Con Pubble l’Imbannabile, il political correct va finalmente a farsi “strabenedire” !

Oggi siamo in compagnia di Pubble l'”Imbannabile”, le sue vignette e adesso i suoi video stanno spopolando in rete nonostante spesso siano in contrasto con la voce dominante sul mainstream.  Imbannabile perchè le cose che dice, i fatti che racconta sono sempre provati o meglio a prova di “ban”!  Da qualche anno a questa parte “imperversa” on line con le sue analisi e le sue  battaglie contro il political correct! Sono moltissimi i video di Pubble, presenti su diversi canali social,  ed intrattengono un pubblico di followers sempre più vasto talvolta anche in modo irriverente. Gli argomenti sono raccontati con la voce ed il volto di Paola…

Come e dove nasce il progetto Pubble? Ce ne vuoi parlare?

P) Il progetto Pubble nasce un po’ per gioco un po’ per esigenza, all’incirca 3 anni e mezzo fa. E’ stata la passione per il disegno a fare incontrare me e il mio compagno, coautore di Pubble e a dare vita a questa necessità di esprimerci sulla politica e sulla società. Quando abbiamo cominciato non avevamo grandi ambizioni, volevamo solo divertirci.
Progressivamente il progetto Pubble è cresciuto e questo in qualche modo ci ha responsabilizzato. Abbiamo, col tempo, capito che potevamo creare uno spazio libero, che diventasse rappresentativo di tante voci silenziose. Abbiamo cominciato a fare sempre più sul serio, abbiamo cominciato a immergerci nelle migliaia di commenti e racconti di vita delle persone che ci seguono. Siamo molto grati.

Quali sono le difficoltà ad andare contro quello che è il racconto dominante nel mainstream?

P) Beh, ci sono due livelli di difficoltà. In realtà, uno interno e uno esterno. Come dire, non andiamo contro il mainstream per partito preso, andiamo contro il mainstream perchè portiamo avanti delle idee. Quindi la difficoltà personale o interna non esiste, è una difficoltà molto bassa, perché quando diciamo qualcosa è perchè ci crediamo e non siamo in lotta con noi stessi, o con l’opinione altrui.
Il livello esterno è invece molto differente. C’è uno scontro costante con la libertà di espressione, c’è una costante limitazione nella diffusione di certi contenuti, il rischio di censura e chiusura è dietro l’angolo e questo tipo di pressione esterna è complicatissima da gestire. In primis perchè è un atteggiamento volto a scoraggiare. C’è un tentativo di portarti a mollare, cosa che già non ti permette di stare “rilassato”.
E poi c’è la lotta quotidiana al cercare di far uscire fuori una realtà che viene soffocata spesso da insulti gratuiti. Questo per noi è molto divertente in realtà, ma per chiunque volesse iniziare un percorso del genere, deve sapere che tanto la risata e la satira devono essere usati per colpire i nervi scoperti, tanto bisogna essere in grado di essere altrettanto ironici quando si viene colpiti. Perchè si viene colpiti è molto. Insomma se si deve ballare si balla.

Trattare la comunicazione con una vignetta a mio avviso è molto più difficile che scrivere un pezzo giornalistico. Ma disegnare ha dalla sua il vantaggio che ognuno, capendone il significato generale, può poi interpretarlo in base alla sua sensibilità, Pubble dove trae l’ispirazione quando disegna? Quali sono i suoi bersagli preferiti…se ci sono?

P) ehehe in realtà l’ispirazione viene dalle notizie. La rassegna stampa che viene condotta nel progetto Pubble è fondamentale per organizzare mentalmente la vignetta giusta. A volte c’è il problema che la realtà possa essere più comica è più centrata della satira. Di questi tempi accade spesso. Non abbiamo personaggi preferiti, perché Pubble ha un’ anima un po’ stronzetta e misantropa, per cui non gli frega niente di nessuno nello specifico.
Quindi non prende volontariamente di mira per particolari antipatie. Ci sono però chiaramente personaggi più ricorrenti di altri perchè ne combinano moltissime. E’ quasi involontaria la presa di mira di alcuni personaggi. Poi con qualcuno è estremamente facile infierire.

Qual’è la vignetta più difficile che hai dovuto fare sino al momento? E perchè?

P) Guarda ti dirò nessuna vignetta è stata particolarmente difficile. Intendo emotivamente difficile. Ci sono state vignette che dopo pubblicate ci siamo detti “-mamma mia abbiamo esagerato” ma ci passa subito, perché siamo un po’ così. Non c’è stata mai una vignetta che ho rimpianto, mai una vignetta in cui non credevo, mai una vignetta di cui mi sono pentita.

Nell’era dei socialnetwork i tuoi video sono pungenti ed il significato molto facile da capire. Quanto lavoro c’è dietro?

