Economia Politica. Duplice valenza della moneta

Continuiamo ad occuparci della moneta. Dunque, la moneta ha una duplice valenza: è lo strumento necessario per l’acquisto di altri beni; è una merce come tutte le altre. Vediamo di approfondire questi concetti. La moneta è il mezzo di scambio necessario per acquistare altri beni. Ognuno di noi, quando va a fare la spesa, o va in centro a fare shopping, insomma, in tutte quelle situazioni in cui un individuo voglia entrare in possesso di un oggetto, occorre utilizzare la moneta in corso legale di circolazione. Attualmente, come tutti sappiamo, noi utilizziamo l’Euro, che è entrato nelle nostre tasche gli ultimi giorni del 2001 ed ha avuto corso legale dal 1° Marzo 2002, dopo due mesi di doppia circolazione. Il modo con cui i consumatori possono disporre di moneta è da mettere in relazione con le attività lavorative di ciascuno. I lavoratori dipendenti ricevono salari e profitti; gli imprenditori percepiscono il profitto; i proprietari di appartamenti percepiscono l’affitto; i capitalisti percepiscono l’interesse corrisposto dalle banche; e così via. In questi ultimi anni vi è stato un progressivo aumento dell’uso di sistemi di pagamento alternativi, di tecnologia avanzata: alle carte di credito, che già esistevano, si sono affiancati i vari tipi di bancomat e di bancoposta, che consentono di uscire di casa senza moneta reale in tasca ma con una grande potenzialità di spesa. L’uso della moneta per acquisti, quindi, determina il consumo. È evidente che il consumo è funzione del reddito disponibile, vale a dire che all’aumentare del reddito aumentano i consumi di un soggetto.

Vediamo, invece, di approfondire l’altra visione della moneta, considerata come merce. Per renderci conto di ciò, dovremmo rispondere innanzitutto a questa domanda: chi sono i soggetti economici che desiderano acquistare moneta come merce? La risposta è abbastanza ovvia: sono gli imprenditori. Per iniziare, ma anche, in seguito, per svolgere un’attività economica, insomma gestire un’azienda, non è indispensabile possedere per intero il capitale necessario. Le banche stanno lì apposta, per mettere a disposizione di un imprenditore la moneta necessaria per lo svolgimento dell’attività economica. Il più tipico contratto che una banca stipula con un imprenditore è il contratto di fido, che il Codice Civile identifica, all’articolo 1842, con la denominazione di “apertura di credito”. Questo è un contratto stipulato tra la banca e il cliente, con il quale la prima si obbliga a rendere disponibile una somma di denaro per un periodo di tempo stabilito o a tempo indeterminato. La sua funzione è creare una disponibilità finanziaria a favore di un soggetto. Questo contratto soddisfa l’esigenza di chi non abbia bisogno immediato delle somme, ma intenda utilizzarle secondo bisogni finanziari nascenti nel tempo. Il cliente e’ tenuto alla provvigione come corrispettivo per la disponibilità delle somme, agli interessi sulle somme utilizzate concretamente, oltre che al rimborso delle spese. La normale movimentazione delle somme relative al fido avviene attraverso l’apertura di un conto corrente, che prevede il rilascio del comunissimo libretto di assegni. L’imprenditore, dunque, è tenuto al rimborso delle somme prestate ed al pagamento degli interessi. Come dicevamo la scorsa settimana, il tasso di interesse, dunque, si configura come il vero prezzo della moneta. E, come sappiamo, il prezzo di un bene è determinato dalla sua domanda e dalla sua offerta. Così, l’imprenditore sarà invogliato a domandare moneta al sistema bancario in occasione di tassi d’interesse in discesa, mentre sarà più restio in caso di tassi d’interesse in salita. La manovra del tasso d’interesse, quindi, diventa una vera e propria manovra di politica economica, perché può fare espandere o contrarre gli investimenti. La prossima settimana vedremo di fare un po’ di storia del governo internazionale delle monete.

Prof. Giuseppe Cantarella

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