
di Sonia Polimeni – Siamo in compagnia di Alessia Arati, fotomodella e scrittrice che ci ha fatto entrare, attraverso questa intervista, nel suo mondo, fatto di foto, libri, ma soprattutto di grande profondità e personalità. Esprimersi senza filtri, è questa la sua mission, facendo trasparire la verità del suo essere.

Alessia come è iniziato il tuo percorso di fotomodella e come quello di scrittrice?
È iniziato con un evento non bello, ma decisivo. Decisivo nel ricordare che dobbiamo sempre essere la priorità della nostra vita e mai delegare ad altri/altro il nostro stare bene. Il fuori è un riflesso dell’interno, e se noi ci spostiamo da noi, anche tutto il resto lo farà.
Dobbiamo essere fedeli a noi stessi, secondo le tappe e l’evoluzione che siamo chiamati a compiere. Non c’è un’unica versione di noi, ma svariate, se riusciamo a riconoscerci nel cambiamento, senza averne paura.
Riesci facilmente a coniugare le due attività?
Sì, riesco con facilità, anche perché l’impegno maggiore è sicuramente lo scrivere, che richiede tempi suoi, pause e riprese non programmate, ispirazione non scontata.
Scrivere è cedere per sempre qualcosa di noi, dal punto di vista energetico, umano, e di vita. Non c’è un libro, o uno scritto, uguale ad un altro, come non ci sarà un noi uguale a prima, dopo aver terminato un processo creativo. Di qualsiasi genere.
Qual è l’aspetto piú bello dell’essere fotomodella e quale quello dell’essere scrittrice?
L’aspetto più bello del fare foto è cercare di non fare foto. Di non posare. Sembra un paradosso, ma la foto perfetta è nell’imperfezione del risultato, ma nel perfetto momento dello scatto. La foto deve vincere la staticità e far pensare ad un prima e ad un dopo. Io le chiamo foto in movimento. Non sempre si riesce però.
L’aspetto più bello dello scrivere è quando rileggi qualcosa e ti stupisci di averla scritta tu. E ti dico, cavolo, mi complimento con me. E noi siamo i primi che dobbiamo convincerci, anche perché siamo i giudici più inclementi.
In quali vesti ti senti maggiormente te stessa?
Quando non devo fingere. Non amo la finzione. Anche se devo interpretare o essere qualcuno, in uno scatto, in uno scritto o in altro, devo essere quella persona, non fare finta. La devo sentire. C’è sempre una traccia in noi a cui possiamo attingere.
“Anima“ è un romanzo corale contemporaneo, parla dell’amicizia, delle aspettative, della voglia di essere e costruire di un gruppo di giovani. E del diritto di amare e essere amati. Nel cuore e nella pulsione dei sensi.
“Non volevo la corona” è un ibrido tra il romanzo e il cantautorato, nel senso che ho voluto creare una forma di comunicazione essenziale e immediata, con capitoli brevi e frasi messe in evidenza, per avere la facilità di trasmissione che ha una canzone, che arriva subito e non deve aspettare un finale per scoprire un senso compiuto e nuovi spunti.
Sono sincera, se potessi farei a meno dei social. La mia vena artistica si sposa bene con un tipo di ispirazione più riservata e meno esposta, anche perché l’artista di per sé è un’anima inquieta e in disequilibrio, difficile mantenere le regole e la “pulizia” che richiedono i social.
Da un parte però sono utili per accorciare qualche distanza e permettere delle conoscenze. Oltre ad essere un ottimo mercato, se saputi usare.
Impegni imminenti e progetti futuri?
