PIAZZA DEL POPOLO: UNA PARTITA A TRE
Oggi Piazza del Popolo, con la sua storia e la sua posizione centrale nel cuore della città, è al centro di una vera e propria “partita a tre”: lei, la piazza, che cerca di restare se stessa; lui, il mercato, che fatica a sopravvivere; l’altro, il parcheggio, che si adatta – come può – al disordine. Una triangolazione urbana che ricorda certe relazioni sentimentali: complesse, affollate, mai davvero risolte.
Nel frattempo, l’Amministrazione Comunale prende decisioni rapide, spesso in solitaria, presentandole come scelte tecniche inevitabili. Ma, a ben guardare, si tratta spesso di opzioni discutibili.
Il risultato? Uno spazio che invece di integrare, disorienta. Ogni funzione sembra ostacolare l’altra, senza riuscire a convivere armoniosamente. Forse è arrivato il momento di fermarsi. Osservare con attenzione. Capire cosa c’è, cosa manca e – soprattutto – cosa potrebbe esserci.
Non con la presunzione di avere risposte assolute, ma con la volontà di restituire alla piazza un’identità chiara, finalmente libera da quella provvisorietà che oggi la svuota di significato.
LA GENESI DELLA QUERELLE
Tutto ha inizio con la delibera della Giunta Comunale n. 3 del 13 gennaio 2025, che dispone la sospensione temporanea del mercato di Piazza del Popolo fino al 30 giugno dello stesso anno, destinando l’area – nel frattempo – a parcheggio pubblico.
Le motivazioni? Un mix di esigenze tecniche e soluzioni tampone: la necessità di riordinare i mercati, la volontà di “recuperare” lo spazio pubblico e il successo del parcheggio improvvisato in occasione del Capodanno RAI 2024.
Secondo la Giunta, l’obiettivo era “legalizzare” una situazione ormai fuori controllo, in particolare nei giorni di mercato, quando il numero di operatori irregolari risultava elevato. Una diagnosi netta, che tuttavia ha sollevato più interrogativi che risposte concrete.
La delibera ha suscitato critiche immediate e trasversali: dai consiglieri di minoranza, da una parte della stessa maggioranza e da numerosi cittadini che chiedevano semplicemente un ritorno alla normalità. Una piazza che tornasse a essere tale, e un mercato riportato nella sua sede originaria.
Alcuni documenti lasciano intendere che le decisioni siano state influenzate anche dall’Agenzia del Demanio, formalmente proprietaria dell’area in virtù del D.lgs. 159/1944, secondo cui i beni appartenuti al disciolto Partito Nazionale Fascista passano allo Stato. Un dettaglio tutt’altro che irrilevante, se si considera che il Comune, dal 2014, non avrebbe mai versato i canoni per l’utilizzo di quello spazio.
La delibera ha avuto un impatto diretto sugli operatori del mercato, regolarmente autorizzati al commercio su suolo pubblico, i quali hanno deciso di impugnare l’atto ritenendolo illegittimo. Il TAR Calabria – Sezione di Reggio – ha dato loro ragione con la sentenza n. 142 del 13 maggio 2025, stabilendo che la Giunta ha ecceduto le proprie competenze. Secondo la normativa regionale, infatti, il riordino del commercio su area pubblica è di esclusiva competenza del Consiglio Comunale. Di conseguenza, la delibera è stata annullata nella parte relativa alla sospensione del mercato. In risposta, l’Amministrazione ha precisato che la misura, così come la sospensione del mercato, aveva carattere esclusivamente temporaneo.
Ma quella dei commercianti resta, per ora, una vittoria solo sulla carta. Perché nella realtà, nulla è cambiato: il parcheggio è ancora lì, il mercato no. L’improvvisazione continua, tra abusi tollerati e decisioni rimandate.
