Il Cammino di Santiago de Compostela raccontato attraverso gli occhi di una Pellegrina

Cammino di Santiago foto di Alessia Corlito

Fin dal cuore del Medioevo, un intreccio di sentieri e percorsi ha segnato l’anima dell’Europa, un richiamo silenzioso che attraeva uomini e donne in cammino verso un unico orizzonte: Santiago de Compostela.

Cattedrale di Santiago de Compostela foto scattata durante il Cammino di Santiago da Alessia Corlito

Il Cammino di Santiago de Compostela affonda le sue radici nel IX secolo, più precisamente tra l’820 e l’830, con il ritrovamento delle spoglie dell’apostolo Giacomo il Maggiore, le quali riposano tutt’oggi nella celebre Cattedrale di Santiago. Cattedrale che, non a caso, nasce proprio come risposta al sacro ritrovamento delle spoglie. È, dunque, questo il momento che ha segnato la trasformazione di questo angolo della Spagna in un faro per i pellegrini di ogni dove, accorsi per visionare le reliquie.

Re e cortigiani furono tra i primi a rispondere a questo richiamo spirituale, inaugurando un’epoca d’oro del Cammino, tra l’XI e il XIII, in cui genti provenienti da ogni angolo del continente – dalla Francia all’Italia e dall’Inghilterra all’Islanda – si riversavano su queste vie per raggiungere la Cattedrale a piedi, a cavallo e persino via mare.

È pertanto facilmente comprensibile il motivo per cui, in virtù del suo intrinseco valore di storia e spiritualità, tutti i sentieri del Cammino hanno ricevuto nel 1993 il sigillo dell’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità.

Oggi, tra i 6 diversi itinerari del Cammino di Santiago, il Cammino Francese continua a pulsare come l’arteria principale di questo antico pellegrinaggio. Si tratta di una via di 800 km da percorrere generalmente in un mese, che collega i Pirenei francesi, con la cittadina di Saint-Jean-Pied-de-Port, alla Cattedrale di Santiago.

È proprio qui, a metà del Cammino Francese, più precisamente nella città di León, che ha inizio il nostro viaggio. Mi chiamo Alessia, ho appena terminato un pellegrinaggio di 315 km a piedi e vi voglio raccontare tutto ciò che, per me, ha reso quest’esperienza tanto speciale.

Prima di raccontarvi le tappe e gli aspetti quotidiani del percorso, ma soprattutto cosa significa camminare circa 30 km al giorno per due settimane, facciamo però un passo indietro e cerchiamo di capire cosa rappresenta veramente il Cammino.

Purtroppo, non esiste una risposta univoca a questo quesito, poiché la decisione di intraprendere una tale impresa è per ognuno strettamente collegata a motivazioni interiori e personali, che siano o meno legate ad origini religiose, tuttavia posso, però, provare ad esprimervi ciò che io ho inteso essere il Cammino.

Vorrei potervi dire che la mia spinta motivatrice sia stata di origine spirituale o profonda, ma in realtà ciò che mi ha portato a voler compiere questa tipologia di viaggio è stata la curiosità. Non fraintendetemi, è chiaro che poi durante il Cammino siano inevitabilmente entranti in campo fattori come l’introspezione e l’interrogazione spirituale, ma il mio moto originale è stata la curiosità di scoprire e vivere in prima persona questo pellegrinaggio che ai giorni nostri rappresenta al contempo quasi una leggenda ed un simbolo.

La curiosità, lo si sa, è probabilmente il motore principale dell’umanità, ma essa è soprattutto ciò che da secoli ha spinto gli uomini a viaggiare, ad esplorare terre sconosciute, a fare esperienza di nuove tradizioni e a conoscere persone nuove; ed io ero davvero curiosa di vivere un viaggio diverso dal solito, un viaggio che non fosse semplice esplorazione ma che potesse rappresentare anche una sfida od uno spunto di riflessione. Difatti, nel corso dei miei successivi tredici giorni di Cammino non ho soltanto visitato nuovi luoghi, assaggiato nuovi piatti o scoperto nuove usanze, ma ho anche conosciuto nuove sfaccettature di me stessa, scoprendo fino a che punto ero capace di  superare determinate sfide fisiche e mentali.

