Tre ore e ventidue minuti di battaglia, di sudore, di nervi tesi e di cuore. Jasmine Paolini firma una delle imprese più significative della sua stagione, superando in rimonta Belinda Bencic al WTA 500 di Ningbo con il punteggio di 5-7, 7-5, 6-3. Una vittoria che vale oro: l’azzurra vola in semifinale e si issa al settimo posto nella Race WTA, avvicinandosi concretamente al sogno delle Finals.
Il match è stato una sinfonia di tensione e ribaltamenti. Paolini parte bene, strappando subito il servizio a zero, ma Bencic risponde con la sua consueta aggressività da fondo campo. Dal 3-3 in poi, il primo set si trasforma in una girandola di break, con l’elvetica più cinica nel momento decisivo: l’undicesimo game, dove Jasmine cede il servizio alla quarta palla break. Il set si chiude dopo quasi un’ora, con Bencic avanti.
Nel secondo parziale, la trama si ripete ma con un finale diverso. Bencic ottiene il primo break, Paolini reagisce con un controbreak in un game da 22 punti e cinque palle break. Si lotta su ogni palla, ma è nei momenti cruciali che Jasmine mostra la sua tempra: sotto 4-5, annulla il servizio dell’avversaria a zero, poi tiene il proprio turno dopo 20 punti e sei palle break cancellate. Il set è suo, dopo un’ora e mezza di autentica resistenza.
Nel terzo set, la fatica si fa sentire. Il ritmo cala, le gambe pesano, ma la mente di Paolini resta lucida. Bencic chiede un medical time-out per un problema al bicipite femorale della coscia destra, e al rientro subisce il break che cambia tutto. Jasmine non si volta più indietro: gestisce il vantaggio con maturità e chiude il match con la forza di chi sa che ogni punto può valere una stagione.
Questa vittoria non è solo una semifinale conquistata: è il manifesto della crescita di Paolini, della sua capacità di restare aggrappata al match anche quando il gioco non brilla. È la dimostrazione che il tennis non è solo talento, ma anche tenacia, visione, resistenza. Jasmine Paolini oggi non ha solo vinto: ha convinto. E il sogno delle WTA Finals, ora, non è più un miraggio.
Bart Zag