In Italia 533mila stranieri ‘irregolari’, Sip: Garantire cure

La Placa: Fragilità genitori senza permesso si ripercuote su salute ragazzi (DIRE-Notiziario settimanale Minori e Pediatria) Roma, 12 Lug. – Stimare quanti bambini migranti in Italia siano figli di genitori senza permesso di soggiorno è difficilmente rilevabile. La fondazione Ismu ha recentemente confermato che si tratterebbe di 533mila irregolari. “Le nostre norme sul sistema di accoglienza condizionano tanti aspetti della vita di queste persone, a noi preme garantire il diritto e l’accesso ai servizi a tutti, in particolare ai bambini in base al principio del superiore interesse che la convenzione di New York ci raccomanda di perseguire in ogni circostanza di fronte a un minore”. A dirlo è Simona La Placa, segretario del Gruppo di lavoro per il bambino migrante della Società italiana di pediatria (Sip), sempre a lavoro nel revisionare le ultime indicazioni e raccomandazioni utili a tutelare la salute dei bambini migranti, anche in funzione della tipologia di minori che nel corso degli oltre 25 anni di attività sono arrivati in Italia. “L’anno scorso abbiamo partecipato alla stesura delle linee guida nazionali, ‘la frontiera dei controlli’- ricorda La Placa- che rappresentano tutte le indicazioni e raccomandazioni basate sull’evidenza scientifica”. L’obiettivo non è solo “di garantire la salute delle persone che arrivano, ma fornire tutte quelle prove ed evidenze necessarie affinchè il sistema di accoglienza sia standardizzato e uniforme su tutto il territorio nazionale. A noi interessa assicurare il diritto alla salute di tutti in un’ottica di inclusione all’interno del servizio sanitario nazionale”. Grazie all’accordo Stato-Regioni del 2012 e ai Livelli essenziali di assistenza del 2017 “tutti i bambini accedono al servizio sanitario nazionale e possono iscriversi al pediatra di libera scelta indipendentemente dallo status giuridico dei genitori- precisa La Placa- anche di quelli senza permesso di soggiorno. Dico ‘possono’- fa sapere la pediatra- perchè non sempre si riesce a mettere in atto questa procedura in tutti i territori. Abbiamo sottoscritto una lettera indirizzata al ministro della Salute in riferimento alla legge 132/2018, ravvisando che uno dei rischi che possono conseguire al famoso decreto Sicurezza sulla salute dei singoli e della collettività avviene nel momento in cui la norma riduce la possibilità di accesso alle cure. Un genitore che perde il permesso di soggiorno per motivi umanitari cade certamente in una condizione di precarietà, marginalità, che rischia di avere ripercussioni sulla salute dei figli. Questi, anche se in possesso di un diritto, rischiano di non poterne usufruire perchè sappiamo che la gestione e’ in mano ai genitori. Un genitore senza permesso di soggiorno è certamente più vulnerabile- ripete La Placa- e questa fragilità si riversa sui bambini che si accompagnano ai loro parenti”. La condizione di povertà e precarietà in cui le famiglie si ritrovano non riguarda solo la salute. “Tanti sono gli aspetti che condizionano la vita dei minori in termini di benessere fisico-psichico e sociale. Molti di loro sono nati in Italia, frequentano le nostre scuole, è una popolazione che sta crescendo ma i numeri sono assolutamente gestibili con adeguate politiche di accoglienza”, assicura l’esperta. Compiuti i quattordici anni “i minori stranieri non accompagnati in Italia sono richiedenti asilo, quindi hanno ottenuto una protezione umanitaria o un permesso di soggiorno per minore età. La questione rimane aperta ovviamente in funzione delle nuove norme sulla protezione umanitaria. Ci preme sottolineare- aggiunge- l’importanza dell’accesso continuativo alle cure per garantire una presa in carico del minore, e non si tratta di un problema di salute o di natura infettivologica. Purtroppo il sistema di accoglienza non è sempre adeguato alle esigenze e alle necessita’ di una popolazione di eta’ compresa tra i 16 e i 18 anni. Vanno assolutamente implementati i percorsi di accoglienza, di integrazione scolastica e lavorativa per permettere a queste persone di proseguire il loro progetto migratorio e di portarlo avanti nel miglior modo possibile. C’e’ un’estrema vulnerabilità rispetto alle esperienze vissute in viaggio, ad esempio durante la permanenza in Libia, che li rende particolarmente fragili e a rischio di cadere nei circuiti di tratta- conclude La Placa- e di sfruttamento lavorativo”. (Red/ Dire) 08:23 12-07-19

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