Ambiente. Living Planet Report WWF: in 50 anni -69% vertebrati su pianeta

-83% Specie acqua dolce, da 1970 -94% fauna selvatica America Latina e Caraibi

by Dr. Georg Wietschorke from Pixabay

(DIRE) Roma, 13 Ott. – È un calo medio devastante quello subìto dalle popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 in tutto il mondo: le popolazioni di fauna selvatica monitorate dal Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che il WWF lancia oggi a livello globale, sono calate in media del 69%.

Fra le specie di acqua dolce si registra il maggior declino a livello globale: sono calate dell’83%. Bilancio drammatico per fauna selvatica in America Latina e Caraibi, diminuita in media del 94% dal 1970 Il Living Planet Report (LPR) 2022 del WWF evidenzia “le drammatiche prospettive dello stato di salute della natura” e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all’opinione pubblica: “serve subito un’azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità che, insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo, minaccia il benessere delle generazioni attuali e future”.

Con il suo bacino di dati, che comprende quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati, il Living Planet Index (LPI), fornito nel rapporto dalla ZSL (Zoological Society of London), mostra che “nelle regioni tropicali l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati sta crollando a un ritmo particolarmente sconcertante”.

Il WWF è “estremamente preoccupato” per questa tendenza, poiché queste aree geografiche sono tra le più ricche di biodiversità al mondo. In particolare, i dati del LPI rivelano che “tra il 1970 e il 2018 le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi sono diminuite in media del 94%”.   In circa 50 anni, a livello globale “le popolazioni d’acqua dolce monitorate sono diminuite in media dell’83%: si tratta del più grande declino di qualsiasi gruppo di specie”.

La perdita di habitat e le barriere alle rotte migratorie sono responsabili di circa la metà delle minacce alle specie ittiche migratorie monitorate. Fra le popolazioni di specie monitorate nell’LPI ci sono i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, le cui popolazioni sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamiraua, nello stato brasiliano di Amazonas; i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subito un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo tra il 1994 e il 2019; e i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, il cui numero è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019.

Secondo il Living Planet Report “le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l’inquinamento e le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio, e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici; mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa”.

Inoltre a meno che non limitiamo il riscaldamento globale a meno di 2 gradi, o preferibilmente 1,5 gradi, “è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni”, spiega l’associazione del Panda.   Il rapporto sulla salute mondiale del pianeta chiarisce che “non sarà possibile realizzare un futuro nature-positive senza riconoscere e rispettare i diritti, la governance e la leadership nella conservazione dei Popoli Indigeni e delle comunità locali in tutto il mondo”, segnala il WWF.

Il rapporto indica che “aumentando gli sforzi di conservazione e ripristino, producendo e consumando, in particolare il cibo, in modo più sostenibile e decarbonizzando rapidamente e profondamente tutti i settori sarà possibile mitigare la doppia crisi di clima e natura”. Il WWF invita quindi i politici “a impegnarsi per trasformare le economie in modo da dare il giusto valore alle risorse naturali”.

L’edizione di quest’anno del Living Planet Report analizza quasi 32.000 popolazioni di specie, con oltre 838 nuove specie e più di 11.000 nuove popolazioni aggiunte dal precedente rapporto pubblicato nel 2020. Il rapporto fornisce la misura più completa di come le specie rispondono alle pressioni esercitate sul loro ambiente dalla perdita di biodiversità e dai cambiamenti climatici, consentendoci anche di comprendere l’impatto dell’uomo sulla biodiversità.

Il Living Planet Index (LPI) è un indicatore di allarme rapido sullo stato di salute della natura. L’LPI globale del 2022 mostra un declino medio del 69% nelle popolazioni di vertebrati monitorate. La variazione percentuale dell’indice riflette la variazione media proporzionale delle dimensioni delle popolazioni di animali monitorate nell’arco di 48 anni – non il numero di singoli animali persi o il numero di popolazioni perse.

La linea di base del 1970 ha un significato diverso per le varie regioni monitorate. In Europa e in Nord America, le pressioni hanno avuto un impatto sulle specie e sugli habitat per molti decenni prima del 1970; pertanto, anche se il declino in queste regioni è apparentemente meno marcato, ciò non significa che la biodiversità sia più intatta in queste regioni.

nfatti, l’indice di integrità della biodiversità del rapporto mostra che l’Europa è una delle regioni che ottiene i punteggi più bassi per quanto riguarda l’integrità della biodiversità. Al contrario, le regioni tropicali sarebbero partite da una situazione di base più intatta nel 1970, ma da allora hanno subito cambiamenti più rapidi nei loro ecosistemi.

“Ci troviamo di fronte a una doppia emergenza: il cambiamento climatico provocato dall’uomo e la perdita di biodiversità, che minacciano il benessere delle generazioni attuali e future- dice Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale- il WWF è estremamente preoccupato da questi nuovi dati che mostrano un calo devastante delle popolazioni di fauna selvatica, in particolare nelle regioni tropicali che ospitano alcune delle aree più ricche di biodiversità al mondo”.

I leader mondiali si riuniranno a dicembre alla 15ma Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP15), un’occasione unica per correggere la rotta per il bene delle persone e del pianeta. Il WWF chiede ai leader di impegnarsi per un accordo in “stile Parigi” in grado di invertire la perdita di biodiversità per garantire un mondo nature-positive entro il 2030.

“Alla conferenza sulla biodiversità COP15 di dicembre, i leader avranno l’opportunità di reimpostare il nostro rapporto con il mondo naturale e di offrire un futuro più sano e sostenibile per tutti, con un ambizioso accordo sulla biodiversità globale che sia nature-positive- aggiunge Lambertini-. Di fronte all’aggravarsi della crisi della natura, è essenziale che questo accordo preveda un’azione immediata sul campo, anche attraverso la trasformazione dei settori che causano la perdita di natura, e il sostegno finanziario ai Paesi in via di sviluppo”.

“I dati del Living Planet Report sono l’ennesimo, drammatico allarme del pessimo stato di salute della biodiversità globale e confermano che il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell’emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli. Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini quasi nessuno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU (SDGs) potrà essere raggiunto- aggiunge Luciano Di Tizio, presidente del WWF Italia- Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030.

Abbiamo bisogno di trasformare radicalmente la nostra cultura e la nostra società.  In Italia il WWF ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo che il Parlamento che si insedia oggi e il governo che seguirà mettano al centro dell’agenda: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità”. (Com/Ran/Dire) 01:01 13-10-22

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