Velletri, giudice reintegra l’infermiera No Vax licenziata dall’ASL Roma: “la grande azienda può impiegarlo in sicurezza”

Magari in smart working. Un’interpretazione costituzionalmente orientata impone di adibire l’operatore sanitario a mansioni amministrative senza rischi per la salute pubblica. Il lavoro agile centra l’obiettivo voluto dalla legge

Reintegrata. Gli infermieri che non vogliono vaccinarsi, non sono obbligati a farlo. Parola del giudice del Lavoro Giulio Cruciani, che con un’ordinanza destinata a far discutere ha di fatto reinserito tra i ranghi della Asl Roma un’infermiera che si è rifiutata di sottoporsi al vaccino. È quanto emerge dall’ordinanza pubblicata il 14 Dicembre dalla sezione lavoro del tribunale di Velletri, secondo cui deve essere assegnata a mansioni diverse, la lavoratrice no vax, perché l’azienda medio-grande ha sicuramente facoltà di impiegarlo senza rischi per la salute pubblica.

È un’interpretazione costituzionalmente orientata, infatti, a imporre la sospensione del dipendente soltanto quando non è possibile garantire la permanenza in servizio in sicurezza. Insomma: l’Asl di Velletri deve ricollocare il collaboratore professionale sanitario che non si è vaccinato e continuare a pagarlo fino a quando non individuerà compiti compatibili. Con l’accoglimento totale conferma il decreto inaudita altera parte emesso il 22 novembre. Vittoria per l’infermiera che in effetti in passato era stata collocata presso una struttura che non prevede il contratto con il pubblico. Sarebbe «un’indebita compromissione dei diritti dei singoli», scrive il giudice, confermare la sospensione dal servizio laddove è emerso che in un sito di competenza dell’Asl è possibile organizzare i compiti dei dipendenti facendo lavorare anche chi non è vaccinato senza rischio specifico.

Nell’ordinanza, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il giudice del lavoro spiega come una grande azienda, si legge nel provvedimento, ha di solito scoperture di organico e tante assenze per malattia, aspettative e ferie. E nella sanità, in tempi di pandemia, c’è tanto lavoro. Non basta il parere negativo della commissione interna a escludere il repêchage. Ecco allora che l’operatore di interesse sanitario che non intende farsi somministrare la dose può essere assegnato a compiti meramente amministrativi che non lo espongono a contatti con soggetti fragili né con personale che ha rapporti con questi ultimi. Ed è proprio lo smart working, suggerisce il magistrato, «la modalità migliore per assicurare il fine voluto dal legislatore».

C’è differenza però fra chi non può e chi non vuole vaccinarsi. Il lavoratore che non ottempera all’obbligo può essere adibito a mansioni inferiori, e dunque guadagnare meno sia pure in via residuale, mentre il dipendente che appartiene alla categoria a rischio ha diritto a mantenere la retribuzione. All’Asl non resta che adempiere e pagare le spese di lite. La sentenza del giudice Cruciani è destinata a far discutere molto. Non solo per la sua portata giuridica come nuovo principio di diritto ma perchè è già definita rivoluzionaria.

c.s. –  Sportello dei Diritti –  Giovanni D’Agata

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