La Città Metropolitana ha consegnato un bene confiscato alla Cooperativa Rose Blu di Villa San Giovanni

Sarà un centro per il “Dopo di noi” a sostegno di ragazzi con disabilità

Un’emozionante cerimonia questa mattina alla presenza del sindaco Giuseppe Falcomatà e del Presidente nazionale di Libera Don Luigi Ciotti

La Città Metropolitana di Reggio Calabria ha consegnato questa mattina a Villa San Giovanni un bene confiscato concesso ad uso sociale alla Cooperativa “Rose Blu”, aderente al presidio dell’Associazione antimafia Libera di Villa San Giovanni, intitolato a Giovanni Trecroci, vicesindaco ed assessore ai lavori pubblici nel comune di Villa san Giovanni ucciso nella notte tra il 7 e l’8 febbraio 1990 mentre faceva rientro a casa dopo una riunione del Consiglio comunale.

L’immobile, confiscato definitivamente nel 2013, è stato acquisito dalla Città Metropolitana ed assegnato, con delibera del Sindaco Falcomatà, alla Cooperativa Sociale Rose Blu Onlus di Villa San Giovanni, per la realizzazione del progetto “Dopo di Noi” a favore di bambini e ragazzi con autismo e disabilità. L’immobile sarà interessato da interventi di ristrutturazione importanti effettuati dalla Cooperativa grazie al sostegno della Fondazione con il Sud ed alla raccolta fondi che è stata lanciata attraverso i social da Domenico Barresi, che da anni opera in questo campo.

Alla cerimonia di consegna delle chiavi, insieme al sindaco della Città Metropolitana Giuseppe Falcomatà, era presente il fondatore e presidente di Libera, Associazioni Nomi e Numeri contro le Mafie, Don Luigi Ciotti. Con loro anche il Referente regionale di Libera Don Ennio Stamile e quello cittadino Giuseppe Marino, oltre alla referente del presidio di Villa San Giovanni Laura Barbaro, al Presidente della Cooperativa “Rose Blu” Domenico Barresi, alla Vicesindaca di Villa San Giovanni Maria Grazia Richichi e a Giuseppe Trecroci, figlio del compianto Giovanni, cui è intitolato il presidio villese.

“Una giornata intensa e ricca di emozioni – ha dichiarato il sindaco Falcomatà a margine della cerimonia – la confisca di un bene alla ‘ndrangheta e la successiva riconsegna alla comunità, attraverso una cooperativa che persegue finalità sociali. non sono mai, soprattutto alle nostre latitudini, momenti banali da dare per scontati. Perché testimoniano in maniera fattiva e concreta che è quello che il vero significato della Legge Rognoni Latorre e dell’intera normativa sul riutilizzo sociale dei beni confiscati, oggi confluita nel testo unico antimafia”.

“Ancora di più – ha aggiunto il primo Cittadino – quando tutto ciò avviene all’insegna di un percorso di memoria e di ricordo di figure istituzionali, come è appunto quella di Giovanni Trecroci, di persone prima di tutto, di amministratori e di cittadini, che per seguire un percorso di coerenza hanno pagato con la vita la missione di rappresentare la propria comunità, con spirito di servizio e tenendo sempre la schiena dritta”.

“Oggi consegniamo questo bene confiscato – ha concluso Falcomatà – che ritorna finalmente alla collettività, diventando presidio di socialità e di educazione, perché, esattamente come ha detto anche Don Ciotti, che ringrazio per essere qui, ognuno deve sentirsi parte responsabile di un percorso che è prima di tutto educativo, perché è il modo migliore per affermare la giustizia sul nostro territorio”

Di “schiaffo alla ‘ndrangheta” ha parlato Don Luigi Ciotti, Presidente nazionale di Libera, giunto a Villa San Giovanni per partecipare alla consegna del bene confiscato e successivamente a Reggio Calabria per la consegna delle vetrofanie agli imprenditori reggini della Rete Reggio Libera Reggio. “La confisca – ha dichiarato Don Ciotti – è soprattutto una bonifica culturale e sociale. Restituire un bene alla collettività per usi sociali è uno degli aspetti più importanti del nostro impegno. Dobbiamo sottrarre tutti questi patrimoni frutto di illegalità, di violenza, di traffici e spesso anche di morte, e renderli abitabili, gestibili, funzionanti. Perché rappresentano il potere dei segni contro il potere criminale e mafioso. Questi ragazzi oggi hanno la possibilità di utilizzare un bene confiscato per fare del bene, per accogliere, perché l’accoglienza è la vita che accoglie la vita”.

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