della cosca DE STEFANO. M.P.D.C. [cognato di M.L.] – già amministratore dell’impresa edile E.C. Srl di Reggio Calabria [carica dalla quale si è dimesso in data 21.08.2017] – è attualmente amministratore unico dell’impresa edile S. S.R.L., oggetto di sequestro preventivo. Le risultanze delle attività investigative dimostrano come D.C. e L.S. siano da tempo letteralmente asserviti ai DE STEFANO, dei quali sono pedine imprenditoriali importanti. Essi fanno parte di quella struttura organizzata mafiosa della quale conoscono fatti interni, meccanismi e organigrammi.

Dalle attività tecniche è emerso che A.A. detto Ashi, in qualità di soggetto fedele al gruppo M., ha disponibilità di un’arma comune da sparo, nascosta in un terreno, e che a disporre di armi, anch’esse occultate in luoghi non individuati, sono gli stessi L.M. ed il figlio G.S. classe 1989.

Di non poco conto è anche il ruolo svolto da R.A., all’interno della cosca DE STEFANO, chiaramente intraneo al clan, nonché fedele alleato dei vertici ed in particolare di G.D.S., tanto da averlo accompagnato all’incontro a Napoli con A.M..

In relazione alla cosca LIBRI – pienamente organica alla ’ndrangheta calabrese ed operante all’interno del territorio urbano di Reggio Calabria [in particolare nei quartieri di Cannavò, Vinco, Pavigliana, Modena, San Cristoforo, Spirito Santo, Gallina] – dalle complesse investigazioni è emerso in modo chiaro come, attualmente e soprattutto dopo la carcerazione di F.C. ed A.C., il reggente del clan sia A.L.. Attraverso le intercettazioni è stato possibile accertare che egli ha di fatto preso in mano le redini della cosca LIBRI, soprattutto attraverso l’incessante azione estorsiva in danno di operatori economici. Al riguardo, occorre evidenziare come – in alcuni casi – privati esercenti si rivolgessero ad A.L. per avere da lui – in qualità di dirigente della cosca – il placet ad aprire nuove attività commerciali. In qualità di leader del sodalizio, A.L. incontra i vertici delle altre cosche per definire strategie criminali comuni; è lui che, di persona, esercita un pressante controllo del territorio; ed è sempre lui che si preoccupa, direttamente, di garantire la sussistenza economica della cosca ed il mantenimento dei familiari dei soggetti arrestati.

Analogamente, rileva – come soggetto di vertice dei LIBRI – la figura di M.E., il quale, stando alle risultanze investigative, ha condiviso con il LIBRI la responsabilità della gestione delle risorse umane e di quelle economiche del sodalizio. Il ruolo di M. all’interno della cosca è stato confermato da alcuni collaboratori di giustizia [D.R. e P.], tanto da essere ritenuto il referente dei LIBRI sul quartiere cittadino di Spirito Santo. Anche i fratelli B.F. e F., hanno riferito che M.E. è un appartenente alla cosca LIBRI, indicandolo come soggetto che gestisce il controllo del territorio con modalità mafiose, su mandato di C.F., garantisce la mutua assistenza agli altri sodali e provvede al pagamento delle spese processuali di altri esponenti del sodalizio criminale.

Altro esponente della cosca LIBRI è da ritenersi B.D. sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia [D.R.] e delle risultanze delle attività tecniche, tanto da essere messo a conoscenza di alcune attività estorsive del sodalizio criminale.

Ritenuto responsabile di associazione di stampo mafioso, in quanto intraneo alla cosca LIBRI, è C.B.. L’attività di intercettazione ne ha rivelato, nel corso del tempo, i contatti e le cointeressenze con esponenti della cosca. Il collaboratore di giustizia L. lo ha indicato espressamente come affiliato ai LIBRI, anche sulla base delle confidenze ricevute dal diretto interessato. B. era, inoltre, punto di riferimento delle ‘ndrine per la restituzione di veicoli rubati, occupandosi anche, talvolta, di impartire punizioni [con pestaggi] agli autori di delitti commessi contro il patrimonio di soggetti vicini ai LIBRI.

L’attività di indagine ha dimostrato come le cosche DE STEFANO TEGANO e LIBRI siano dedite al controllo del territorio ed all’intimidazione funzionale all’accaparramento di proventi estorsivi da parte di imprenditori e commercianti che operano nei territori in cui esse esercitano l’egemonia mafiosa.

G.D.S., come detto in precedenza, ostentando il suo ruolo apicale all’interno della consorteria di famiglia e minacciando gravi ripercussioni alla vittima, aveva costretto un imprenditore reggino titolare di alcuni locali di intrattenimento ed esercizi di ristorazione [in occasione delle festività natalizie del 2017] a consegnare un’imprecisata somma di denaro, che poi è stata trattenuta dal fratello C.D.S.. La somma doveva essere suddivisa tra le quattro famiglie di ‘ndrangheta operanti nel centro cittadino [DE STEFANO, TEGANO, LIBRI e CONDELLO] ma, come detto, così non è stato.

