Incidente domestico ai danni della casalinga

30\06\2012 – In materia di risarcimento danni in favore della casalinga che subisce un infortunio durante l’espletamento delle attività domestiche, con la Sentenza n. 23573/11 la Corte di Cassazione ha ribadito un principio oramai consolidatosi sul punto, ossia che, pur svolgendo, la casalinga, un’attività lavorativa per la quale non percepisce un reddito monetizzato, la sua è e rimane, comunque, un‘attività lavorativa suscettibile di valutazione economica. Ne consegue, che il danno di riduzione della capacità lavorativa, da costei patito a causa ed a seguito di un incidente domestico, rientra, senza ombra di dubbio, nell’alveo del danno patrimoniale nelle due componenti del cd. “danno emergente” ed, eventualmente, anche del cd. “ lucro cessante” , e, pertanto, risarcibile autonomamente rispetto al danno biologico. Pertanto, come gli altri lavoratori, anche la casalinga è legittimata ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale patito, se dimostra che i danni permanenti subiti rendono “più oneroso lo svolgimento del lavoro domestico”. Secondo gli Ermellini, infatti, l’attività della casalinga non si limita all’espletamento delle faccende domestiche, ma si estende fino al coordinamento della vita del nucleo familiare. Chiaramente, l’an ed il quantum del risarcimento devono essere adeguatamente dimostrati in sede probatoria, poiché, secondo la Suprema Corte, “l’applicazione di tali principi non può avvenire automaticamente e senza analizzare le peculiarità del caso concreto”. Pertanto, sarà onere della casalinga, da un lato, allegare e provare l’attività espletata prima dell’evento dannoso, dall’altro, avvalendosi di Consulenza di Parte medico-legale, dimostrare l’impossibilità, o, comunque, la maggior fatica, nel continuare a svolgerla: parametro da considerare, ai fini della liquidazione del danno, sarà il costo presumibile di un collaboratore domestico. Con altra pronuncia, la Corte di Cassazione ha, poi, di recente, specificato che, qualora la casalinga svolga attività lavorativa, a tempo pieno, fuori dell’ambito domestico, il Giudicante deve considerare, secondo il suo prudente apprezzamento, quanto ciò incida, in termini di riduzione dell’attività di assistenza e cura dei familiari. Ne consegue che, in tale ipotesi, ai fini probatori, occorrerà fornire la prova, non soltanto della compatibilità del contestuale esercizio dell’attività lavorativa retribuita con quella di casalinga, ma anche dell’effettivo espletamento di quest’ultima, che, come sopra rilevato, investe, a 360 gradi, l’intera vita del nucleo familiare.

Avv. Antonella Rigolino

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