(DIRE) Roma – La Somalia in prima fila per la pace nel mondo. Non un paradosso, dopo decenni di conflitto civile e rischi di attentati e violenze non ancora del tutto superati, ma un impegno concreto. Da affrontare anche con il supporto dell’Italia. A inizio gennaio la Somalia ha assunto il ruolo di membro del Consiglio di sicurezza dell’Onu, per la prima volta da 54 anni e dall’inizio del conflitto civile nel 1991. Con l’agenzia Dire ne parla Pier Mario Daccò Coppi, ambasciatore italiano a Mogadiscio.
In primo piano nella sua riflessione ci sono le opportunità di un progetto di formazione, sviluppato lo scorso anno ma rivolto al futuro. Si tratta del ‘Training and Advisory Programme for the Federal Government of Somalia on UN Security Council Membership’, finanziato dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e organizzato da Unitar insieme con la Fondazione Med-Or. “L’ambasciata saluta con sincero apprezzamento l’ingresso della Somalia nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2025-2026” sottolinea Daccò. “Si tratta di un traguardo molto significativo che offre l’occasione di promuovere il crescente ruolo del Paese nella diplomazia globale attraverso l’attiva condivisione delle responsabilità per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”.
Ancora l’ambasciatore: “Dopo aver offerto nelle scorse settimane un corso specifico di formazione, l’Italia continuerà a garantire consulenza a beneficio di diplomatici e alti funzionari somali che saranno impegnati nelle attività del Consiglio di sicurezza”. A dicembre Daccò è stato ricevuto dal presidente della Somalia, Hassan Sheikh Mohamud. L’occasione per il capo di Stato di ringraziare l’Italia per l’iniziativa di formazione, avviata a Roma a novembre e proseguita il mese successivo a Mogadiscio.
Diplomatici e funzionari somali sono stati aggiornati sulle procedure e le regole di funzionamento del Consiglio di sicurezza e sulle prospettive riguardanti i più importanti temi geopolitici e di politica internazionale. A contribuire al valore dell’iniziativa, come riconosciuto da Mohamud, la professionalità degli organizzatori e la preparazione degli esperti e dei diplomatici che hanno condotto i seminari. Proposto dal presidente della Fondazione Med-Or Marco Minniti e appoggiato dalla Farnesina e dall’ambasciata d’Italia a Mogadiscio, il programma prevede che le attività di formazione e consulenza continuino nella prima parte del 2025 a favore della rappresentanza permanente della Somalia a New York e dei funzionari che a Mogadiscio saranno impegnati nelle attività del Consiglio di sicurezza.
Colonia italiana tra la fine dell’Ottocento e la Seconda guerra mondiale, il Paese era stato membro non permanente dell’organismo Onu per l’ultima volta nel 1971. Al suo fianco ci saranno ora, oltre agli Stati con seggio permanente, Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, altri quattro “neoeletti”: sono Danimarca, Grecia, Pakistan e Panama. Il Consiglio è l’organo esecutivo delle Nazioni Unite ed è responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza a livello globale. Un compito complesso, con conflitti in corso in più continenti, dall’Ucraina al Sudan passando per il Medio Oriente.
E una sfida che per Mogadiscio ha un valore particolare. Lo ha evidenziato in questi giorni anche l’emittente somala Radio Shabelle, secondo la quale l’elezione al Palazzo di vetro che ospita l’ONU rappresenta “un momento cruciale” nel cammino del Paese per il proprio “riconoscimento” e la propria “influenza” a livello internazionale. Secondo il ministro degli Esteri di Mogadiscio, la “Somalia è onorata di assumere il suo posto tra le nazioni incaricate di mantenere la pace e la sicurezza globali”. Radio Shabelle ha ricordato che dal 1971, quando fu membro del Consiglio di sicurezza per l’ultima volta, “il Paese ha affrontato numerose sfide, comprese guerra, carestie e terrorismo, in particolare per via del gruppo armato Al-Shaabab”.
La Somalia ha in effetti anche un fronte interno. Pochi giorni fa l’Onu ha autorizzato il dispiegamento nel Paese di una nuova missione di “supporto e stabilizzazione” dell’Unione Africana, identificata dall’acronimo “Aussom”. A essere coinvolti potranno essere fino a 12.626 militari e funzionari di diverse nazionalità. Tra i compiti principali ci sarà il contrasto ad Al-Shabaab, un gruppo armato di matrice islamista che controlla alcune zone del Paese e continua a rivendicare attentati. Lo scorso anno, ad agosto, quasi 40 persone sono state assassinate e più di 200 ferite quando un commando dell’organizzazione aveva assaltato i bagnanti in una spiaggia di Mogadiscio. (Vig/Dire) 10:01 10-01-25