Salute: le diluizioni omeopatiche contengono in seno al liquido degli aggregati di H2O

Vittorio Elia è un chimico fisico che ha dedicato gran parte dei suoi 52 anni di vita professionale proprio allo studio dell’acqua, con oltre 50 lavori scientifici sul tema pubblicati su riviste internazionali. Dopo aver insegnato Elettrochimica all’Università Federico II di Napoli, Elia ora si dedica ‘full time’ agli studi sull’acqua.”Studiare l’acqua” significa immergersi in un mondo sconosciuto. Si tratta infatti di un tema particolarmente ampio e complesso: senza dubbio è il liquido più esaminato al mondo, che tuttavia presenta ancora tante, tantissime, incognite. Più gli esperti studiano le proprietà dell’acqua, più si rendono conto di quanto ancora ci sia da scoprire. Ho avuto modo di studiare a lungo la termodinamica delle soluzioni acquose.Studiare le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua riveste a mio parere una grande importanza, e lo si fa con operazioni piuttosto semplici: la misurazione del pH per accertarne il grado di acidità, oppure la misurazione della conducibilità elettrica mediante conduttimetro. Un’altra operazione riguarda la misurazione del calore sviluppato dall’acqua quando viene a contatto con una soluzione alcalina. Perché si afferma che le soluzioni omeopatiche presentano proprietà chimico-fisiche differenti dall’acqua usata in partenza? Le soluzioni omeopatiche sono preparate attraverso una metodologia particolare, si procede con una soluzione che presenta una piccola quantità  di un qualsiasi soluto, e la si diluisce ulteriormente in acqua e l’operazione può essere ripetuta nel complesso anche centinaia di volte. Chiaramente aumentando il numero delle diluizioni non troviamo più traccia del principio attivo inizialmente presente. Al termine delle diluizioni potremmo quindi dire di trovarci di fronte semplicemente ad acqua pura, anche da un punto di vista chimico. Tuttavia, le persone che per denigrare l’omeopatia sono solite dire che “la medicina omeopatica è acqua pura” commettono un errore metodologico. Provo a spiegarne il motivo: una soluzione è costituita da due parti, il solvente, cioè l’acqua, e il soluto, cioè la sostanza che vi è sciolta. Con la diluizione, la quantità di soluto diminuisce gradualmente fino a scomparire, ma questo non significa che il solvente sia rimasto inerte: l’acqua così ottenuta risulta profondamente diversa nelle sue caratteristiche chimico-fisiche rispetto all’inizio del processo, acquisendo nuove proprietà. Ad esempio la conducibilità elettrica è notevolmente aumentata, così come il calore generato dal mescolamento con una soluzione alcalina, mentre il pH è variato in maniera misurabile. Ci troviamo di fronte ad un elemento in grado di fornire anche informazioni di natura terapeutica.  Con un certo ottimismo possiamo affermare che abbiamo ormai raccolto una massa critica di dati sperimentali sufficienti per attestare, in modo corretto e veritiero, che “le diluizioni omeopatiche contengono in seno al liquido degli aggregati di molecole d’acqua”. Non esiste al momento una teoria scientifica atta a spiegare un risultato ancora sperimentale, perché cioè si formino degli aggregati. Non conosciamo ancora i motivi, ma la formazione degli aggregati è un fatto certo, come dimostrato da tecnologie spettroscopiche e microscopiche. I nostri futuri sforzi sono orientati a dimostrare cosa si nasconda all’interno di questi aggregati: ci proponiamo di confermare a livello scientifico che nella forma e nella dimensione di questi aggregati è conservata una memoria del procedimento originario, con la possibilità di aprire la strada ad eventuali possibilità di natura terapeutica.  Sarà opportuno insistere su analisi di natura termodinamica, perfezionando anche gli studi microscopici e spettroscopici per esaminare gli aggregati e la loro natura, senza dimenticare gli aspetti clinici legati a tali formazioni. Restano dunque ancora molti punti interrogativi, il nostro lavoro è destinato a proseguire ancora per molti anni a venire.  “

Miriam Sgro

 

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