Alessia Arati, fotomodella e scrittrice: “Con le foto o con la “penna”, l’importante è manifestare la propria identità”

di Sonia Polimeni – Siamo in compagnia di Alessia Arati, fotomodella e scrittrice che ci ha fatto entrare, attraverso questa intervista, nel suo mondo, fatto di foto, libri, ma soprattutto di grande profondità e personalità. Esprimersi senza filtri, è questa la sua mission, facendo trasparire la verità del suo essere.

ph Valerio Di Silvestro

Alessia come è iniziato il tuo percorso di fotomodella e come quello di scrittrice?

È iniziato con un evento non bello, ma decisivo. Decisivo nel ricordare che dobbiamo sempre essere la priorità della nostra vita e mai delegare ad altri/altro il nostro stare bene. Il fuori è un riflesso dell’interno, e se noi ci spostiamo da noi, anche tutto il resto lo farà.

Dobbiamo essere fedeli a noi stessi, secondo le tappe e l’evoluzione che siamo chiamati a compiere. Non c’è un’unica versione di noi, ma svariate, se riusciamo a riconoscerci nel cambiamento, senza averne paura.

Riesci facilmente a coniugare le due attività?

Sì, riesco con facilità, anche perché l’impegno maggiore è sicuramente lo scrivere, che richiede tempi suoi, pause e riprese non programmate, ispirazione non scontata.

Scrivere è cedere per sempre qualcosa di noi, dal punto di vista energetico, umano, e di vita. Non c’è un libro, o uno scritto, uguale ad un altro, come non ci sarà un noi uguale a prima, dopo aver terminato un processo creativo. Di qualsiasi genere.

Qual è l’aspetto piú bello dell’essere fotomodella e quale quello dell’essere scrittrice?

L’aspetto più bello del fare foto è cercare di non fare foto. Di non posare. Sembra un paradosso, ma la foto perfetta è nell’imperfezione del risultato, ma nel perfetto momento dello scatto. La foto deve vincere la staticità e far pensare ad un prima e ad un dopo. Io le chiamo foto in movimento. Non sempre si riesce però.

L’aspetto più bello dello scrivere è quando rileggi qualcosa e ti stupisci di averla scritta tu. E ti dico, cavolo, mi complimento con me. E noi siamo i primi che dobbiamo convincerci, anche perché siamo i giudici più inclementi.

In quali vesti ti senti maggiormente te stessa?

Quando non devo fingere. Non amo la finzione. Anche se devo interpretare o essere qualcuno, in uno scatto, in uno scritto o in altro, devo essere quella persona, non fare finta. La devo sentire. C’è sempre una traccia in noi a cui possiamo attingere.

Di cosa parlano i tuoi libri…”Anima” e “Non volevo la corona”?

Anima è un romanzo corale contemporaneo, parla dell’amicizia, delle aspettative, della voglia di essere e costruire di un gruppo di giovani. E del diritto di amare e essere amati. Nel cuore e nella pulsione dei sensi.

Non volevo la corona” è un ibrido tra il romanzo e il cantautorato, nel senso che ho voluto creare una forma di comunicazione essenziale e immediata, con capitoli brevi e frasi messe in evidenza, per avere la facilità di trasmissione che ha una canzone, che arriva subito e non deve aspettare un finale per scoprire un senso compiuto e nuovi spunti.

Ogni capitolo ha il suo, tanti microcosmi all’ interno del macrocosmo della storia, che è quella di una ragazza che cerca di capire come crescere mantenendo intatto il suo incanto, la sua fantasia e la voglia di credere sempre in ciò che per tanti si spenge o si opacizza con il passaggio del tempo. Lei vuole mantenere vividi i suoi punti di accesso al mondo e a lei.
Social e lavoro, cosa ne pensi?

Sono sincera, se potessi farei a meno dei social. La mia vena artistica si sposa bene con un tipo di ispirazione più riservata e meno esposta, anche perché l’artista di per sé è un’anima inquieta e in disequilibrio, difficile mantenere le regole e la “pulizia” che richiedono i social.

Da un parte però sono utili per accorciare qualche distanza e permettere delle conoscenze. Oltre ad essere un ottimo mercato, se saputi usare.

Impegni imminenti e progetti futuri?

Togliere la pellicola. Lo fai quando raggiungi un riconoscimento e un’identità tale da camminare da sola. Il successo per me è questo.
ph Valerio Di Silvestro

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