Conte: “La libertà non si arresta per decreto”

di Peppe GiannettoNon un “pericoloso sovranista”. È Il costituzionalista Sabino Cassese, a puntare l’indice contro la proroga dello stato d’emergenza per coronavirus. “Sono tante le ragioni per non prolungare al 31 Dicembre lo stato di emergenza, dichiarato il 31 Gennaio e in vigore fino al 31 di Luglio – premette Cassese -. In primo luogo, manca il presupposto della proroga. Perché venga dichiarato o prorogato uno stato di emergenza, non basta che vi sia il timore o la previsione di un evento calamitoso. Occorre che vi sia una condizione attuale di emergenza”, evidenzia. “Perché prorogare lo stato di eccezione, se è possibile domani, qualora se ne verificasse la necessità, riunire il Consiglio dei ministri e provvedere?”, si chiede. E rimarca: “L’urgenza non vuol dire emergenza”. Oltre a ciò, secondo Cassese, l’allungamento dello stato d’emergenza è da abolire per “evitare l’accentramento di tutte le decisioni a Palazzo Chigi. E questo non solo perché finora si sono già concentrati troppi poteri nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, e perché in ogni sistema politico una confluenza eccessiva di funzioni in un organo è pericolosa, ma anche perché l’accentramento crea colli di bottiglia e rallenta i processi di decisione”. Espressione chiarissima, insomma, con cui il costituzionalista, di fatto, smaschera il premier: l’unico obiettivo di Conte è salvaguardare la sua sopravvivenza a Palazzo Chigi. Inequivocabili le parole della Meloni: “Come scrive il prof. Cassese, i poteri speciali servono per fronteggiare una emergenza in corso, non per prevenirne una ipotetica. Il Governo ha tutti gli strumenti per prevenire i pericoli futuri e può chiedere, se serve, misure straordinarie al Parlamento”. Nessun’altra nazione ha praticato lo “stato d’emergenza” come l’Italia. Addirittura, tutti l’hanno voluto contenere, dichiarando “niente allarmismi”. Nessuno ha dubbi, tutti sono contro quella emergenza forzosa che ha voluto il premier Conte.

È stato pubblicato ultimamente uno studio per comparare le risposta giuridico-politica dei primi stati occidentali al Covid-19 (“Il Covid-19, l’ultimo stress test per gli ordinamenti democratici: uno sguardo comparato”): «In estrema sintesi, le democrazie mature di tradizione liberale alla prova dell’emergenza hanno optato per la fuga dalle rispettive “discipline dell’emergenza”». In conclusione: «anche chi aveva delle regole molto evidenti, nella propria Costituzione, sullo stato d’emergenza, lo ha evitato nel ricorrervi». Potrà essere legittimo o errato, discutiamone. Ma è giusto e siamo tenuti ad analizzare con attenzione cosa hanno fatto i presidenti europei come Emmanuel Macron, o come il cancelliere Angela Merkel. Non perché abbiano ragione, ma perlomeno per sapere se l’opzione di Giuseppe Conte (che vuole allungare lo “stato d’emergenza” fino al 31 Dicembre, o forse al 31 Ottobre, anche se stavolta percorrendo la strada del Parlamento) non era senza altre possibilità. Il premier aveva ordinato il primo stato d’emergenza con una semplice deliberazione del consiglio dei ministri a gennaio. Una norma a livello secondario, che quindi non ha reso indispensabile alcun transito nelle aule parlamentari. Ugualmente per i susseguenti dpcm, i decreti spesso disapprovati perché non permettono al Parlamento alcun riscontro e neanche al Quirinale (dove giungono solo in sede di conversione). Era l’unica possibilità? In Europa le situazioni emergenziali sono terminate ovunque (recentemente in Belgio, il 30 giugno) eccetto che in Francia (dove termineranno il 24 Luglio). Nessuna nazione al momento discute di proroghe. Ma soprattutto, le principali nazioni non hanno mai ordinato, uno “stato d’emergenza”.

La Costituzione francese del 1958, all’art. 16, detta la parola emergenza in termini “flessibili”: l’organo chiamato a decretare nella circostanza dell’emergenza è il presidente Macron che usufruirebbe di un grande potere discrezionale nella direzione e conduzione della crisi ma non lo ha attivato. Macron non ha neppure utilizzato la loi 55 – 385 del 3 Aprile 1955, che l’avrebbe autorizzato a dichiarare «l’état d’urgence». Parigi si è limitata alla legge, la 290 del 23 marzo 2020, che insinua solo una congiuntura leggera e demarcata, «l’état d’urgence sanitaire». La Spagna ha, nella sua Costituzione (articolo 116), tre gradi di allerta, in ordine crescente: lo stato di allarme (alarma), lo stato di eccezione (excepción) e lo stato di assedio (sitio). Il premier, Pedro Sanchez il 14 Marzo si è limitato a seguire una legge del 1981, decidendo solo per «lo stato di allarme», il grado più leggero, e peraltro l’ha presentato a varie votazioni al Congresso dei deputati. Ugualmente la Germania di Angela Merkel, che viene valutata in Europa ad esempio di successo nella gestione della pandemia al Coronavirus, ha privilegiato perfezionando e integrando la regolamentazione ordinaria, la legge federale sulla salvaguardia dalle infezioni del 2000 (l’Infektionsschutzgesetz 2000). Berlino ha solo introdotto più poteri per il Ministro della Salute federale, ma ha lasciato ai Länder di continuare a svolgere il ruolo chiave nella scelta delle essenziali e fondamentali misure per la limitazione dell’epidemia. Gli Stati Uniti di Donald Trump, proprio il leader criticato spesso per il troppo autoritarismo è stato ben contento di delegare le restrizioni, ai governatori dei singoli Stati. Quindi è importante soffermarsi sull’assicurazione da parte del nostro Governo che il provvedimento amministrativo farebbe comunque “un passaggio” in Parlamento. Ma è giusto anche osservare che il verbo ‘passare’ è “inopportuno e privo di significato” perché a prescindere dall’evoluzione della pandemia, la fase di presunta emergenza in senso giuridico è risolutivamente conclusa per lasciare il posto ad una normale situazione di “allerta grave”, con “interventi anche urgenti, magari attraverso decreti legge, ma da ricondurre alla ordinaria gestione legislativa del Parlamento. È infatti “venuto meno, definitivamente, quel requisito che ha autorizzato, sino ad oggi, l’interruzione dei diritti costituzionali fondamentali” finora decretati dal Premier Conte.

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