Riforma del Senato: l’iter “continua” tra…minacce e rallentamenti

Che la riforma del Senato sia impantanata ormai è un dato di fatto. Come lo è anche lo stato di confusione che serpeggia non solo in casa PD ma anche a livello politico in generale. Il testo di riforma è stato trattato e ritrattato più volta in commissione Affari costituzionali ma non mancano voci contrarie ed oppositori non contenti delle modifiche apportate negli ultimi mesi. Appare, tuttavia, certo (salvo sorprese) l’appoggio di Forza Italia alla coalizione di Governo guidata da Matteo Renzi. Ma all’interno del PD, come anticipato, non sono pochi i mal di pancia. La riforma dettata dal DDL Boschi, al momento attuale, sancirà il superamento del bicameralismo perfetto, pertanto il Senato, che non dovrà più votare la fiducia al Governo, svolgerà una limitata funzione legislativa, essendo questa prevista solo per riforme e leggi costituzionali, leggi elettorali degli enti locali e ratifiche dei trattati internazionali. Avrà un’importante funzione consultiva e di proposta. In base al nuovo testo, inoltre, il Senato sarà eventualmente composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 “cittadini” nominati dal presidente della Repubblica, scelti con gli stessi criteri già previsti per i senatori a vita. Per ciò che concerne le immunità, i senatori che andranno a comporre il “nuovo” senato godranno delle stesse tutele dei deputati. Questi sono i principali aspetti di una riforma che, tuttavia, presenta alcuni nodi da scogliere e questioni da risolvere, fatte valere soprattutto dai cosiddetti “dissidenti” interni al Pd, in merito ad alcuni emendamenti.

E nel mezzo della bagarre politica è finito anche lo stesso Presidente del Senato, Pietro Grasso, che, trovandosi di fronte a 920 richieste di voto segreto sugli emendamenti nella seduta di aula di ieri, è stato persino di accusato di dare, con il suo atteggiamento, un contributo al rallentamento dell’iter della riforma, giacché dinanzi alle contrastanti posizioni di PD, SeL, M5S, si è riservato la possibilità di decidere di volta in volta. Questo ha finito col diventare un forte e preoccupante motivo di attrito proprio tra Grasso e Zanda, capogruppo del Partito Democratico al Senato della Repubblica. E sa, da un lato, Matteo Renzi si dice parzialmente disponibile a far slittare il voto finale sulla riforma del Senato a settembre, ma solo con garanzie certe, ovvero senza brutte sorprese, perché altrimenti si torna al voto anche senza riforma del Senato e della legge elettorale, dall’altro, il cuperliano D’Attore ritiene che minacciare le elezioni e, quindi, tornare alle urne non convenga innanzitutto proprio all’attuale Presidente del Consiglio. Tuttavia Reanzi ha chiarito che eventuali sorprese conseguenza del voto segreto saranno sicuramente corrette alla camera. I tempi comunque minacciano di essere lunghi, molto più lunghi di quanto Matteo Renzi avesse previsto. E se pensiamo che la sorte della riforma del Senato è legata alla riforma elettorale, il quadro generale non sembra essere dei migliori. Il rischio di brutte sorprese è quantomai all’orizzonte.

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About the Author: Luigi Iacopino