Anche il 30 giugno 2025 – data limite indicata nella delibera – è arrivato e passato nel silenzio più assoluto. Nessuna proroga ufficiale, nessuna comunicazione pubblica. Solo una scadenza rimasta tale… sulla carta.
Circola voce di una nuova scadenza: il 31 dicembre 2025. Un termine forse indicato in qualche atto mai ufficialmente trasmesso agli uffici tecnici. Una scelta tanto paradossale quanto simbolica considerando che fu proprio il Capodanno RAI 2024 a spingere alla trasformazione della piazza in un parcheggio. E ora, tra brindisi e auguri di buon anno, il mercato potrebbe – almeno in teoria – tornare al suo posto. Una coincidenza ironica, che rende ancora più evidente quanto questa ipotesi appaia oggi lontana dalla realtà.
Il quadro è complesso, ma ciò che manca oggi è una scelta chiara e coraggiosa. È urgente uno strumento progettuale capace di leggere il contesto urbano nella sua realtà concreta, affrontando senza esitazioni le sue esigenze sociali, economiche e ambientali.
Nessuno nega la necessità imprescindibile di contrastare l’abusivismo, ma trasformare una piazza storica in un parcheggio, come soluzione rapida e indolore, è una scelta miope, ancor più in un’epoca in cui le politiche urbane privilegiano la mobilità sostenibile e il riutilizzo consapevole degli spazi pubblici.
Ancora più grave è constatare che, legale o illegale che sia, nessuna decisione sembra produrre effetti concreti. L’impressione è quella di un’Amministrazione che procede senza una strategia chiara, priva di un disegno d’insieme.
Nel frattempo, nulla è stato risolto ma solo spostato altrove. La piazza è rimasta senza mercato. L’abusivismo si è semplicemente adattato al nuovo vuoto lasciato da decisioni incoerenti e temporanee.
UNA RIFLESSIONE NECESSARIA
In questo clima di incertezza e rinvii, vale la pena fermarsi a guardare bene i tre protagonisti di questa storia: la Piazza “abbandonata”, il Mercato “sospeso” e il Parcheggio “provvisorio”.
Ognuno di loro racconta qualcosa della città: il suo passato, le sue contraddizioni e il futuro che potrebbe avere.
La Piazza “abbandonata”
Nella storia delle città, la piazza è sempre stata il cuore pulsante della vita collettiva: spazio civico, religioso, commerciale, militare.
Piazza del Popolo, inaugurata alla fine del 1936, ha incarnato tutte queste funzioni. È stata teatro di raduni, celebrazioni, mercato quotidiano, ma anche centro di fede popolare, grazie alle attività promosse da don Mimmo, storico parroco della vicina chiesa di Santa Lucia.
Progettata dall’architetto Flaminio Demojà, la piazza nasce come elemento a supporto della Caserma “Luigi Razza” e della sede della Federazione dei Fasci di Combattimento, diventando uno dei più significativi esempi di architettura razionalista italiana, oggi tutelato come bene di interesse storico-artistico.
Affacciata su viale Amendola, naturale proseguimento di corso Garibaldi, la piazza si inserisce in un tessuto urbano nato oltre i confini del centro storico, caratterizzato dagli interventi post-terremoto e da un’edilizia popolare ormai riconosciuta per il suo valore storico-documentale.
La posizione strategica la collega ai principali poli istituzionali e culturali: Palazzo Campanella, l’Università Mediterranea, l’Accademia di Belle Arti, la Biblioteca Comunale, il Museo Archeologico. Un nodo vivo, attraversato ancora oggi da antiche tradizioni come la consegna del Quadro della Madonna della Consolazione, patrona della città.
Ma Piazza del Popolo è “monumentale” non solo per il suo valore architettonico, lo è per ciò che rappresenta: memoria, identità, funzione. Anche nel degrado, emergono testimonianze artistiche importanti, come il podio in pietra decorato con rilievi bronzei che raffigurano scene agresti e simboli del potere militare romano.