Foto paesaggio di Cammino di Santiago foto di Alessia Corlito

Come vi accennavo prima, però, durante un viaggio del genere, nel quale ti metti in gioco così tanto, ad un certo punto arrivano inevitabilmente dei momenti di introspezione ed auto-riflessione, nei quali il fatto di avere come tuo unico obiettivo il completamento della tappa del giorno, compiendo quei 25-30 km immerso nella natura, ti porta ad immergerti nei tuoi pensieri e ragionare realmente sulle decisioni che devi compiere o su ciò che in quel momento ti preoccupa.

Vi faccio un esempio per rendere più concreto ciò che intendo, pensate di dovervi spostare a piedi da una cittadina ad un’altra, facendo 28 km sotto una pioggia costante (cosa che leggerete effettivamente negli articoli successivi), che inzuppa voi ed il vostro zaino: anche solo per passare il tempo, non vi ritrovereste a scandagliare mentalmente ciò che in quel periodo vi assilla e a pensare “ma se sto riuscendo a fare tutto ciò, davvero non riesco a trovare una soluzione a quel piccolo determinato problema?”? (Naturalmente oltre a interrogarvi sul perché abbiate scelto di essere là invece che sdraiati su un lettino alle Maldive… ma questa è un’altra storia).

Sebbene questo fosse un aspetto a cui ero preparata (perché insomma se non fai introspezione durante il Cammino di Santiago dove altro la potresti fare?), ci sono stati degli altri fenomeni che hanno contraddistinto questo viaggio a cui pochi accennano, ma che in realtà hanno rappresentato dei pilastri portanti della sua tipicità, primo fra tutti la coesione sociale che si viene a generare con gli altri pellegrini.

Effettivamente, prima di partire ero già eccitata all’idea di poter conoscere persone provenienti da tutto il mondo che come me avevano scelto di intraprendere questo viaggio, ma non avevo minimante pensato a quanto un’esperienza fisica di questo tipo potesse far avvicinare individui sconosciuti.

Come forse già sapete, ognuno può scegliere in quale punto iniziare il proprio pellegrinaggio fino a Santiago de Compostela, scegliendo se partire dall’inizio dai Pirenei francesi o se incominciare in tappe successive, come nel mio caso da León. Vi sottolineo ciò per farvi capire che, ad ogni tappa, avete la possibilità di conoscere persone sempre nuove oppure, nel caso di tappe più avanzate, continuare a condividere il percorso con i compagni conosciuti nei giorni precedenti.

Gruppo di Pellegrini nel Cammino di Santiago foto di Alessia Corlito

E così è stato per me. Oltre che con i miei due fedeli compagni di avventure (il mio fidanzato ed il mio zaino), mi sono trovata a condividere questo viaggio ogni giorno con persone diverse, provenienti da tutto il mondo e contraddistinte ognuna da una propria storia personale. Perché se è vero che il fatto di conoscere persone nuove sia un qualcosa che in generale contraddistingue il fenomeno del viaggio, sono soprattutto queste tipologie di avventure che ti spingono davvero a condividere a pieno ciò che sei e ciò che senti con dei perfetti sconosciuti.

Probabilmente a causa dello sforzo fisico condiviso o per passare il tempo nei lunghi momenti di cammino, ho notato, infatti, che mai come questa volta mi sono trovata immersa in un tale scambio di storie da sentirmi quasi parte di un gruppo sociale consolidato già da tempo. Percezione che aumentava mano a mano che avanzavo nelle tappe, poiché inevitabilmente più avanti vai e più ti trovi a condividere sempre più momenti insieme, e che ha raggiunto il suo apice alla fine del viaggio, quando sono arrivata finalmente a Santiago de Compostela.

È stato lì infatti che ho percepito come la sensazione di far parte di una grande famiglia, con persone che molto probabilmente non vedrò mai più nella vita ma che in quel momento condividevano come me un’emozione ed una soddisfazione troppo forti da esprimere a parole.

Anche se difficili da esprimere a parole, nei prossimi articoli (IIa e IIIa parte) cercherò di farvi immergere negli aspetti più concreti e quotidiani di un viaggio del genere, raccontandovi le varie tappe, la preparazione che esse implicano e la meraviglia dei luoghi incontrati sul cammino, oltre che la particolare esperienza di trovarsi in pellegrinaggio durante un Blackout nazionale. Per cui se siete curiosi di conoscere l’evoluzione del Cammino di Santiago o di capire come ci si sente a terminarlo, di sicuro non potete perderveli.

Alessia Corlito

Segnaletica cammino di santiago foto di alessia corlito

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