Reggio Calabria, Operazione Cassa Continua. Arrestati dai Carabinieri soggetti della cosca di ‘Ndrangheta Labate

Dediti a estorsioni, detenzioni di armi da guerra, comuni da sparo e clandestine e trasferimento fraudolento di valori

Nella mattinata odierna, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari e contestuale decreto di sequestro preventivo nei confronti di 6 persone (4 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), nonché una misura interdittiva personale (sospensione per mesi 12 dall’esercizio di pubblico ufficiale o servizio) e una misura di sequestro preventivo delle quote di partecipazione e di tutti gli elementi presenti nel patrimonio aziendale riguardante una impresa di onoranze funebri denominata “Croce Amaranto” con sede in Reggio Calabria. Le misure emesse dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria, Dott. Antonino Foti, su richiesta della competente Direzione Distrettuale Antimafia, Sostituti Procuratori Dott. Diego Capece Minutolo e Dott. Stefano Musolino, nei confronti dei sottonotati individui:

T.P., reggino 67enne, (in carcere); F.P., reggino 50enne, (in carcere); L.A., reggino 64enne, (in carcere); T.F., reggino 41enne, (in carcere); L.M., nato a Lodi 44enne, (arresti domiciliari); L.V., reggino 31enne, (arresti domiciliari);

M. A., reggina 66enne, dipendente del Comune di Reggio Calabria (misura interdittiva della sospensione per mesi 12 dall’esercizio di pubblico ufficiale o servizio). L’attività d’indagine, condotta dalla Compagnia di Reggio Calabria, a partire dal 2017, scaturisce dall’arresto di F.T. avvenuto il 16 giugno del 2017, a seguito del rinvenimento di armi d’assalto, anche da guerra e relativo munizionamento. Nella circostanza veniva avviata un’attività di intercettazione di utenze telefoniche, ambientali ed acquisizione di atti hanno consentito di accertare la riconducibilità di quelle armi ad un più ampio gruppo di persone storicamente inserite nella “cosca Labate” conosciuta anche con il nome di “Ti Mangiu” che ha il controllo della zona Gebbione nella città di Reggio Calabria. Gli elementi di indagine racchiudono ed attualizzano le risultanze investigative anche di altre inchieste, quali “BUMMA”, “ROCCAFORTE” ed “ETERNA”, e delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

Nello specifico, dalle attività di indagine sono emersi e contestati i seguenti fatti reato:

  • associazione di tipo mafioso per avere stabilmente fatto parte della struttura organizzativa visibile dell’associazione di tipo mafioso ed armata denominata ‘Ndrangheta, presente ed operante sul territorio nazionale e all’estero, costituita da numerosi locali, articolata in tre mandamenti, con organo di vertice collegiale denominato “Provincia”, ed in particolare della sua articolazione territoriale denominata cosca “LABATE” (“Ti Mangiu”) in prevalenza operante nel quartiere Gebbione del Comune di Reggio Calabria e nelle aree limitrofe, avvalendosi della forza di intimidazione scaturente dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà nel citato territorio, per commettere una serie indeterminata di delitti; in particolare, mediante i seguenti ruoli qualificati:

T.P., in qualità di promotore, dirigente ed organizzatore dell’associazione, svolgeva compiti direttivi ed organizzativi; dava indicazioni operative agli altri associati; L.A., in qualità di partecipe dell’associazione e di stretto collaboratore di P.T., coadiuvava questi nei compiti direttivi ed organizzativi; dava indicazioni operative agli altri associati; T.F., in qualità di partecipe e collaboratore di P. T. e di A. L., eseguiva le direttive di costoro; F. P., in qualità di partecipe e collaboratore di P. T., F. T. e A. L.I, eseguiva le direttive di costoro; Inoltre a T. P. viene contestato il reato di:

  • estorsione aggravata perché, sottintendendo e prospettando azioni ritorsive in caso di mancato accoglimento della richiesta, costringeva un imprenditore (un familiare di A.R., compagna di F.C., reggente della cosca L., entrambi già condannati rispettivamente ad anni 13 e mesi 4 e 20 anni di reclusione dal GUP di Reggio Calabria il 11.06.2019 per operazione THEOREMA-ROCCAFORTE) ad assumere e retribuire una donna non meglio identificata, tale estorsione cristallizza con evidenza il ruolo di primo piano che P.T., già nell’anno 2014, rivestiva all’interno della “cosca LABATE”, al punto da potere sottoporre ad estorsione – in nome della stessa congrega – un esercizio commerciale riconducile a F. C., reggente della predetta “cosca LIBRI”, ed essere da questi riconosciuto quale referente della organizzazione criminale operante a Gebbione. Reato commesso a Reggio Calabria il 25.11.2014;
  • detenzione illegale di arma comune da sparo, una pistola di calibro e marca non precisata, reato commesso a Reggio Calabria in data anteriore e prossima al 16.06.2017;
  • tentata estorsione aggravata, in concorso con F.P., poiché compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere un imprenditore operante nel settore delle onoranze funebri, a corrispondere a P.T. una rata mensile per estinguere un debito di 20.000,00 euro contratto con un fornitore comune di casse funebri; evento che non si verificava per il rifiuto della persona offesa che denunciava l’accaduto. In particolare: F.P. si recava presso l’agenzia di onoranze funebri gestita dal predetto imprenditore, intimandogli di recarsi presso l’agenzia di onoranze funebri di P.T. in quanto questi voleva parlargli; alla presenza del fornitore comune, T. P. chiedeva all’imprenditore di versare una rata mensile di 500 euro fino all’estinzione del suddetto debito di 20.000 euro; alla scadenza del termine per il pagamento della prima rata, F.P. di recava nuovamente presso l’agenzia di onoranze funebri concorrente minacciando gravi ritorsioni per la sua attività commerciale laddove non avesse pagato al T. la somma richiesta, proferendo l’espressione “vedi che ha detto Pietro che, se non vai e gli porti i soldi, viene e ti prende l’ufficio a martellate!”; fatti a cui seguiva – a distanza di circa 20 giorni – l’incendio dell’agenzia di onoranze funebri concorrente, ad opera di ignoti che facevano esplodere un bidone colmo di liquido infiammabile. Reato commesso a Reggio Calabria, fino all’8 dicembre 2012;
  • illecita concorrenza aggravata perché, in concorso con F.P., T.P. quale titolare di fatto della ditta di onoranze funebri avente denominazione “C.G.”, F.P. quale persona di fiducia alle dipendenze del T., compivano atti di concorrenza con minaccia ai danni di altro imprenditore concorrente. Reato commesso a Reggio Calabria, fino all’8 dicembre 2012;
  • detenzione illegale di arma e munizioni da guerra, aggravata da modalità mafiose, perché, in concorso con L.A. e con F.T. (nei cui confronti si è proceduto separatamente), illegalmente detenevano arma e munizioni da guerra: pistola mitragliatrice a funzionamento automatico, con due caricatori; proiettili cal. 9 x 21; proiettili cal. 7.62 NATO; Reato commesso a Reggio Calabria il 16.06.2017;
  • detenzione illegale di armi comuni da sparo, aggravata da modalità mafiose, in concorso con L. A. e con F. T. (nei cui confronti si è proceduto separatamente), illegalmente detenevano armi comuni da sparo: un fucile carabina cal. 22; un fucile carabina. Reato commesso a Reggio Calabria il 16.06.2017;
  • detenzione illegale di armi clandestine, aggravata da modalità mafiose, in concorso perché, in concorso con L. A. e con F. T. (nei cui confronti si è proceduto separatamente), illegalmente detenevano un fucile mitragliatore d’assalto, avente matricola abrasa e relativo caricatore; pistola mitragliatrice a funzionamento automatico, con due caricatori;
  • ricettazione aggravata da modalità mafiose perché, in concorso con L. A. e con F. T. (nei cui confronti si è proceduto separatamente), al fine di trarne profitto per sé o per altri, acquistavano o comunque ricevevano le armi sopra descritte, provento di delitto in quanto clandestine o, comunque, non commercializzabili. Reato commesso a Reggio Calabria il 16.06.2017;
  • trasferimento fraudolento di valori, aggravato da modalità mafiose perché, in concorso con F. P., L. A., T. F. e L. V., attribuivano fittiziamente dapprima a F. T. e dopo a V. L. la titolarità della impresa di onoranze funebre di seguito indicata, occultando l’effettiva titolarità in capo a P. T. e A. L., soci di fatto e finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale, nonché dissimulando la percezione da parte degli stessi degli utili provenienti dalla conseguente attività economiche e dall’incremento di valore dell’azienda; in particolare: attribuivano fittiziamente a F. T. la titolarità della ditta di onoranze funebri avente denominazione “C. G.” (attiva dal 22 gennaio 2004 al 26 ottobre 2017), destinataria di informativa interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 13 ottobre 2017; successivamente, in data 17 ottobre 2017, attribuivano fittiziamente a V. L. la titolarità della predetta ditta di onoranze funebri, mutata in “C. A.”, trasferendo alla stessa il complessivo patrimonio aziendale della precedente ditta “C. G.” di F. T.. Con la partecipazione di P. F., il quale si occupava del disbrigo di tutte le pratiche amministrative per l’apertura della ditta “croce Amaranto” di V. L. così da non esporre i reali titolari, manteneva i rapporti con i dipendenti del Comune di Reggio Calabria per ottenere informazioni riservate in ordine al buon esito della procedura, pianificava con P. T. e A. L. quali accortezze adottare per sviare le indagini ed eludere i controlli di P.G., nonché provvedeva a tutte le incombenze necessarie per occultare la reale titolarità. Reato commesso a Reggio Calabria, accertato fino al 13 ottobre 2017;
  • trasferimento fraudolento di valori, aggravato da modalità mafiose perché, in concorso con altro indagato, attribuiva fittiziamente ad altro indagato la titolarità della ditta individuale attiva come “bar e sala giochi” (ove aveva sede il circolo ricreativo denominato “R. di C.”, di cui P. T. era socio fondatore), occultando l’effettiva proprietà di P. T., titolare effettivo e finanziatore dell’iniziativa imprenditoriale, nonché dissimulando la percezione da parte dello stesso degli utili provenienti dalla conseguente attività economica e dall’incremento di valore dell’azienda. Reato commesso a Reggio Calabria, il 02 luglio 2012 (data di inizio dell’attività);