Nel secondo dopoguerra, la piazza diventa sede di un mercato rionale, principale polo commerciale dell’area nord della città. Un mercato vivo, colorato, fatto di piccoli produttori, agricoltori e artigiani. Col tempo l’attività si espande fuori dai confini originari, occupando anche le strade circostanti, con un’offerta merceologica sempre più eterogenea, dall’abbigliamento ai casalinghi.
E oggi? Che ne sarà della piazza? La domanda è semplice, ma fondamentale. C’è davvero la volontà di restituirla alla città? E, soprattutto, con quale funzione?
In qualsiasi visione amministrativa, una piazza dovrebbe essere il “salotto buono” della città: un luogo in cui storia, architettura, socialità e cultura si intrecciano per dare identità e coesione alla comunità. Eppure, Piazza del Popolo non ha mai beneficiato di un vero intervento di recupero architettonico. Le proposte avanzate negli anni sono rimaste lettera morta, probabilmente a causa del nodo irrisolto sulla proprietà demaniale dell’area.
Oggi necessita un intervento di restauro e risanamento conservativo, accompagnato da soluzioni flessibili, in grado di ospitare usi compatibili e sostenibili. Ma servono anche chiarezza e trasparenza. Basta con i termini ambigui come l’abusato restyling, serve un disciplinare chiaro, che impedisca interpretazioni arbitrarie o di comodo.
Parte del progetto dovrebbe prevedere la rimozione di uno dei simboli più evidenti di abbandono urbano: la struttura incompiuta della cosiddetta “Casa della Cultura”, frutto di un obsoleto progetto dei Contratti di Quartiere del 1999, mai portato a termine.
Al suo posto, potrebbero nascere servizi a supporto del mercato: logistica, sicurezza, igiene. Uno spazio attrezzato, a misura di operatore e cittadino. Da qui potrebbe svilupparsi un modello concreto di legalità urbana, senza rinunciare alla vocazione originaria della piazza.
È evidente che, nelle condizioni in cui si era ridotto, il mercato non fosse più sostenibile. Tuttavia, se ripensato, regolamentato e dotato di servizi adeguati, con percorsi ordinati e spazi dedicati alla ristorazione e alla socialità, potrebbe trasformarsi in un nuovo punto di forza della città. Un elemento fondamentale per costruire un ambiente urbano più giusto, accogliente e in sintonia con la propria storia.
Il Mercatino “sospeso”
Colpisce che, in una città con una solida tradizione di fiere e mercati, il Mercatino storico di Reggio Calabria si trovi oggi in una situazione di profonda incertezza.
Il tanto atteso Piano di Riordino dei mercati rappresenta uno strumento strategico indispensabile, capace di garantire la tutela e la valorizzazione di questi luoghi, preservandone l’identità storica e promuovendone al contempo una nuova vitalità sociale ed economica.
Nel corso degli anni, numerosi mercati storici, un tempo fulcro della vita cittadina, hanno lentamente chiuso i battenti, lasciando un vuoto sociale e culturale nelle comunità, come è accaduto per quelli di Piazza Mercato e Piazza Orange. Oggi, resiste soltanto il mercato di Piazza Carmine, animato la domenica dai produttori Coldiretti con i loro caratteristici box colorati. A questa offerta si aggiungono il più recente mercato di via Botteghelle, attivo solo il venerdì mattina, e alcune piccole realtà rionali che operano in modo saltuario.
Il quadro si completa con due mercati “critici”: il mercato ittico, inaugurato nel luglio scorso dopo dieci anni di stallo burocratico, ma praticamente inaccessibile al pubblico poiché collocato in area portuale chiusa al transito; e il mercato coperto “Girasole”, ormai ridotto a un ecomostro, simbolo del fallimento delle politiche di riqualificazione.
