Turchia, presidente Erdogan: uguaglianza uomini-donne contro natura. Come definisce l’Islam il loro ruolo è essere madri

Appaiono davvero troppo anacronistiche, oltreché fuori luogo, le parole pronunciate dal presidpresidente turcoente turco Erdogan intervenuto al vertice internazionale “Donne e giustizia”, organizzato a Istanbul dalla Women and Democracy Association, durante il quale ha teorizzato sulla differenza dei diritti tra uomini e donne. “Considerare uomo e donna sullo stesso piano è contro natura, i due generi sono diversi per indole e costituzione fisica: le donne devono fare le madri”, avrebbe asserito il presidente continuando a ribadire: “Non si possono mettere sullo stesso piano una donna incinta e un uomo”, esortando le mamme turche ad avere “almeno tre figli” e condannando l’aborto come “un omicidio”. Ma il leader turco ha anche attaccato le “femministe”, colpevoli secondo lui di “rifiutare il concetto di maternità”, citando come esempio la religione per avvalorare le sue tesi: “L’Islam ha definito il ruolo delle donne: essere madri. Ed è un concetto che non è possibile spiegare alle femministe”. Citando Maometto, poi Erdogan ha ribadito che “il paradiso si colloca ai piedi delle madri” e commosso ha aggiunto: “Vorrei baciare i piedi di mia madre perché profumano di paradiso”. Le posizioni intransigenti, per molti affini ad una idea di reislamizzazione del paese, sono state più volte fortemente criticate da numerose attiviste, tra cui la deputata del partito Repubblicano Aylin Nazliaka che ha accusato il presidente di continuare ad ” ostracizzare ” le donne: “Quello di Erdogan è un discorso che incita pubblicamente all’odio”. Verrebbe allora da chiedersi se ci sia un motivo ed un nesso di consequenzialità se nel Global gender gap report 2013, stilato dal World economic forum, che aveva preso in considerazione la parità di genere in 136 nazioni, la Turchia si era aggiudicata il centoventesimo posto, annoverando tassi di violenza domestica dieci volte superiore rispetto a quella registrata in altri Paesi europei. La pubblicità di certi generi di categorizzazioni culturali già imperanti nell’ambiente sociale possono dunque avere impatti allarmanti e soprattutto pericolosi per tutti.

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About the Author: Giulio Borbotti