A che serviva quel governo se oggi paga uno solo? Salvini

di Peppe Giannetto – Dal «giocata di gruppo» del governo Conte1 nell’attribuzione dei successi conseguiti nelle politiche emigratorie, al processo per un solo membro di quel governo, Matteo Salvini.  Ventiquattrore dopo il voto dell’aula di Palazzo Madama sul caso Open Arms, la mente di Salvini, però, non può che tornare allo show anzi all’esibizione a cui ha assistito al Senato e ai funambolismi dei suoi ex compagni di viaggio. Salvini, anzi si leva parecchi sassolini dalla scarpa e lo fa diffondendo un video dell’ex ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, una dichiarazione fatta quando Lega e Cinquestelle erano unitamente e d’accordo al governo. «Io gestisco la parte della sicurezza, della navigazione, fino all’attracco della nave», diceva Toninelli. «Salvini gestisce l’ordine pubblico. Fino a oggi, Salvini insieme al presidente del Consiglio Conte e al sottoscritto abbiamo diminuito di una cifra enorme il numero degli sbarchi, significa che stiamo facendo un buon lavoro di squadra. L’Italia abbandonata dall’Europa su un problema come l’immigrazione torna ad andare avanti a testa alta», illustrava il ministro grillino.

Ancora Salvini, “Sullo sbarramento all’ingresso nei porti italiani della nave Open Arms, «c’era il totale accordo con il presidente del Consiglio. Il divieto di ingresso nelle acque italiane di questa nave spagnola era a firma mia, del ministro dei Trasporti Toninelli e del ministro della Difesa Trenta, tre firme». Se tre indizi fanno una prova, tre firme fanno «la» prova. Era tutto concordato e condiviso. Tutto quello che ho fatto è negli atti e condiviso con l’intero governo. È stata una scelta di tutti, lo sapevamo tutti, eravamo d’accordo tutti, e ne processano uno… Ma per le mie idee e per il mio Paese sono disposto ad andare dritto fino in fondo. Sarà un giorno brutto dal punto di vista del rispetto della legge, perché ci sarà solo un processo politico».

Salvini con questa anamnesi lo ricorda agli ex-alleati e rende onore a Giovanni Tria, non certo un leghista», ma un professore universitario e ministro tecnico e che si è tolto da questo meccanismo della dimenticanza. «La responsabilità ovviamente è collegiale e tirarsene fuori dopo non è elegante» aveva affermato l’ex ministro dell’Economia. «Ringrazio Tria che con onestà intellettuale ha ribadito che la scelta di chiudere i porti fu unitaria. Tra tanti vigliacchi, ci sono per fortuna anche alcune voci libere». Salvini esprime gratitudine per i numerosi italiani che la pensano diversamente di quei politici che lo hanno mandato al processo e ricorda a tutti la portata della nuova ondata migratoria che sta travolgendo le nostre coste. «Record di sbarchi e un luglio drammatico, il dato peggiore degli ultimi tre anni (+400%), con troppi immigrati positivi al Covid in fuga dai centri di accoglienza. E il governo cosa fa, risponde all’emergenza cancellando i Decreti Sicurezza…». Parole dure giungono anche da Alessandro Morelli, ex presidente della commissione Trasporti alla Camera. «La cosa più illogica è pensare che quegli stessi ministri che erano corresponsabili delle scelte sul tema dell’immigrazione clandestina oggi facciano finta di niente. Se non si sono accorti, nei diversi Consigli dei ministri, di quanto stava avvenendo è una colpa grave. Tutti i giornali parlavano in quei giorni delle posizioni di Salvini e nessuno si è mai espresso in maniera pubblica contro quelle posizioni. Anzi, tutti a favore. Ancora una volta si dimostra come il partito della poltrona, quello Pd-M5s, sia molto più forte degli interessi degli italiani».

E poi il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio in un’intervista al Corriere della Sera, esibisce il pugno di ferro, ma solo il giorno dopo del via libera all’autorizzazione a procedere votata dal suo partito i M5S e dal PD, spara ad alzo zero sui migranti molto peggio di come faceva il suo ex collega di governo. Nell’intervista si desume che le idee di Salvini le sta condividendo oggi e anzi fa anche un passino in più. Dice infatti che «noi non dobbiamo pensare a come fermare gli sbarchi, ma a come bloccare le partenze, affondando i barchini e i gommoni utilizzati per le traversate. Si capisce che il problema di Di Maio non sono gli stranieri che arrivano in Italia ma «l’anonimo» che lui stesso ha portato a Palazzo Chigi, regalandogli la poltrona di premier e che ora gli fa ombra. Sì, se c’è un modo di raffigurare il cinismo al potere bisogna ammettere che Renzi, Conte, Di Maio e compagnia bella lo personificano alla perfezione. Insieme sono la miglior immagine del camaleontismo italiano.

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