A questo scenario già fragile si aggiungono altri progetti mai decollati: l’ex Fiera Agrumaria di Pentimele, destinata a diventare Centro Polivalente dopo anni di abbandono, e la nuova Fiera di Arghillà, progettata dallo Studio Gregotti ma poi “definanziata” dall’Amministrazione Comunale, nonostante l’approvazione del progetto esecutivo, perché ritenuta “non essenziale”.
Tutti segnali di una disattenzione strutturale, che rende urgente una riflessione seria e coordinata sul tema dei mercati cittadini, affinché possano ritrovare quella dignità e centralità che da sempre li rendono luoghi vitali del tessuto urbano.
È vero, oggi molti ambulanti operano in condizioni di abusivismo, ma è altrettanto vero che il numero di operatori regolari continua a diminuire, scoraggiati da degrado, abbandono e assenza di una gestione pubblica efficiente.
Nonostante tutto, il mercato di Piazza del Popolo conserva un potenziale straordinario. Potrebbe diventare il fiore all’occhiello della città, uno spazio vivo, inclusivo, capace di attrarre cittadini e turisti. Un luogo multifunzionale che, a partire dalle 15:00, potrebbe trasformarsi in palcoscenico per concerti, attività sportive all’aperto e manifestazioni culturali — eventi che oggi si svolgono prevalentemente sul lungomare, con tutti i disagi che ciò comporta per la viabilità cittadina.
Il valore culturale e turistico dei mercati è riconosciuto a livello internazionale, basti pensare al Mercado da Ribeira di Lisbona, alla Boqueria di Barcellona, al Pazari i Ri di Tirana, al Gran Bazar di Istanbul o al celebre mercato palermitano de ‘A Vucciria, reso immortale da Renato Guttuso.
Senza pretendere paragoni ambiziosi, basterebbe poco per restituire dignità al nostro mercatino: renderlo ordinato, regolato, accogliente. E farlo tornare attrattivo anche per nuovi operatori, pronti a investirvi tempo, idee e fiducia.
Il Parcheggio “temporaneo”
Nel dibattito sul parcheggio in Piazza del Popolo, e in particolare sulla sospensione del mercato motivata dall’esigenza di “aumentare la disponibilità di posti auto”, è inevitabile percepire una certa forzatura. Diciamolo chiaramente: una piazza non è nata per ospitare automobili. La piazza, per sua natura, è uno spazio aperto, pensato per l’incontro, la socialità e la vita urbana. Un luogo che appartiene alle persone, non alle vetture. Questa visione — profondamente radicata nel nostro immaginario collettivo — continua a essere al centro delle politiche urbanistiche di molte città italiane, che scelgono di restituire centralità agli spazi pubblici e alla qualità della vita.
Destinare le piazze a parcheggi è una storia vecchia, già vista. Negli anni ’60 e ’70, in molte città italiane, le piazze erano diventate snodi di traffico congestionato, invase da automobili, smog, clacson e caos. Da allora, però, è partita una rivoluzione: la riscoperta delle piazze come spazi dedicati esclusivamente alle persone.
Un cambiamento lento, ma inarrestabile. In molte città italiane, le piazze sono state progressivamente restituite ai cittadini. A Napoli, per esempio, Piazza del Plebiscito è stata pedonalizzata già nel 1994. A Milano, lo stesso processo ha interessato Piazza del Duomo, Corso Vittorio Emanuele e le aree attorno al Castello Sforzesco. A Roma, il Colosseo è stato chiuso al traffico nel 1980, seguito da Piazza di Spagna nel 1981. Lo stesso è accaduto a Torino, con Piazza San Carlo, e a Bologna, con Piazza Maggiore.
Queste scelte, oggi scontate, all’epoca erano tutt’altro che ovvie, e mentre oggi molte città si muovono verso la pedonalizzazione — basti pensare a Messina — Reggio Calabria sembra voler tornare indietro, intrappolata in una sorta di nostalgia urbana che ignora tutto ciò che abbiamo imparato negli ultimi decenni.
