L’artigianato, le PMI della moda e la pandemia

L’impatto sulle aziende: criticità, problemi e prospettive

Presentata oggi l’indagine CNA Federmoda dedicata da analizzare e monitorare la situazione del settore moda in “epoca Covid-19” al fine di avere un aggiornato quadro dell’impatto della pandemia sulle aziende. “Da inizio pandemia come CNA Federmoda stiamo periodicamente aggiornando la fotografia del settore, attraverso sia il Centro Studi CNA che contributi esterni come quello di Local Global – dichiara Antonio Franceschini, Responsabile Nazionale CNA Federmoda – nell’ottica di avere un quadro aggiornato delle criticità, dei problemi, delle prospettive e per definire al meglio azioni di rilancio”. In piena emergenza si è evidenziato il pesante impatto del ciclone coronavirus sulle imprese del settore moda con previsioni per il 2020 di un calo del fatturato nel 85,9 % dei casi, con oltre il 50% delle imprese che dichiara una diminuzione compresa tra il 33% ed il 66%. Ulteriori segnali forti sono il significativo ricorso agli ammortizzatori sociali ed ai contributi (nel complesso già il 78,9% delle imprese ha richiesto contributi) ed una grande difficoltà registrata sul fronte della liquidità.

L’ultima indagine condotta da CNA Federmoda con Local Global, che ha coinvolto, come la precedente, l’intero settore moda, tessile, abbigliamento, pelle, cuoio e calzature, e che ha riguardato imprese sia presenti sul mercato finale che operanti in conto terzi o nella produzione di componenti, si è conclusa nella scorsa settimana e conferma la dimensione dell’impatto del Covid e del lockdown sulle piccole imprese della moda, con conseguenze negative e molto pronunciate su produzione, fatturato, liquidità, investimenti e indebitamento.

Dall’indagine emerge come un quinto delle imprese durante il lockdown abbia bloccato la produzione per 6 settimane con picchi per oltre un decimo delle imprese che non hanno aperto per 9-10 settimane.

Oggi oltre il 70% delle imprese intervistate ha riavviato l’attività, il 15% prevede di farlo comunque entro il 2020 e si registra un 3,3% che prevede di chiudere l’attività ed un altro 10% estremamente preoccupato.

Concerie e pelletterie risultano tra quelle più rapide nella ripartenza, con l’85,7% delle imprese che ha riavviato l’attività produttiva.

Ordini e commesse, insieme ai problemi finanziari sono le difficoltà più ricorrenti, oggi la ripresa dell’attività non impedisce crolli di fatturato estremamente significativi: circa i 2/3 delle aziende perde almeno 1/3 del fatturato ‘normale’ sul 2020.

I riflessi occupazionali (posizioni lavorative) non tardano a farsi sentire, anche se con diminuzioni proporzionalmente inferiori rispetto a quelle del fatturato, grazie agli ammortizzatori sociali ed una minore volatilità intrinseca di questo indicatore. È da evidenziare come Covid e lockdown abbiano cambiato tutto sul fronte degli investimenti: solo il 7,2% delle imprese conferma, nel 2020, gli investimenti programmati. Nonostante gli sforzi delle imprese a fronteggiare la situazione, per 3/4 delle aziende aumenta l’indebitamento, con la conseguenza di ricorrere il più possibile a contributi e finanziamenti, utilizzando la Cassa Integrazione, i finanziamenti bancari e rinegoziando i pagamenti. Sono davvero poche le imprese che possono ignorare i contributi attivati dallo Stato, solo il 10,5%, e meno delle metà delle imprese non ha richiesto finanziamenti alle banche dall’inizio del lockdown. L’interesse per i contributi è forte e punta a mitigare il calo del fatturato, coprire costi e fronteggiare i problemi di liquidità A fronte di questo si registra un sentimento delle imprese non catastrofico ma orientato ad una ragionevole preoccupazione. Molte imprese collocano nel 2021 il ritorno alle normalità, ma potrebbero manifestarsi criticità se il sostegno pubblico non fosse nel medio-lungo periodo all’altezza dei bisogni delle imprese. Per oltre la metà delle imprese ulteriori finanziamenti sarebbero importanti per evitare la chiusura o il ridimensionamento dell’attività, ma rimane l’interrogativo sulla possibilità effettiva di ottenerli. Ottenere i finanziamenti è un percorso lungo, costoso e difficoltoso: solo 1/4 delle imprese non ha riscontrato difficoltà.

“L’impatto sul settore è rilevante. Giungevamo da un 2019 che ci aveva dato soddisfazioni e i primi mesi del 2020 ci hanno visti come CNA Federmoda impegnati nel lancio di nuove iniziative – dichiara Marco Landi, Presidente Nazionale CNA Federmoda – ora siamo in attesa di comprendere l’evoluzione della pandemia”. “Molti mercati di riferimento sono chiusi, pensiamo ad esempio agli USA, ma in generale la propensione dei consumatori all’acquisto di prodotti moda è molto flebile, le preoccupazioni sanitarie ed economiche stanno incidendo fortemente su quanto è presente nel retail e a questo si aggiunge la difficoltà ad interpretare il mercato e a capire come promuovere le prossime collezioni soprattutto per le imprese di minori dimensioni ed a brand meno conosciuto. – continua Landi – Tutti siamo stimolati dall’incentivare la nostra presenza sull’online, e come CNA Federmoda ci stiamo apprestando al lancio di WeLoveModainItaly Digital ma le sensazioni e gli stimoli che possono essere dati da un contatto diretto con le collezioni e con gli operatori rimangono unici e per certi versi insostituibili”.

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