Operazione “Married”, a 4 mesi dall’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare per tre fratelli, giungono le condanne in I° grado: diversi i reati

Lo scorso 1 Agosto, gli Agenti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gioia Tauro, con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei fratelli S. C. cl.96 e S. R. cl.96, e di arresti domiciliari per S. P. cl.89. Ai tre fratelli S. fu contestato il concorso in diverse fattispecie di reato: danneggiamento aggravato dell’autovettura di proprietà di C. S. (fratello del marito di S. P.) con l’uso di un fucile a canne mozze, spari in luogo pubblico, detenzione illecita di cartucce cal. 12 e calunnia. I fatti contestati nella misura cautelare erano stati commessi a Rosarno il 10 Giugno 2020.

Le indagini erano state avviate in seguito alla denuncia presentata da P. S. per una violenta lite avvenuta con il marito, sorta per ragioni economiche legate all’impiego del denaro di famiglia per l’acquisto, da parte dell’uomo, di sostanza stupefacente. La lite, secondo il racconto della donna, era gravemente degenerata in un’aggressione violenta a seguito della quale la denunciante aveva deciso di lasciare l’abitazione familiare insieme ai figli. Nella circostanza, la donna aveva inoltre denunciato una lunga serie di maltrattamenti: minacce, percosse e lesioni, poste in essere dal marito nel corso della convivenza matrimoniale, e che la donna riconduceva all’inizio della tossicodipendenza che aveva trasformato il coniuge in un soggetto violento e manesco. Le violenze le avevano più volte provocato lesioni ed ecchimosi, ma la Sposato recandosi al pronto soccorso degli ospedali di Gioia Tauro e Polistena per le cure del caso, non aveva mai raccontato la verità, giustificando le sue condizioni come incidenti domestici. La denuncia era apparsa agli operatori come un’accorata e genuina richiesta di aiuto di una donna vittima di violenze e indifesa, ma quanto esposto assunse “connotati del tutto particolari” (come descritti dal G.I.P.) quando, il giorno successivo, a Rosarno, fu danneggiata l’autovettura del cognato della S., il fratello del marito, con un colpo di fucile cal.12 caricato a palla asciutta. Sin dalle prime ricostruzioni investigative fu evidente che il danneggiamento potesse essere ricondotto ad una vera e propria ritorsione messa in atto dai fratelli della S. P., i gemelli R. e C., soggetti peraltro già noti al personale del Commissariato di Gioia Tauro, e la tesi trovò un primo riscontro quando, nella notte dell’11 giugno 2020, gli Agenti della Polizia di Stato rinvennero, occultato tra i cespugli a San Ferdinando, un fucile cal.12 e 7 cartucce dello stesso calibro caricate a palla asciutta. L’arma risultò peraltro essere stata modificata per aumentarne potenzialità e portabilità.

Successivamente la S. P. confessò di essere stata l’ideatrice e l’esecutrice del danneggiamento, riferendo precisi dettagli anche sull’arma utilizzata e ammettendo di aver avuto l’intenzione di uccidere il marito ed il suocero, per vendicarsi delle violenze subite negli anni. L’attività investigativa condotta dal personale del Commissariato di P.S. di Gioia Tauro, coordinato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, consentì di definire quella che era stata la strategia dei fratelli S., che avevano tentato di sviare le indagini per non farsi identificare quali esecutori del grave danneggiamento posto in essere e allo stesso tempo avevano consentito alla sorella di ottenere che il marito temesse per la propria incolumità e lasciasse l’abitazione familiare. Nel prosieguo della indagini, oltre al coinvolgimento dei gemelli R. e C., confermatisi quali esecutori materiali del danneggiamento, era emerso che la sorella Pamela aveva intenzione di utilizzare qualsiasi espediente pur di allontanarsi dal marito e che i fratelli ritenevano avesse una relazione extraconiugale. Da quanto intercettato, C. S. asseriva di voler uccidere l’amante della sorella e, laddove necessario, anche la madre e la sorella di quest’ultimo, ed affermava testualmente “non gli sparerò la macchina ma gli sparerò direttamente la testa”. A distanza di poco più di 4 mesi dal loro arresto, i fratelli S. sono stati condannati in primo grado dal G.U.P. presso il Tribunale di Palmi a seguito di patteggiamento: S. R., a 2 anni e 10 mesi di reclusione, S. C., a 2 anni e 6 mesi di reclusione e S. P. a 2 anni e 4 mesi di reclusione.

Comunicato Stampa Questura di Reggio Calabria

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