Inoltre a T. F., figlio di P., viene contestato il reato di:

  • detenzione, in concorso con L. M., di sostanza stupefacente ai fini di spaccio perché deteneva al fine di vendita un quantitativo non precisato di sostanza stupefacente del tipo cocaina. Reato commesso a Reggio Calabria, il 16 giugno 2017;

Inoltre, a M. A., viene contestato il reato di:

  • rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, aggravato dalle modalità mafiose, perché in concorso materiale e morale con altro indagato, rivelavano a P. T. notizie segrete che A. M., nella qualità di dipendente del Comune di Reggio Calabria, aveva appreso nell’esercizio delle sue funzioni; in particolare, essendo a conoscenza della reale titolarità della ditta di onoranze funebri “C. G.”, si recavano presso la relativa sede e informavano P. T. – ovvero soggetto non legittimato a ricevere la notizia e in violazione delle normative di settore – che la Prefettura di Reggio Calabria aveva emesso poche ore prima l’informativa interdittiva antimafia nei confronti della ditta di F. T. (al quale veniva regolarmente notificata in data 30 novembre 2017 presso la Casa Circondariale di Arghillà); contestualmente, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio della pendenza della procedura amministrativa per l’apertura della ditta “C. A.” di V. L., avvertivano P. T. del concreto pericolo di controlli sulla reale titolarità della predetta ditta “C. A.” e conseguentemente dell’emissione di analogo provvedimento interdittivo, suggerendogli di adottare le dovute cautele. Reato commesso a Reggio Calabria il 13 ottobre 2017;

Di particolare interesse sono le risultanze emerse su P. T. e la descrizione della pericolosità dello stesso che discende anche dai contatti privilegiati che lo stesso ha vantato di possedere, nel momento in cui ha dichiarato che tale “Nino” aveva proposto al predetto P. la somma di 500 milioni di lire per corrompere un giudice in servizio all’epoca presso il Distretto giudiziario di Reggio Calabria.

Infine, illuminante è il gesto compiuto dalla dipendente del comune di Reggio Calabria la quale non appena apprendeva la notizia della emissione da parte della Prefettura della informativa interdittiva antimafia nei confronti della ditta “C. G.”, si recava immediatamente da T. P. a riferire quanto appreso. Benché la M. non fosse legata al T. da alcun vincolo di parentela o amicizia, la donna si precipitava per comunicargli quanto appreso nell’esercizio delle sue funzioni. Come si avrà modo di costatare, la conversazione era caratterizzata da un evidente senso di soggezione della donna e del marito, i quali si scusavano finanche con il T. per il disturbo arrecatogli. Da ciò si evince il riconoscimento di un ruolo di primo piano nella gerarchia criminale del quartiere ove la stessa M. abitava nei confronti di T. P.. Similmente può affermarsi in relazione alla vicenda relativa ad un ingegnere, il quale, in cambio della protezione mafiosa garantita da P. T. in merito alla problematica insorta con un suo cliente, si metteva a disposizione per il rilascio di autorizzazioni amministrative per l’imminente apertura della ditta “C. G.”, non essendo ben chiaro se detto contributo consistesse nella predisposizione di elaborati tecnici o in altri tipi di agevolazione. Ciò che maggiormente colpisce della vicenda è l’assoggettamento di un professionista che, sentitosi ingiustamente minacciato, piuttosto che denunciare il fatto alle competenti autorità, preferiva rivolgersi a P. T., conscio della forza intimidatrice che lo stesso avrebbe esercitato sul predetto cliente. A sua volta, il T. adottava la più tradizionale forma di espressione del carisma criminale, facendo sentire l’ingegnere un suo protetto e, al tempo stesso, in debito per l’attenzione ricevuta.

 

comunicato stampa  –  Carabinieri di Reggio Calabria

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