Draghi: “Biden deve chiamare Putin”. Lo farà?!

In aperura del CdM il premier, Mario Draghi, di ritorno dopo la vista negli USA, ha aperto la seduta dichiarando: “Biden deve chiamare Putin”. Finalmente non ci si nasconde più dietro il dito e si individuano nettamente le due controparti, Russia, paese che ha invaso l’Ucraina, e Stati Uniti che muovono la NATO nella difesa del governo Zlensky.

Una guerra che oltre alle prevedibili e drammatiche atrocità sulle prime vittime, il popolo ucraino, sta avendo conseguenze economiche indirette su tutto il mondo. I meno colpiti da questo conflitto sono ovviamente gli USA che seppur da tempo in crisi economica già conclamata non risentiranno di quanto accade nel cuore dell’Europa, anzi tutt’altro.

L’Italia seppure a fasi alterne ed in maniera non proprio diretta sta lavorando per la pace offrendo una discutibile collaborazione militare alla resistenza ucraina  con l’invio di armi e di continenti nei territori di confine con la zona di guerra. Certo non ci si può “smarcare” troppo dalla politica decisa da Biden, forse Draghi, molto criticato dall’opinione pubblica, ha una possibilità di movimento molto ridotta nell’asse con gli alleati, nonostante i premi e le belle parole dell’amministrazione attuale.

Il Capo del Governo italiano ha ribadito la necessità di riavviare i contatti diplomatici per guardare al futuro e propone ancora una volta che l’Europa si esponga come soggetto unico nel valutare quelle che sono le richieste dell’attore principale di questa triste vicenda, l’Ucraina. Zelensky dal canto suo, forte dell’appoggio internazionale, cambia ancora una volta le sue proposte e adesso per trattare vuole il ritiro totale delle forze militari russe dal territorio. La sua richiesta, seppur ampiamente legittima appare però molto inverosimile.

La Russia, in questo momento, ha concentrato le sue operazioni belliche nella zona meridionale dell’Ucraina, zona da cui arriva la maggior parte del neon in scala globale indispensabile per la filiera del mercato tecnologico il cui il primato è conteso tra USA e Cina che però usufruisce di una filiera di produzione autoctona.

Fabrizio Pace

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