Renzi: austerità o crescita?

Tutto, o quasi, ruota intorno alla crescita. In una sola parola si concentra il futuro del nostro Paese. Ma, considerando le acque in cui navighiamo, è molto difficile non solo capire qual è e dove si trova il porto che vogliamo raggiungere, ma anche e soprattutto mantenere la rotta durante la tempesta. E la tempesta non accenna a placarsi. Le condizioni di una navigazione, cosi come le condizioni di una qualsivoglia crescita economica, devono essere favorite non solo dalla bravura di colui che è chiamato a condurre la barca, e quindi il Paese, ma anche da diversi altri fattori, sia interni che esterni. Pensiamo, pertanto, all’equipaggio, e quindi alla cosiddetta squadra di Governo, nonché a tutti gli strumenti necessari come radar, bussola, strumentazione di bordo, scandaglio, sistema di guida, e quindi, alla maggioranza di Governo, alle commissioni, ai tavoli tecnici, alle linee guida, ai decreti, alle leggi, alle riforme. Quest’ultimo punto è molto importante, ma deve anche essere chiarito perché, se è vero che l’Italia ha bisogno di riforme, è altrettanto vero che ha bisogno di quelle giuste per raggiungere certi obiettivi, primo tra tutti la crescita, e non riforme tanto per il gusto di riformare. Il rischio, per nulla trascurabile, infatti, è di generare una situazione peggiore. Tanto per intenderci, una barca condotta male, anziché raggiungere il porto prestabilito, può infrangersi contro uno scoglio o, ancora peggio, può affondare.

Tra i fattori interni, inoltre, possiamo annoverare, da un lato, il debito, prigione dannata all’interno della quale è costretto il popolo italiano, e, dall’altro, le immense risorse – umane, ambientali, paesaggistiche, culturali, e cosi via – di cui gode il nostro Paese, ma che, oggi, vengono quasi considerate come un peccato o, per meglio dire, un peso troppo opprimente da sostenere e col quale non ci si riesce a confrontare in modo razionale. Poi ci sono i fattori esterni, rappresentati soprattutto dai condizionamenti che provengono da istituzioni che sembrano distanti ma che, in realtà, sono vicinissime a noi. Senza scomodare il complottismo alimentato da strane (si fa per dire) entità come il gruppo Bilderberg, la commissione trilaterale e banche potenti ed influenti come la Goldman Sachs, possiamo ricordare il Fondo monetario internazionale, la Commissione europea e la Banca centrale europea, che insieme formano la cosiddetta Troika. Anche le istituzioni europee, in assenza di un autentico spirito europeo ed europeista, in effetti oggi vengono avvertite come entità esterne e, tutto sommato, negative

È cosi, quindi, che, travolto dall’inarrestabile vortice delle varie riforme che sono (o sarebbero) in discussione – come quelle della pubblica amministrazione, del fisco, della giustizia che ricomprende sia l’ambito penale che quello civile oltre che la responsibilità civile dei magistrati, e quella del lavoro – il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, deve fare i conti con numerosi aspetti che, volente o nolente, sfuggono o finiscono con lo sfuggire dalla sua volontà. Debito pubblico a parte, tra questi il più decisivo è sicuramente l’austerity, parola tanto odiosa quanto intollerabile, sinonimo di una politica europea che non è attenta alle esigenze dei popoli europei, pur sempre nell’ottica della stabilità e dell’ordine sociale, ma solo a far quadrare i conti, per lo più della grande speculazione privata internazionale, considerando come è strutturato il sistema monetario e bancario europeo. Quali sono i pesci da prendere non è chiaro a nessuno o, almeno, non lo è seguendo il percorso politico-economico che l’Italia ha deciso di intraprendere diversi anni fa, lasciando il popolo italiano in balia degli eventi e trascurando ogni soluzione alternativa. Evidentemente i condizionamenti esterni sono ben più forti delle volontà (o presunte tali) interne. Prova ne è il fatto che, sebbene Renzi di tanto in tanto si lasci andare a puerili posizioni anti-tedesche (politiche tedesche, s’intende) proprio in tema di austerity, nulla faccia sul piano della concretezza e del cambiamento a livello europeo. E, non ci stancheremo mai di ripeterlo, Renzi in questo momento è il Presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, e lo sarà ancora per i successivi tre mesi.

Riforme discutibili e slogan, dunque, è tutto quello che resta, come il costante riferimento a quanto si è verificato (e continua a verificarsi) negli Stati uniti. “Nel derby tra austerity e crescita l’Italia sta con la crescita – ha, intatti, tuonato l’ex Sindaco di Firenze – L’austerity è un terribile errore per l’Europa, l’America ci ha insegnato della crescita”. E, in quest’ottica, l’attuale segretario del Pd individua anche il primo obiettivo da conseguire: “Il primo obiettivo – ha chiarito – è cambiare il mercato del lavoro perché è focalizzato sul passato e quindi ci sono troppi disoccupati”. Sembra di sentire quotidianamente la stesso concetto, sebbene la cantilena cambi. “Abbiamo bisogno di voi – aveva dichiarato Renzi circa due mesi fa, rivolgendosi agli esponenti del partito socialista spagnolo – per un’Europa diversa che si occupi più delle famiglie e del lavoro e meno di burocrati e banche, che parli al cuore delle persone e non solo alle slide dei tecnici, che recuperi la bellezza della politica e non solo il rigore dell’austerità».E ancora, poco prima, in occasione del g7: “L’obiettivo del governo italiano è sottolineare che una certa politica basata sul rigore e sull’austerity abbia mostrato il proprio limite. E che si sia chiusa quella pagina lì. E mi pare che si sia aperta una pagina nuova “. Davvero? A noi, come all’intero popolo italiano, non sembra affatto. Evidentemente il (non eletto) Premier deve aver vissuto in un’altra dimensione in questi mesi, probabilmente la dimensione creata dalle sue personalissime ed inarrivabili convinzioni.

Credo ci sia ben poco da aggiungere. Il tempo stringe, caro Matteo, e lentamente ma inesorabilmente, si sta consumando anche quello del semestre europeo. Sarebbe l’ora di passare dalle chiacchiere ai fatti. Non è sufficiente mostrare i muscoli contro le forze dell’ordine italiane, la minoranza del Pd o altre formazioni politiche minoritarie, senza poi andare al di là delle favole fanciullesche nel complesso e contorto panorama europeo. C’è una parola che si potrebbe usare per sintetizzare questo atteggiamento e ti assicuriamo che non è coraggio.

 

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About the Author: Luigi Iacopino