Il caos nel centro-sinistra non si placa e il Governo arranca

Il tema della riforma del lavoro continua a tenere banco ininterrottamente. Insomma, nonostante il voto del Senato che, almeno secondo i più ottimisti, avrebbe dovuto segnare una svolta a favore dell’impianto governativo, ancora le polemiche e lo scontro politico non si placano, soprattutto in casa PD. E la situazione sembra addirittura voler peggiorare, con Bersani che insiste sulla necessità di effettuare modifiche, ribadendo che ancora l’iter è lungo e l’esito tutt’altro che scontato. Gli fanno eco i sindacati – specificatamente la Cgil – che ancora caldeggiano l’ipotesi dello sciopero unitario per il quale già in precedenza avevano indicato una possibile data, il 25 Ottobre, da condividere eventualmente con la Fiom e con le altre sigle che fossero interessate, sottolineando come il voto del Senato non ha chiuso la partita. Concetti ribaditi ampiamente anche da Fassina che non ha escluso la possibilità di unirsi alla manifestazione della Cgil nell’ipotesi in cui le modifiche non dovessero essere apportate.

Insomma in casa Pd – ma potremmo dire: in tutto il centrosinistra – serpeggia una tensione che non ha precedenti, dove lo scontro viene finanche portato al di fuori delle sezioni di partito. Se non fosse per l’appoggio del Nuovo centro destra, probabilmente, questo Governo – stretto tra minoranza Pd, sindacati, e partiti di opposizione, dalla lega al M5s – avrebbe vita breve e potrebbe, comunque, cessare di operare da un momento all’altro.PD Non è, però, ammissibile una tale mancanza di chiarezza nei confronti del popolo italiano. Ogni provvedimento, a prescindere dal giudizio personale sui contenuti, dal più significativo al meno importante, rispetto al momento in cui viene annunziato, subisce modifiche e contro-modifche tali da scansare abilmente ogni tentativo di chiarezza. Il caos regna sovrano e quello che resta di concreto solo gli slogan e le promosse, puntualmente eluse, del Governo Renzi, sebbene sia meglio chiamarlo macchina comunicativa. Ogni giorno ce n’è una. Ieri è taccato all’evasione fiscale, che sarà combattuta, e all’Iva che, secondo quando dichiarato dal Premier, non aumenterà ma sarà soltanto oggetto di una modifica della procedura di pagamento.

Ma quali siano i tanto decantati meriti (auto)attribuiti in base ai risultati (di nuovo, quali?) ottenuti non è dato a sapersi. La speranza del popolo italiano? Le prospettive? Non sembra ammissibile, sia perché “chi di speranza vive disperato muore” sia perché  le prospettive di ripresa sembrano alimentate più che dalle azioni del Governo, dalle dichiarazioni faziose ed opportunistiche degli istituti finanziari e bancari mondiali. E sino ad oggi, da quando è iniziata la crisi, la disoccupazione è aumentata assieme ad un altro fattore: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Insomma fino ad ora chi ci sta guadagnando sono soltanto i grandi industriali, le multinazionali e gli speculatori finanziari a colpi di licenziamenti, azioni e clik. Il presidente della Bce Mario Draghi, intanto, preme sull’acceleratore, cercando di generare pressione psicologica sui Governi, ponendo dinanzi agli esecutivi la possibilità che gli elettori li mandino a casa se non saranno in grado di risolvere il problema disoccupazione.

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About the Author: Luigi Iacopino