L’inchiesta ha portato alla luce un’estorsione posta in essere da esponenti della cosca DE STEFANO-TEGANO ai danni degli imprenditori F. e F.B., indagati nell’ambito dell’operazione Libro Nero. Dalle loro dichiarazioni è emerso che C.P. aveva costretto, intorno al 2010, B.F. – allorquando questi stava costruendo il complesso immobiliare “Nettuno” sito in Via Pentimele – a corrispondere la somma di 100.000 euro come tangente, nonché a servirsi, per la realizzazione degli impianti elettrici, delle forniture d’opera della I.C.G.V.S. S.r.l., di proprietà di V.F.. Non solo, dopo la sua scarcerazione [tra il 2017 ed il 2018] – nel frattempo era stato tratto in arresto per altra causa – il P. aveva intimato a B.F. la corresponsione di ulteriori 200.000 euro. A L.A. è contestata una tentata estorsione ai danni di un imprenditore edile di Reggio Calabria che si era aggiudicato, la fornitura di calcestruzzo alle ditte appaltatrici dei lavori per il completamento del Palazzo di Giustizia e la realizzazione dell’adiacente parcheggio multipiano, nel quartiere S. Anna di Reggio Calabria [storicamente “controllato” dai LIBRI], nonché il subappalto relativo allo sbancamento ed al conseguente movimento di inerti. L’imprenditore era stato costretto a consegnare – su richiesta di Antonio LIBRI – una percentuale sui guadagni percepiti dai predetti rapporti economici [liquidati in euro 12.000,00 con riferimento alle sole attività di sbancamento].

A L.A. e a B.D. è contestata una tentata estorsione ai danni di un imprenditore reggino che forniva detergenti industriali e prodotti affini a un’impresa impegnata nei lavori di pulizia presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria. I due indagati, forti dell’appartenenza alla cosca LIBRI e paventando eventuali gravi ripercussioni, avevano chiesto alla vittima una “regalia”, ovvero una somma di denaro a titolo estorsivo. L.A. e M.E. sono ritenuti responsabili di un’estorsione perpetrata ai danni di un imprenditore non individuato che veniva costretto, con la prospettazione di implicite ripercussioni, a promettere la consegna di 5.000 Euro – di cui 1.000 venivano consegnati subito – che servivano per pagare l’onorario ai difensori del boss C.F. nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che, in seno al procedimento penale denominato “Teorema Roccaforte”, aveva confermato la misura cautelare nei confronti del C.. Dalle attività tecniche è altresì emerso che l’imprenditore della ristorazione vessato da C. e G.D.S., era stato vittima di un’analoga condotta estorsiva in occasione delle festività natalizie dell’anno precedente [2016] ad opera di L.A. che l’aveva costretto a consegnare una somma imprecisata di denaro da suddividere tra le cosche che esercitano l’influenza criminale nel centro cittadino di Reggio Calabria.

  • D.S.C., soprannominato “l’Occhialino”, è figlio del defunto boss della ‘ndrangheta reggina Paolo Rosario DE STEFANO [classe 43, ucciso in un agguato nel 1985], nonché fratello di G.D.S. [classe 69], attualmente detenuto e di D.D.S. [classe 73], anch’egli detenuto. A seguito della scarcerazione avvenuta nel 2017, è sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria.
  • M.L. [fratello di Alfonso] è un altro storico esponente del clan DE STEFANO. Durante la seconda guerra di mafia – come hanno dichiarato numerosi collaboratori di giustizia – faceva parte del gruppo di fuoco del cartello di ‘ndrangheta DE STEFANO – TEGANO – LIBRI – LATELLA contrapposto a quello dei CONDELLO – IMERTI – SERRAINO – ROSMINI.
  • Condannato all’ergastolo [per un omicidio commesso nel 1989 in piena guerra di mafia. Detenuto presso la Casa Circondariale di Secondigliano [NA], in regime di semilibertà.
  • D.S.G. è figlio naturale dello storico boss P.D.S.. Dal 2017 gli è stato riconosciuto il cognome del padre. Sebbene immune da pregiudizi di polizia, attualmente è da ritenersi il più valido rappresentante delle propaggini operative della cosca DE STEFANO a Milano, dove si è trasferito negli ultimi tempi.
  • L.F.S., nato a Reggio Calabria il 18.06.1966, ivi residente, ritenuto ai vertici dell’omonima consorteria mafiosa [soprannominata “ti mangiu”], operante nella zona sud di Reggio Calabria e segnatamente nei quartieri di Gebbione e Sbarre.
  • A seguito della brutale aggressione – avvenuta nella notte del 20.07.2019 ad opera di alcuni soggetti della comunità rom – l’esercente aveva riportato lesioni personali giudicate guaribili in 30 giorni s.c.
  • P.C. è ritenuto dirigente della cosca TEGANO [nell’ambito del procedimento penale n. 596/11 RGNR DDA cd. Agathos, ha avuto una condanna definitiva per associazione mafiosa e nell’ambito di quello n. 4614/06 RGNR DDA cd. Sistema-Assenzio, una condanna in primo grado per concorrenza illecita, aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa].
  • Destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere convenzionalmente denominate “Teorema Roccaforte” e Libro Nero”.
  • F.B. è stato arrestato in data 31.07.2019 dalla Squadra Mobile in esecuzione dell’ordinanza di applicazione di misure cautelari nr. 5288/2016 R.G.N.R. D.D.A., nr. 70/2019 R.G.G.I.P D.D.A. e nr. 64/2018 R.O.C.C. D.D.A. [Operazione Libro Nero]. successivamente scarcerato, attualmente è libero indagato.

Comunicato Stampa – Questura di Reggio Calabria

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