Il parcheggio “provvisorio” non è affatto un parcheggio a norma: manca un progetto, non esiste una regolamentazione, né alcuna segnaletica che garantisca sicurezza. Esiste solo una delibera che “autorizza” un uso improprio e irregolare di uno spazio pubblico.
L’accesso carrabile è unico, privo di uscite alternative, senza percorsi dedicati ai disabili, senza controlli né strutture adeguate.
Di fatto, la piazza è stata trasformata in un parcheggio libero e incustodito, in palese violazione di ogni norma tecnica e di sicurezza, come se bastasse un comunicato per rendere tutto legittimo. Eppure, regole e parametri esistono. Non ci si improvvisa.
Va ricordato, inoltre, che un progetto per la realizzazione di un “parcheggio interrato” a Piazza del Popolo giace da tempo nei cassetti dell’Amministrazione, senza mai essere stato avviato. Allo stesso modo, restano bloccate da anni altre aree potenzialmente utilizzabili, come il tratto finale di Viale Annunziata e via Rausei, abbandonate al degrado dei loro cantieri aperti e dimenticati.
Sembra che in questa città le piazze, i mercati e i parcheggi rappresentino sempre un problema irrisolto, i progetti non avanzano, le soluzioni alternative non vengono sviluppate, e alla fine si ricorre alla scorciatoia più semplice per “risolvere” tutto.
SULL’INCLUSIONE ECONOMICA E SOCIALE
Ultimo, ma non meno importante, è il tema dell’inclusione sociale.
Accoglienza, lavoro, welfare: servono politiche chiare e strutturate per affrontare queste sfide in modo efficace. È fondamentale capire quali azioni concrete verranno adottate per favorire l’integrazione di chi oggi vive ai margini, spesso in condizioni di irregolarità. Molti degli ambulanti “abusivi”, infatti, sono cittadini extracomunitari, con famiglie da mantenere, che cercano una possibilità di sopravvivenza e dignità.
È lecito chiedersi se sia stata presa in considerazione una forma di regolarizzazione o di inclusione che consenta loro di uscire dall’illegalità. Un punto cruciale, soprattutto per prevenire derive pericolose, tanto per chi vive in queste condizioni quanto per la collettività.
L’integrazione economica, sociale e culturale dei migranti non può prescindere dal riconoscimento del divario crescente tra la narrazione politica – spesso strumentale – e la realtà vissuta nei territori. In questo processo, le comunità locali giocano un ruolo chiave nella promozione della legalità, della coesione sociale e della sicurezza.
IL VUOTO DELLA POLITICA: UN GRIDO SILENZIOSO CHE NON POSSIAMO PIÙ IGNORARE
Il vero problema è davanti ai nostri occhi: manca una visione chiara, manca un progetto concreto per la nostra città. L’assenza di idee e di una pianificazione lungimirante trasforma il presente in un viaggio senza meta, in un’incertezza che pesa su tutti noi.
Così, la piazza più grande di Reggio Calabria — cuore pulsante di vita, di scambio e di comunità — rischia di svuotarsi del suo significato più profondo. Da luogo di incontri e socialità, si sta trasformando in un semplice spazio di passaggio, in una sosta precaria, in un abbandono silenzioso.
Ma una piazza non può e non deve ridursi a un parcheggio. La piazza è il teatro della vita cittadina, il luogo in cui la città si racconta, si riconosce e si rinnova. Se vogliamo davvero rispondere ai bisogni di chi vive, lavora e sogna questa città, l’Amministrazione deve superare i rimedi temporanei e porsi all’altezza della sfida. Deve saper immaginare il futuro con coraggio, visione e senso di responsabilità.
Solo così potremo restituire dignità e anima agli spazi che appartengono a tutti noi, perché la città è fatta di persone, di relazioni e di storie da vivere ogni giorno.
comunicato stampa