Turchia, elezioni: vittoria di Erdoğan. Ne parliamo con Valeria Giannotta

25 giugno 2018 – Recep Tayyip Erdoğan, il presidente turco uscente, ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali che si sono svolte ieri, 24 giugno 2018. Il suo partito, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), ha ottenuto anche la maggioranza al Parlamento. Erdoğan, 64 anni, ha preso il 52,5 per cento dei voti; il suo principale avversario, Muharrem Ince del Partito Popolare Repubblicano (CHP), si è fermato al 30,7 per cento (risultati ancora da ufficializzare). Inizia una nuova era per la Turchia, il nuovo governo partirà con i cambiamenti introdotti dalla riforma costituzionale voluta dal referendum del 2017. Chiediamo a Valeria Giannotta, docente ed esperta di dinamiche turche, di spiegarci lo scenario turco attuale.

Qual è stato il “clima” nel quale il Paese ha affrontato queste elezioni? E con quale “stato d’animo”?

È stata un’emozione molto sentita come dimostra l’alta affluenza alle urne che ha sfiorato di poco il 90%. In una società molto polarizzata è stata percepita come una battaglia all’ultimo voto tra chi difendeva il vigente sistema parlamentare e il ripristino dello stato di diritto e chi sosteneva il progetto presidenziale di Erdoğan e i risultati concreti ottenuti negli ultimi sedici anni di potere monocolore AKP. La campagna elettorale si è svolta in un clima abbastanza disteso, fatto di caroselli politici in cui l’Akp ha dominato la sfera pubblica. Non sono mancati incidenti soprattutto nel sud est anatolico. Una settimana prima dell’evento elezioni a Suruç, un distretto di Diyarbakır, è rimasto ucciso un esponente dell’Akp e alcuni dei suoi, mentre ieri a Erzurum ha perso la vita il rappresentante locale del partito all’opposizione İYİ. In sede elettorale sono stati denunciati tentativi di brogli e manipolazione mediatica, accuse che dopo l’ufficializzazione dei risultati da parte dell’Alto Consiglio Elettorale sono state ridimensionate.

Il nuovo governo partirà con i cambiamenti introdotti dalla riforma costituzionale voluta dal referendum del 2017, ci spieghi in cosa consiste questo cambiamento e quali saranno i suoi effetti sul Paese?

Il presidenzialismo è considerato come cura contro ogni male che affligge il Paese, utile anche a rinsaldare l’orgoglio nazionale. Nel progetto di Erdoğan il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato. Il potere esecutivo appartiene al presidente che in questa veste rappresenterà la Repubblica di Turchia e l’unità della nazione turca; lui deve assicurare l’attuazione della Costituzione e il funzionamento degli organi dello Stato. Decide sulle materie di politica interna ed estera, promulga le leggi. Il Parlamento (Grande Assemblea Nazionale) non è abolito, il numero dei componenti sarà portato da 550 a 600 e saranno eleggibili e quindi candidabili tutte le persone di età superiore ai 18 anni (non più 25). Le elezioni della Grande Assemblea Nazionale del presidente saranno tenute lo stesso giorno. Il Presidente sarà eletto dal popolo per un massimo di 2 termini. Avrà il potere di dare linee di politica interna ed estera, promulga le leggi e le rimanda alla Grande Assemblea per considerazioni. Nomina e rimuove vicepresidenti e Ministri. Nomina ufficiali di alto livello (incluso il capo di Stato Maggiore) e in questa logica le corti militari verranno abolite. Il Presidente determina le politiche di sicurezza nazionale e prende le misure necessarie. Rappresenta l’ufficio di comandante in capo della Forza armata turca per conto della Grande Assemblea nazionale della Turchia. Tra le sue funzioni è contemplato il ricorso di annullamento delle disposizioni promulgate per legge presso la Corte costituzionale per l’insieme o alcune disposizioni delle leggi promulgate, il regolamento interno della Grande Assemblea nazionale della Turchia, sulla base del fatto che sono incostituzionali nella forma o nel contenuto. Nomina e licenzia i funzionari statali di alto livello e regola le procedure e i principi relativi alla nomina di questi, con decreti presidenziali. In caso di conflitto tra i decreti presidenziali e le leggi dovute a differenze di disposizioni sulla stessa materia, prevarranno le disposizioni di legge. Il Presidente può emanare norme statutarie al fine di garantire l’attuazione delle leggi, purché non siano contrarie a tali leggi e regolamenti. Il presidente della Repubblica nomina tre membri dall’Alta Corte di Appello, due membri del Consiglio di Stato; tre membri tra i tre candidati nominati per ciascuna posizione vacante dal Consiglio di istruzione superiore tra i membri del personale docente; quattro membri della Corte costituzionale. İnsomma un potere quasi assoluto in un sistema che già denota Delle distorsioni a livello di peso e contrappesi.

Qual è stato l’ago della bilancia della vittoria di Erdoğan?

Erdoğan è un forte uomo politico che ben interpreta la psicologia sociale del turco medio anatolico. La sua retorica è stata intrisa di riferimenti all’Islam e al conservatorismo turco in combinazione a concetti propri del nazionalismo turco, elementi molto cari e sentiti dalla popolazione specialmente da dopo il tentato golpe del 15 luglio 2016. A questo si aggiungono i risultati concreti raggiunti dall’Akp a livelli infrastrutturale e di servizi, che vengono oggi reinterpretati per esaltare la grandezza del Paese, da cui i punti programmatici per la costruzione di grandi opere, inclusa la terza centrale nucleare e grandiosi progetti tecnologici. Facendo leva sulla psicologia collettiva che vedrebbe la Turchia circondata da nemici il presidente ha invocato l’unione del Paese e la necessità di un leader forte per garantire stabilità e integrità. İnsomma per la maggior parte dei suoi elettorali è stata fondamentale la considerazione che viaggiare in acque conosciute è molto più vantaggioso che scoprire nuove rotte.

I risultati di queste elezioni quali conseguenze avranno nello scenario internazionale?

A livello internazionale la Turchia continuerà con la dottrina preventiva difensiva in chiave anti- terrorista, facendo delle campagna oltre confine il fiore all’occhiello del nuovo ruolo regionale. Rimangono le grandi incognite dei rapporti con l’Occidente. Con gli Stati Uniti si è recentemente registrato un miglioramento delle relazioni basate su un certo understanding riguardo Manbij in Siria e l’accordo americano conferito alle milizie curde, da sempre nemiche di Ankara. Nei rapporti bilaterali rimangono però alcune ruggini che sembrano non facilmente sanabili. Si farà sempre più forte la partnership con Mosca cementata da fattori economici oltre che strategici mentre rimangono tutte le difficoltà con l’Europa e il processo di adesione ormai difficilmente rilanciabile. Esemplificativo comunque che tra i primi leader a congratularsi con Erdoğan ci sia il presidente palestinese che ha accolto la vittoria come una vittoria di tutti i musulmani, e dei principali partner euroasiatici. Tra gli europei sembra permanere la soddisfazione per la garanzia di continuità dell’accordo sui migranti e per il dato di scambio commerciale.

K.G.

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