Alessandro Nicolò (FI) su soppressione scuole dell’infanzia ubicate in comuni montani

“Le condizioni orografiche della Calabria non possono nuocere alla formazione primaria degli allievi che si ritroverebbero, irragionevolmente, in un’intollerabile condizione di svantaggio socio-educativo rispetto ai loro coetanei di altre realtà.La politica faccia responsabilmente la sua parte, ricercando congrue soluzioni giuridiche e normative che – ispirandosi al principio della flessibilità – superino rigidi schematismi e logiche di contabilità, per assicurare i diritti costituzionalmente garantiti dell’istruzione, formazione e dell’uguaglianza sostanziale”. E’ quanto chiede il presidente del gruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Alessandro Nicolò che sottolinea: “Vene, frazione della cittadina di Gerace, la città delle cento Chiese, in provincia di Reggio Calabria, è l’esempio emblematico di una fattispecie diffusa in gran parte della regione, dove plessi che ospitano scuole dell’infanzia, ubicati in comuni montani, rischiano verosimilmente la chiusura – a causa dei paletti stringenti posti dalla normativa, sia rispetto alla soglia minima di iscrizione degli alunni che alla corrispondente assegnazione di un insegnante”.“Serve dunque, intanto, ripristinare sin dal mese di settembre il regolare funzionamento della scuola dell’infanzia di contrada Vene. Restituire a tale zona disagiata questo presidio scolastico e garantire la continuità dell’offerta formativa, costituiscono passaggi obbligati. Ma occorrerà al contempo, individuare misure permanenti.La salvaguardia dei plessi scolastici in territori che versano in condizioni precarie – perché distanti dal centro cittadino – deve rappresentare il principio ispiratore di un’operazione radicata a contrastare l’emigrazione da questi paesi che, altrimenti, rischia di accelerare il già avanzato processo di spopolamento ed impoverimento delle aree interne. Il dimensionamento scolastico, specie in realtà già di per sé vulnerabili per ragioni di ubicazione e di raccordo con i centri più grandi, avrebbe l’effetto conseguentemente di accrescere i disagi, acuire l’isolamento e innestare un pericoloso processo di emarginazione territoriale con grave nocumento per la coesione sociale”.“Non sono più sostenibili interventi-tampone legati unicamente alla buona volontà e all’impegno del volontariato, come quelli dell’Associazione culturale “Amici di Vene” che –  costretta ad agire “in solitudine”, – ha progettato dapprima di ospitare gli alunni in una tenda  nel cortile della scuola dove si è svolta l’attività formativa fino all’avvento della stagione invernale; successivamente ha ottenuto la possibilità di usufruire dei locali scolastici”.“Alla luce della situazione contingente, è oggetto di accurata disamina un progetto che consenta la prosecuzione dell’attività didattica anche con metodi innovativi”.“E’ necessario, infine, prevedere per i comuni montani interventi ad hoc che garantiscano flessibilità rispetto alla problematica afferente, nel dettaglio, la formazione delle singole classi nonché la corrispettiva assegnazione di un’insegnante, in un contesto caratterizzato dalla carenza del dato numerico di bambini. Dunque programmi innovativi volti a superare la sofferenza di organico (docente e personale ATA nelle piccole scuole) nell’ottica di sostenere, potenziale e valorizzare questi presidi educativi”.

 

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