TREMA IL GOVERNO?

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di Carlo Viscardi – Che l’avvento di Renzi alla guida del PD avesse potuto far sperare in un periodo di calma e stabilità all’interno del partito e quindi di riflesso, all’interno del governo del paese, è presto smentita.
Tredici senatori del Partito Democratico hanno deciso di auto-sospendersi dal gruppo a Palazzo Madama, in segno di protesta contro la sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti, non più tra i membri della commissione Affari costituzionali.
Tra loro Felice Casson, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D’Adda, Nerina Dirindin, Maria Grazia Gatti, Sergio Lo Giudice, Claudio Micheloni, Corradino Mineo, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Renato Turano.
Pesanti le accuse lanciate in aula da Corsini che denuncia “ Quanto avvenuto nel gruppo del Pd in occasione del dibattito sulle Riforme è stata un’epurazione delle idee non ortodosse ed è una palese violazione della nostra Carta fondamentale. Chiediamo dunque alla presidenza del gruppo Parlamentare un chiarimento”; e continua avvertendo : “Questo non potrà non avere conseguenze sui lavori parlamentari”, che analizzando bene la cosa non sembra un avvertimento ma più una “minaccia”…
Si sa che Mineo, di area civatiana, è molto critico nei confronti del progetto di riforma costituzionale di Matteo Renzi e dopo la sostituzione, aveva parlato di un “autogol, un errore politico” del partito, che ha “militarizzato la commissione e imposto il testo della Boschi”.
La Boschi replica alle accuse di Corsini : “Il processo delle riforme va avanti, non si può fermare per dieci senatori”; e precisa che il caso in questione : “è una decisione del gruppo. E da lì che, martedì in assemblea, arriveranno le spiegazioni”.DE LUCA - MATTEO RENZI ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI PAOLO FRANCHI - GIORGIO NAPOLITANO -
E intanto il premier Renzi, nonché segretario del PD, di ritorno dal suo viaggio in Cina rilancia : “Noi non molliamo di mezzo centimetro, siamo convinti a cambiare il Paese. Le riforme non si annunciano, si fanno, e non lasciamo a nessuno il diritto di veto: contano più i voti degli italiani che il diritto di veto di qualche politico”.
Le reazioni di Forza Italia non si fanno aspettare ed è Paolo Romani, Presidente del Gruppo Forza Italia al Senato, che replica all’accaduto facendo notare che la scelta di sostituire Mineo è degna “di un partito autoritario”. Il senatore Matteoli ha parlato di una decisione degna del “più cupo passato, quando nel Pci non erano consentiti dissensi”.
Di certo la situazione non è delle più semplici, e sembra che una parte, anche seppur piccola, del PD sia in aperto contrasto con la linea “renziana” e che non perda un minuto nel mettere i cosidetti “bastoni fra le ruote” al governo.
Che sia un bene o no lo si vedrà, ma intanto il paese ha bisogno di fatti, “fatti” che sembrano “latitare” nel momento della “stesura dei conti”.

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