P) Grazie per queste tue parole, i video sono diventati una componente molto importante del progetto. C’è un lavoro consistente dietro. Non tanto sulla comunicazione, perchè quella mi viene estremamente spontanea. Quando ho scelto archeologia all’università ho avuto la fortuna di incontrare docenti meravigliosi nel mio percorso che spiegavano la storia e l’archeologia esattamente come io la racconto. Ricorderò sempre le parole del mio professore che diceva “imparate a memoria trame complicatissime delle serie tv e non riuscite a ricordare la storia“.
Quindi aveva capito che il metodo di rendere quelle informazioni indelebili nell’ascoltatore era raccontarle senza grandi dati, senza approccio didascalico che rischia di giocare brutti scherzi alla memoria, ma come racconti di personaggi, con emozioni, idee sensazioni. La sceneggiatura di una seri tv. Io provo a riproporlo allo stesso modo. Certo ascoltare il mio prof. è tutta un’altra storia, altro livello proprio. Però mi piace pensare che questa sia un’informazione trasmissibile a chi ha la sensibilità di coglierla, e la voglia soprattutto.
La comunicazione quindi mi è stata insegnata così e così la riporto. Il grosso del lavoro è sullo studio, perché di studiare non si finisce mai, e sulla realizzazione pratica, registrazione, montaggio e tutto. Insomma ci impegna, al tempo stesso ci diverte, e al tempo stesso ci fa sentire che stiamo provando a fare la nostra parte.

Non credi che rispetto alla guerra in Ucraina o Operazione Militare Speciale ci sia tanta confusione e disinformazione generata ad arte? Chiamiamola anche propaganda…

P) Non è una questione di crederlo o meno. La propaganda fa parte della guerra di ogni guerra. Chi crede il contrario non conosce la storia, o è in malafede. E’ evidente che esista la propaganda nell’informazione. E la gente è confusa semplicemente perchè quella che abbiamo non può definirsi informazione. Noi negli anni abbiamo assistito alla decadenza del giornalismo, stiamo forse raggiungendo dei punti di bassezza mai visti.
Il factchecking, il tentativo di ridicolizzare qualunque sia l’interlocutore che non risponde al diktat, il recente intervento del Copasir lo dimostra benissimo. Questa non è informazione è faida social, sembra di avere costante,ente a che fare con dei quattordicenni che usano i social da quattordicenni. Mentre invece questi si autodefiniscono “professionisti dell’informazione”. Ci si vanta di non invitare la controparte nelle trasmissioni e questa grave impostazione, viene celebrata come un atteggiamento di difesa della l’ubertà di pensiero. Ma come può esserlo? Come si fa a dire che si è liberi nella stampa e nell’informazione se viene impedito di parlare. è semplicemente folle. Quindi certo che esiste la propaganda.

L’Italia viene data al 58° posto in quanto a libertà di stampa. In che modo Pubble giudicherebbe il mondo dell’informazione italiano? Perchè secondo te c’è questa disfunzione nella nostra democrazia che si definisce evoluta?

P) Ecco forse con la risposta di prima ho anticipato un po’ la risposta a questa domanda. Quello che ho notato nel racconto di guerra che si sta facendo è che c’è un forte etnocentrismo occidentale. La convinzione di essere i migliori di fare tutto meglio degli altri, quando è in realtà facciamo le stesse identiche cose di quelli che critichiamo. Ridicolizziamo, diffamiamo, distruggiamo nell’immagine chiunque dica qualcosa di contrario. Questo atteggiamento è ipocrita. L’Occidente e l’Europa hanno grossissime responsabilità in questa guerra, in quello che ha fatto e in quello che non ha fatto.
Non vedo perchè queste cose non si debbano analizzare. Non vedo perchè non dovremmo fare autoanalisi. Mi sfugge in che modo questo possa essere considerato pericoloso, offensivo, o disinformativo. La disfunzione a cui ti riferisci può essere legata a tantissimi fattori, dall’utilizzo dei social, come finzione di libertà di espressione, alla natura stessa dell’Occidente che nella storia ha sempre alternato periodi aurei a decadenza, quindi c’è l’ha nel dna. Una cosa è certa il momento che stiamo attraversando è davvero difficile.
Il mio consiglio è sempre l’informazione comparata e la ricerca della propria idea, senza seguire quello che dice il leader di partito preferito, o l’ influencer che ci piace. Io dico sempre a chi mi segue dovete dubitare anche di quello che vi dico io. Se vi faccio un video non prendete per oro colato le mie parole, andate a fare ricerche, informatevi siate curiosi, smentitemi anche. Sarebbe già un grande esercizio per uscire dal torpore del periodo, dove concepiamo l’informazione come un qualcosa che venga dall’alto e che non parta anche da noi.

Che cosa c’è da aspettarsi per il futuro da Pubble l’Imbannabile?

P) A questa domanda non so rispondere. Il futuro di Pubble non ha un obiettivo specifico che non sia l’esprimersi. Quindi non abbiamo percorsi o tappe da fare. Chissà…per ora ci dovrete sopportare così! Eheheh!
Fabrizio Pace

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About the Author: Fabrizio Pace

Fabrizio Pace è giornalista e direttore del quotidiano d’Approfondimento on line www.IlMetropolitano.it e dell’allegato magazine di tecnologia e scienza www.Youfuture.it.