Viaggio tra i segreti nascosti nelle profonde acque dello Stretto

turano foto 2di Gabriella Lax

Per raccontare unicità e peculiarità dello Stretto di fronte alle coste calabresi ci vuole l’occhio esperto di chi vive e ama il mare. Francesco Turano, fotografo, conoscitore ed esploratore dei segreti degli abissi. “Amo il mare – spiega nella sua presentazione – da quando ho messo per la prima volta la maschera e inizio a fotografare sott’acqua, in Mediterraneo, nel 1984. Dopo aver sperimentato tecniche varie nell’uso delle attrezzature e fatto pratica per diventare in parte pesce e muovermi per scattare agevolmente nell’elemento liquido, allargo i miei orizzonti all’inizio degli anni novanta, collaborando con riviste (Oasis, Bell’Italia, Aqua e altre), scrivendo testi e fornendo foto per libri ed enciclopedie, oltre a partecipare ad alcuni concorsi fotografici di prestigio. La partecipazione ai concorsi si attenua nel tempo, nonostante gli ottimi piazzamenti ottenuti, per il sopraggiungere di nuovi ideali, che mi vedono impegnato sempre di più nella difesa del mare e nella divulgazione della conoscenza del Mediterraneo”.

Si può dire che questo tratto di costa sia “unico”?

“Sì, un’unicità data da tanti motivi. Il mare che bagna la città è una parte importante dello Stretto di Messina. Qui i fondali son subito profondi e lambiti da forti correnti. Il dinamismo delle acque genera la vita e tutela l’habitat costiero proteggendolo dall’inquinamento. Ma la pesca eccessiva, la speculazione edilizia a ridosso della costa e gli scarichi urbani non depurati (ormai da anni vige qui il divieto di balneazione) sono ormai responsabili di un degrado sempre più spinto, e i cittadini non sembrano avere consapevolezza di tutto ciò! Peccato ignorare che il mare di Reggio Calabria era tra i più ricchi dell’intero Mediterraneo, è ancora in grado di riprendersi forse, ma non può più essere ne ignorato ne maltrattato”.

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Che caratteristiche ha che lo rendono “particolare”?

“Sicuramente quelle geografiche e biologiche. Geograficamente siamo in un’area con peculiarità incredibili: lo Stretto di Reggio è un imbuto che convoglia l’acqua del mare tra due sponde. Jonio e Tirreno si mescolano creando forti turbolenze e innescando un trasporto di nutrienti che rendono rigogliosa la biodiversità. La biologia delle specie che vivono su questi fondali è anch’essa anomala e ci sono specie difficili da trovare altrove. Ma si assiste anche a una crescita più rapida di molti invertebrati e pesci, purtroppo bloccata da continue pressioni dell’uomo, principale responsabile del depauperamento e completamente ignorante su molti aspetti vitali di questo mare straordinario”.

Ci racconta quali “bellezze” ha imparato a conoscere in questa parte del mare reggino?

“La bellezza non è solo quel qualcosa a disposizione di chi si immerge e ha il privilegio di sbirciare nel mondo sommerso. La bellezza è anche ricchezza, un patrimonio a disposizione dell’uomo… gratis! Peccato non rendersene conto, ma già tutto ciò è difficile sulla terra, figuriamoci sotto la superficie del mare che tutto nasconde. Il mare che ho visto cambiare sotto i miei occhi di fotografo subacqueo negli ultimi trent’anni è un mare che non teme confronti con nessun’altro. Qui le sabbie sono densamente popolate dai pesci e dagli invertebrati più strani e ciò che altrove è raro qui diventa comune, quel che in altre aree del Mediterraneo cresce in cinque anni qui cresce in un anno. Pensate che, nonostante tutto, i fondali del lido di Reggio sono ancora un pullulare di vita. Son rimasti pochi pesci, questo è vero, ma quei pochi si difendono e c’è ancora un ecosistema degno di questo nome. E a rappresentare gli ecosistemi costieri c’è il cavalluccio marino, simbolo della città dello Stretto!”.

C’è molto rammarico per il fatto che, a fronte della ricchezza dei fondali, dall’esterno ci sono inquinamento e divieti di balneazione a fare da contraltare.

“Molto, troppo rammarico. Non si può… lasciar morire il mare della città, privando i cittadini anche della balneazione, è un reato contro l’umanità. Ha dell’incredibile. Ma tutto ciò accade, e non solo a Reggio. Il mondo intero è ormai vittima di se stesso. Ma ognuno, nel suo piccolo, potrebbe iniziare a fare qualcosa. Reggio Calabria non sa che perdendo il suo mare perde il suo vero volto”.

Cosa si potrebbe fare per valorizzare il panorama marino?

“Il mondo sommerso andrebbe valorizzato attraverso la diffusione della conoscenza. Educazione ambientale innanzi tutto. Non c’è altra via. Solo la conoscenza può salvarci. Ma il sistema e la burocrazia continuano a impedire che si possa lavorare in questa direzione. Altra cosa molto importante sarebbe rendere fruibili le coste antistanti il lungomare della città, attrezzandole in modo corretto, anziché abbandonarle a se stesse e dandogli vita solo d’estate con dei locali allestiti per la stagione. Al momento è impossibile persino trasportare attrezzature per l’immersione o per qualsiasi altra attività legata all’acqua in riva al mare; parcheggi, aree di sosta e accessi sono studiati in modo da garantire solo una tranquilla passeggiata a piedi. Ma volendo praticare una qualsiasi attività tutto diventa difficile e, sovente, si è costretti a rinunciare!”. (foto dal sito www.francescoturano.it)

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